(Riceviamo e Pubblichiamo)
L’ultima ordinanza sindacale di Avella, meritoriamente pubblicata da “Binews”, mi ha lasciato perplesso. Sono legato da antica amicizia e stima al dott. Enzo Biancardi e sono sorpreso per l’idea di “politica” che emerge da questa sua decisione. La ”politica” costituisce un meraviglioso ideale che ha origine dalla cultura della Grecia antica. Deriva dal termine “polis”, città, un’entità sociale ed economica, intrisa di valori etico-morali. Nacque dal pensiero di Platone e fu immaginata come un principio educativo finalizzato al bene comune, che privilegia l’interesse della collettività nei confronti del singolo. Essere un “polites”, ovvero un cittadino, significava essere nel pieno dei diritti e doveri e, grazie alla libertà di parola, poter esprimere le proprie opinioni, partecipare alla gestione della vita della città, alla formazione delle decisioni comuni, e, ultima e importantissima, di riunirsi in assemblee. Tutti noi “facciamo politica”, quotidianamente, nel momento in cui manifestiamo le nostre opinioni, adottiamo un comportamento piuttosto che un altro, esprimiamo preferenze, giudizi vari, relativi ad ogni campo delle umane attività e dei rapporti sociali. L’ordinanza del primo marzo, che disciplina la concessione per l’utilizzo della sala Alvarez, crea, a mio avviso, una confusione sul significato di “politica”, con una contraddizione tra la prima e la seconda parte. La Sala Alvarez, recita l’ordinanza, “potrà essere concessa a realtà sociali e culturali per scopi aventi carattere scientifico, artistico, culturale, scolastico, sanitario, sportivo, sciale, umanitario e di volontariato”. Giusto. Ma i cittadini o le associazioni che si interessano e discutono e si confrontano su questi temi di interesse pubblico interpretano esattamente un ruolo “politico”, ovvero quello di affrontare, decidere, risolvere problemi per migliorare la vita della comunità e contribuire al progresso civile. Ma ecco che il sindaco aggiunge, con palese contraddizione: la sala non potrà essere concessa per manifestazioni di carattere “politico”. Una incoerenza, che appare come una negazione della libertà di esprimere idee politiche, una libertà costituzionale. Per meglio comprendere l’incongruenza di una tale ordinanza, immaginiamo gli scenari possibili nel controllo e nella vigilanza demandato alla polizia comunale. Scena prima. L’associazione teatrale “La Mela” è autorizzata a occupare la sala per discutere sul progetto di rappresentare “L’opera da tre soldi”, di Brecht, opera irriverente, aggressiva, chiaramente politica, dove si parla delle classi sottomesse, degli ultimi, di corruzione e di morale borghese. Merita di essere autorizzata o respinta per palese “politicizzazione” dell’opera? I vigili impegnati nella vigilanza, nel percepire che si parla di “politica”, dovrebbero intervenire con un “Fermi tutti. La riunione è fuori legge. Sgombrare la sala”? Oppure in un incontro tra associazioni sportive dilettantistiche (che si autofinanziano con enormi sacrifici personali e familiari), si può criticare lo Stato per il mancato finanziamento dello sport di base? O si configura sempre il “reato di politicizzazione”? E un partito politico, di destra o di sinistra, può riunirsi nella sala Alvarez per discutere, per esempio, sul verde pubblico e sulla qualità della vita nei nostri centri urbani? Potrei continuare, ma ritengo abbia pienamente chiarito il mio punto di vista. Con immutata stima nei confronti del dott. Biancardi, concludo rivolgendogli un appello: ritirare questa ordinanza e restituire alla comunità la libertà di potersi esprimere. Anzi, aggiungo, una buona amministrazione incentiva l’attività politica dei cittadini, per creare le condizioni di una “osmosi” di esperienze e conoscenze, non soltanto tra cittadini, ma anche tra questi e gli amministratori. Un modo per far crescere la comunità e determinare progresso ed emancipazione.