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a cura di Antonio Fusco.
Salve, sono il Lupo.
Sì, avete letto bene, sono proprio io, il Lupus Canis. Il mio cognome lascia intendere che sono imparentato col ramo cadetto dei Canis Canis, i cugini domestici che, per un po’ di minestra, sono diventati schiavi: sopportano catene, guinzagli e museruole, si lasciano infiocchettare in modo ridicolo, si fanno torturare col taglio della coda e delle orecchie, sono costretti a fare la guardia o la compagnia, devono ubbidire agli ordini e pure per andare al … bagno devono essere accompagnati. Che vergogna !
Noi Lupi abbiamo mantenuto intatta la fierezza della stirpe, l’orgoglio di razza, lo spirito libero. E solo perché qualche volta, e per assoluta necessità di sussistenza, abbiamo mangiato un agnellino, una pollastrella o un coniglietto, ci avete eletti a simbolo di crudeltà e ferocia. Quando il leone sbrana una gazzella o l’orca marina addenta una sprovveduta foca, dite che è legge di natura. Ma appena si tocca un animale che appartiene ai vostri interessi, apriti cielo! Solo per questo motivo ci avete calunniati, perseguitati, uccisi, tanto da ridurci quasi all’estinzione.
A vostro disonore, uomini di specie bipede, ricordo che ancora nel secolo scorso esisteva il mestiere del luparo il quale, con trappole e tagliole o armato di fucile, percorreva le contrade montane, per darci la caccia. Quando gli riusciva di uccidere uno di noi scuoiava il malcapitato, lo eviscerava e riempiva la pelle di paglia per farlo apparire integro e renderlo meno pesante. Poi andava in giro mostrando la carcassa per le vie dei paesi urlando “Ecco il luparo!”.
A volte per evitare l’eccessivo peso il luparo ne issava su una pertica solo la testa, come uno stendardo. I pastori che ne vedevano la protezione di pecore e capre lo gratificavano con doni, beni in natura e a volte anche somme di denaro. [1]
Ricordo sempre con grande amarezza il fatto che ci avete fatto diventare lo spauracchio di bambini insonni, che impaurite con l’odiata filastrocca “Nonna, nonna,nunnarella, ‘o lupo s’ha magiat’ ‘a pucurella”, come se voi non mangiaste pecore, capre, conigli. Non parliamo poi dei proverbi che ci infangano senza alcuna verità obiettiva, attribuendo a noi quelli che, in effetti, sono i vostri istinti malvagi: “Il lupo perde il pelo ma non il vizio”,”Chi si fa pecora il lupo se lo mangia”,” Chi nasce lupo non muore agnello”, “Homo homini lupus” e tanti altri.
E’ vero che abbiamo una nostra gerarchia, ma non ci sbraniamo tra di noi, anzi aiutiamo istintivamente quelli di rango inferiore se si trovano in difficoltà. Attualmente, grazie ai sensibili movimenti ecologisti ed animalisti, che si impegnano attivamente a proteggerci, il nostro numero sta aumentando lungo l’arco alpino e le dorsali appenniniche.
Purtroppo, vivendo in boschi e luoghi montani, abbiamo sempre il problema di come procacciarci da vivere visto che non siamo vegetariani. Ormai sono già tre giorni che non tocco cibo; non mi è capitato di catturare un topo campagnolo, una lepre, un animale selvatico. Non ho trovato neppure una carogna e sogno ovini ad occhi aperti. Oggi mi sono appostato su questo sentiero perché spesso vi transitano i pastori con il loro gregge, con la speranza di catturare almeno qualche agnellino sprovveduto o una capretta smarrita, cercando di difendermi dai cani pastore. Spero di essere oggi più fortunato perché sento un belare e un tintinnio di campanacci che mi fanno intuire l’arrivo di un gregge: Lupus in fabula!
Lupari
[1]La figura del luparo è stata spesso approfondita in studi socioculturali, opere narrative e cinematografiche. Molto successo ebbe il film “Uomini e lupi” realizzato nel 1956 da Giuseppe De Santis ed interpretato da Silvana Mangano, Yves Montand, Pedro Armendáriz.