Un impianto elettronico complesso e corazzato. Così il CABS, l’associazione di volontari specializzati in antibracconaggio, definisce quanto rinvenuto nei giorni scorsi dai Carabinieri della Stazione Forestale di Summonte in un’area protetta ricadente nel Comune di Pietrastornina. Un richiamo acustico utile ad attirare le quaglie in migrazione. L’impianto, stante quanto comunicato dai Carabinieri, era fornito di timer e cassa riproduzione audio ben chiusi all’interno di un contenitore di ferro. Il tutto corredato da accumulatore di corrente e cassa acustica posta addirittura in cima ad un palo di legno.
“Senza l’intervento dei Carabinieri – ha commentato il CABS – sarebbero state senz’altro uccise numerose quaglie. Gli uccelli migratori, infatti, vengono attirati nottetempo dal richiamo. La mattina successiva il bracconiere non deve far altro che recarsi sul posto e premere il grilletto del fucile”.
Secondo il CABS quanto ora scoperto rappresenta solo l’ultimo caso di caccia illegale registrato negli ultimi mesi dai Carabinieri di Avellino. In particolare nel mese di maggio venivano trovati lacci cappio per cinghiali a Taurano, mentre richiami elettronici per uccelli erano posti sotto sequestro a Mugnano del Cardinale. Nel mese di luglio, invece, era la volta delle trappole per uccelli e ghiri a Monocalzati. A queste, nel mese di agosto, facevano seguito ben sette trappole per cinghiali trovate dai Carabinieri della stazione di Forino nelle campagne di Montoro. Ad ottobre era la volta dei Carabinieri della Stazione Forestale di Lauro, i quali rinvenivano in un bosco nei pressi di Taurano, due lacci in acciaio anch’essi utilizzati per la cattura di cinghiali. Pochi giorni dopo i Carabinieri della Stazione Forestale di Serino, congiuntamente alla Stazione Forestale di Avellino e della Stazione di Serino, comunicavano di avere denunciato tre persone accusate di violazione alla normativa a protezione della fauna selvatica omeoterma e prelievo venatorio in area protetta. Ora il caso di una sorta di hi-fi del bracconiere con tanto di blindatura in ferro.
“Quanto rilevato in questi mesi – tiene a precisare il CABS – non costituisce un “caso Avellino” quanto uno spaccato della triste e drammatica realtà del bracconaggio italiano che resiste, con tutta evidenza, all’apertura da parte delle autorità europee al fascicolo propedeutico alla procedura d’infrazione. L’accusa rivolta all’Italia – ha concluso il CABS – è quella di non tutelare in maniera adeguata il comune patrimonio degli uccelli migratori. Le leggi, in particolare, sono inadeguate”