Pensare alla scuola e al lavoro come due universi distinti, ognuno con le sue regole e le sue dinamiche, può compromettere la crescita individuale e sociale di ogni alunno. Sapere e saper fare sono due facce della stessa medaglia, due aspetti da curare e aiutare a crescere. L’attuale Riforma scolastica, che ha diviso il secondo ciclo della scuola secondaria in due sistemi paralleli, quello dei licei e quello dell’istruzione e della formazione professionale, offre la possibilità di alternare scuola ed esperienze formative in veri e propri ambienti di lavoro. L’alternanza scuola lavoro è un’attività obbligatoria che deve essere svolta dagli studenti iscritti alla terza, quarta e quinta superiore. I progetti di alternanza possono essere svolti sia durante l’anno scolastico, nell’orario di lezioni o nel pomeriggio, sia nei periodi di vacanza presso imprese, aziende, associazioni sportive e di volontariato, enti culturali, ordini professionali e istituzioni. Durante l’alternanza ogni ragazzo si tiene in contatto sia col tutor scolastico sia con quello della struttura ospitante e deve documentare le proprie attività sull’apposito libretto fornito dalla scuola.Una volta terminato il progetto, la scuola e la struttura ospitante valuteranno lo studente e gli forniranno un Certificato delle competenze che riconosce quali livelli di apprendimento ha raggiunto rispetto a quelli indicati nel Piano formativo. Anche lo studente dovrà valutare la propria esperienza. Il progetto nato con la riforma voleva creare un ponte tra istituti e aziende. Ma si è trasformato in un elenco di stage inutili, che nulla hanno a che fare con i percorsi formativi e fatti solo per mancanza di alternative serie. Ma è davvero possibile alternare scuola e lavoro? Ecco cosa ne pensa una diciassettenne: «Non lo chiamerei neppure progetto, perché un vero progetto non c’è. Siamo stati semplicemente avvisati che dal 22 al 24 marzo andremo alla Saras, comportandoci come dei piccoli operai. In queste settimane la nostra insegnante di scienze ha tenuto una lezione sugli idrocarburi, i cicli produttivi e la messa in sicurezza dell’azienda» spiega A. a “l’Espresso”. «Io non so cosa farò da grande – continua la studentessa – ma quale appeal può avere per me un polo petrolchimico?» Anche la redazione di Bassa Irpinia è attiva in questo progetto, dove tre ragazze periodicamente svolgono qui la loro attività discutendo di ciò che accade intorno a loro, aiutati dal Caporedattore e da due Tutor. (Maria Colucci)