Napoli – “Il presidente Matteo Renzi faccia un atto di coraggio e mandi la moglie, la professoressa Agnese Landini a insegnare al sud, magari in Sicilia” una provocazione quella di Antonio Coppola, napoletano, dirigente nazionale di Democrazia Cristiana che si schiera accanto agli insegnanti e ai professori ‘esodati’ che per ottenere un lavoro saranno costretti ad accettare incarichi a centinaia di chilometri dalle proprie famiglie. Il 13 agosto prossimo usciranno le assegnazioni delle cattedre, mentre in tutta l’Italia del sud esplode la protesta. “Tutta colpa della ‘Buona scuola’ di Matteo Renzi – dice Coppola – le Regioni del Sud perderanno altre risorse, insegnanti e docenti saranno trasferiti al Nord per occupare le cattedre rimaste vuote. Un disagio per migliaia di famiglie che si smembreranno. I professori saranno costretti ad accettare l’incarico, per ottenere finalmente un posto di lavoro e non rinunciare al sostegno di uno stipendio” dice Coppola.
“Io e il mio partito siamo accanto ai ‘braccialetti rossi’, solidali con la protesta, contro questo Governo che continua a penalizzare il Sud – dice Coppola -. Se questa è la ‘Buona scuola’, il presidente Renzi deve essere il primo a dare l’esempio: chieda alla moglie, Agnese Landini di farsi trasferire al Sud, visto che la signora Renzi è stata assunta, dal Miur grazie alla legge 107 del 2015, con un contratto a tempo indeterminato per insegnare nei licei della provincia di Firenze, quindi praticamente a casa sua. Il presidente del Consiglio sarà, in questo modo, vicino ai tanti mariti che vedono partire le proprie compagne, lasciando figli e famiglia”.
Il politico napoletano chiede inoltre che il Ministro Stefania Giannini fermi l’esodo e blocchi i trasferimenti disposti dal Miur in virtù di un ‘algoritmo’ sbagliato e di una legge anti costituzionale.
“Ci sono molti casi ‘anomali’ che in queste ore vengono denunciati dai docenti, insegnanti che con zero punteggio vengono destinati in zone prossime alle loro residenze ed altri che avrebbero diritto a restare che sono costretti a partire – conclude Coppola – il Ministero deve rispondere anche di questo. Non si può mascherare un’ingiustizia con il ricatto di un posto di lavoro”.