Uno studio della scuola di specializzazione in sanità pubblica dell’università di Harvard ha stabilito che le donne che vanno a messa più di una volta a settimana vivono in media cinque mesi in più di quelle che non partecipano a funzioni religiose e hanno il 33% in meno di probabilità di morire su un periodo di 16 anni. Ma gli accademici avvertono: i risultati dello studio non significano che i medici devono prescrivere ai loro pazienti di andare in chiesa, casomai possono proporlo a chi già crede.
Lo ricerca ha seguito oltre 74mila donne che hanno partecipato a un maxi studio sulla salute delle infermiere, in grande maggioranza cattoliche o protestanti, mentre nel campione le donne di altre fedi rappresentavano una minoranza che non ha permesso di trarre conclusioni statisticamente significative. In un articolo per la rivista scientifica Usa JAMA Internal Medicine, i ricercatori scrivono: “rispetto alle donne che non partecipano a funzioni religiose, le donne che vanno a messa più di una volta a settimana hanno un rischio di mortalità del 33% inferiore”.
“Nell’esaminare i possibili percorsi dalle funzioni religiose alla mortalità per tutte le cause, abbiamo riscontrato che sintomi depressivi, fumo, sostegno sociale e ottimismo sono tutti mediatori potenzialmente importanti” scrivono i medici. Tuttavia “nessun mediatore singolo spiega più del 25% dell’effetto complessivo, ci possono essere molti percorsi dalla partecipazione alle funzioni religiose alla salute”.
“I nostri risultati non comportano che gli operatori sanitari debbano prescrivere di assistere ai servizi religiosi – proseguono gli autori -, ma per coloro che hanno già una fede, la partecipazione alle funzioni può essere incoraggiata in quanto rappresenta una forma di partecipazione sociale significativa”.
L’età di base delle persone studiate era 60 anni e ci sono state oltre 16.500 morti nei 16 anni coperti dallo studio.
Il dottor Dan German Blazer, che ha commentato lo studio sulla rivista, scrive che la ricerca “non affronta questioni filosofiche o teologiche” e non conferma le asserzioni sui “benefici positivi di specifiche esperienze religiose”. “I motivi per la presenza alle funzioni religiose variano in misura apprezzabile da persona a persona: devozione, abitudini consolidate, pressioni sociali e a volte semplicemente la solitudine spingono le persone a cercare un gruppo di sostegno con cui essere in contatto”.
Lo studio non può essere generalizzato “a uomini o giovani adulti” o “ad altri gruppi religiosi come ebrei, buddhisti, musulmani e hindu” perchè il campione è composte soprattutto da donne anziane di religione cristiana, scrive ancora il medico.