Le festività Natalizie si sono,ormai,concluse, abbiamo dato il benvenuto al nuovo anno ma,per i più fortunati,le “ferie” si concluderanno il 6 Gennaio,giorno dell’ Epifania “che tutte le feste porta via”. Giorno particolarmente atteso dai più piccini,non perché aspettino trepidanti di tornare a scuola,bensì perché curiosi di sapere se meritevoli di caramelle e cioccolatini(se sono stati buoni durante il 2017) o se li attenderà una scorpacciata di carbone ( “dolce punizione” per le marachelle commesse). Ma c’è una domanda che accomuna grandi e piccini: chi è la Befana? Com’è nato questo mito? La parola “befana” deriva dal greco “epifáneia” (di cui è corruzione lessicale ) e significa “manifestazione della divinità visibile”. Molto probabilmente il mito è di origine pagana, legato ai cicli stagionali dell’agricoltura, ovvero relativi al raccolto dell’anno appena terminato. Fu ereditato dagli antichi Romani,i quali lo associarono al calendario romano facendo coincidere tale tradizione con la festività che collegava l’interregno temporale tra la fine dell’anno solare ( solstizio invernale) e la ricorrenza del Sol invictus. Secondo le antiche tradizioni,durante la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, veniva celebrata la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti (da qui deriva il mito della figura “volante”). Secondo alcuni, tale figura femminile, fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare non solo legata alla cacciagione, ma anche alla vegetazione, mentre secondo altri fu associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell’abbondanza). Un’altra ipotesi collegherebbe la Befana con un’antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenia(da cui deriva anche il termine “strenna”) e durante la quale ci si scambiavano regali. La Befana si richiamerebbe anche ad alcune figure dalla mitologia germanica, come ad esempio Holda e Berchta, sempre come una personificazione al femminile della stessa natura invernale. condannata ne IV secolo d.C., dall’allora Chiesa di Roma,fu definita frutto di influenze sataniche finendo per associare il suo aspetto a quello di una strega. In realtà non è una strega, ma una vecchina affettuosa, rappresentata su una scopa volante che purificava case (e anime), in previsione della rinascita della stagione. Questa antica figura pagana femminile fu accettata, gradualmente, nel Cattolicesimo, come una sorta di dualismo tra il bene e il male. Già nel periodo del teologo Epifanio di Salamina, la stessa ricorrenza dell’Epifania fu proposta alla data della dodicesima notte dopo il Natale, assorbendo così l’antica simbologia numerica pagana. Nel 1928, il regime fascista introdusse la festività della Befana fascista, dove venivano distribuiti regali ai bambini delle classi meno abbienti. Dopo la caduta di Mussolini, la Befana fascista continuò a essere celebrata nella sola Repubblica Sociale Italiana. Nel periodo più recente, innumerevoli e largamente diffuse sono le rappresentazioni italiane della Befana e le feste a lei dedicate; spesso si tratta di un figurante che si cala dal campanile della piazza di un paese, oppure di vecchiettr travestite per distribuire dolci e doni ai bambini. La tradizione la vuole “vecchia” ad indicare il finire di un ciclo: con il solstizio d’inverno si passa infatti dal vecchio al nuovo, dal freddo e dalle notti interminabili all’allungarsi del periodo di luce. Inoltre,con la fine dell’anno, si entra nel nuovo anno gregoriano.
In alcune zone d’Italia,la notte tra il 5 ed il 6 Gennaio,la tradizione vuole che si canti una “serenata” alla befana. Chi volesse “andare a casa sua” deve recarsi in Urbania,dove viene tradizionalmente collocata la Casa Ufficiale della Befana e dove viene celebra inoltre ogni anno la “Festa Nazionale della Befana”. In Toscana, nella provincia di Grosseto, esistono i “Befani”, uomini che il giorno dell’Epifania vanno assieme alla Befana per le vie cittadine dei paesi a eseguire canti tradizionali maremmani, augurando la “buona Pasqua. Annarita Franzese