La caduta di Mussolini e l’armistizio lasciano l’Italia stremata e divisa, mentre gli Alleati e i tedeschi si contendono palmo a palmo la penisola con scontri violenti, bombardamenti, stragi, rappresaglie, stupri, rastrellamenti, saccheggi, sfollamenti. Fame, disperazione, macerie e morte la fanno da padrone. Anche l’assetto istituzionale è segnato da una profonda frattura, tra il Regno del Sud e la Repubblica Sociale Italiana. Gli Alleati sbarcano a Salerno e la linea del fronte avanza lentamente da sud a nord e in questo periodo alla feroce occupazione tedesca del centro-nord si contrappone la convivenza forzata con i liberatori anglo-americani nel Mezzogiorno, ma si registrano anche i primi episodi di Resistenza, ad esempio a Napoli, Nola (26 settembre 1943), Acerra, Scafati e in vari centri della Campania e del Sud.
Il peculiare percorso di uscita dalla guerra dell’Italia meridionale è il tema del libro Paisà, sciuscià e segnorine. Il Sud e Roma dallo sbarco in Sicilia al 25 aprile (Il Mulino), di Mario Avagliano e Marco Palmieri, che raccontano questo periodo attraverso una pluralità di fonti coeve: lettere, diari, corrispondenza censurata, relazioni delle autorità italiane e alleate, giornali, canzoni, film. Il libro sarà presentato sabato 14 maggio alle ore 18.30 presso il Cortile Palazzo Allocca di Saviano, dal Comune e dal Circolo Anpi Zona Nolana “Gennaro Capuozzo”, con la partecipazione dell’autore Mario Avagliano, del sindaco Vincenzo Simonelli, dell’assessore alla cultura Paola Ammirati, del vicepresidente dell’Anpi Gragnano-Castellammare Assunta Cacciapuoti, del presidente dell’Anpi Pomigliano D’Arco Mariangela Punzo, moderati da Giovanni Notaro, presidente dell’Anpi Zona Nolana. Saranno proiettati filmati e letti brani tratti dal volume.
La ritirata e il breve periodo dell’occupazione tedesca del Sud lasciano sul terreno migliaia di morti e fino ad ora sono stati censiti 942 episodi di violenza e 2.623 vittime, per l’86% civili, di cui oltre la metà (1.406 morti in 499 episodi di violenza) in Campania. Tra gli eccidi nel libro si parla anche di quello di Nola, l’11 settembre 1943, come rappresaglia per il tentativo di resistenza compiuto il 10 e 11 settembre dalla guarnigione italiana presso il deposito del 48° reggimento Artiglieria, situato nella caserma Principe Amedeo, con l’aiuto dei contadini del posto. Ma anche l’arrivo degli Alleati non è sempre pacifico, specie dove si abbatte la furia delle truppe che si abbandonano a stupri e violenze, passate alla storia come marocchinate, per il coinvolgimento dei reparti coloniali francesi.
I capitoli del libro di Avagliano e Palmieri dedicati a queste vicende sono ricchi di storie inedite o poco conosciute. La parte centrale del libro è dedicata a Napoli e alla sua popolazione, protagonista dell’insurrezione delle “Quattro giornate”, celebrata anche da Radio Londra, che nel bene e nel male diventa una sorta di capitale dell’Italia liberata, dilaniata dalle bombe, sofferente per la fame («Ieri ho dovuto vendere due materassi, non ce la facevo a vedere i bambini morire di fame», scrive un signore da Napoli nell’agosto 1944), la prostituzione e la povertà, la borsa nera e gli sciuscià, ma anche estremamente vitale, dove nascono giornali, si sviluppa Radio Napoli da cui usciranno alcuni degli intellettuali, giornalisti e scrittori più importanti del dopoguerra (tra i quali Antonio Ghirelli, Francesco Rosi, Maurizio Barendson, Giuseppe Patroni Griffi, Achille Millo, Raffaele La Capria, Luigi Compagnone, Rosellina Balbi, Vincenzo Dattilo, Ettore Giannini, Michele Prisco, Domenico Rea ed Enrico Cernia), vengono scritte alcune delle più belle canzoni della storia, da Tammurriata nera, del 1944, il cui testo è scritto da Edoardo Nicolardi, dirigente ospedaliero al Loreto Mare di Napoli, ispirato dalla nascita di un bambino meticcio al quale assiste, a Simmo ‘e Napule paisà, sempre del 1944, da Dove sta Zazà?, versi di Raffaele Cutolo, musica di Giuseppe Cioffi, che viene lanciata nella Piedigrotta del 1944 da Aldo Tarantino, al Teatro delle Palme a Napoli, e diventa il contraltare di Lilì Marlen, cantata dagli italiani come dagli Alleati, e sarà poi tradotta in più di dieci lingue, affermandosi come l’inno del dopoguerra, a Munasterio ‘e Santa Chiara del 1945, scritta da Michele Galdieri con musica di Alberto Barberis. Straordinario anche il capitolo su Totò, i fratelli De Filippo e Anna Magnani, che rischiano di essere arrestati per il loro antifascismo e che, subito dopo la liberazione, animano le scene anche con rappresentazioni contro Hitler e Mussolini.
A partire dall’autunno-inverno del 1943 a Napoli e nel Mezzogiorno la popolazione gode dei primi sprazzi di libertà e di democrazia, ma al tempo stesso deve fare i conti con le ferite lasciate dal regime e dalla guerra ed è flagellata dalla fame, dalla mancanza di alloggi e di trasporti, dal caro-vita (aggravato dalla robusta emissione di am-lire da parte degli Alleati), dal mercato nero e dalla disoccupazione, soffrendo altresì per la lontananza dei reduci. Una disperazione diffusa che alimenta tensioni sociali, recrudescenze criminali e fenomeni di delinquenza minorile e di prostituzione. Inoltre, esaurita l’euforia della libertà riconquistata ed emersa la consapevolezza del carattere messianico e illusorio dell’aspettativa che l’arrivo degli anglo-americani, simbolizzato dal pane bianco, dalle caramelle e dalle chewing-gum, porti miracolosamente alla fine della miseria, col passare del tempo la presenza delle truppe alleate nella penisola diventa sempre meno gradita e più ingombrante per il degrado morale, sociale e anche economico di cui sono portatrici con i loro dollari e sterline e le violenze (anche di carattere sessuale) connesse al ruolo di conquistatori-occupanti.