Non ci stancheremo mai di dire che bisogna ripartire dal “protocollo Priolo”: troviamo logico e necessario che il problema dell’inquinamento dell’aria venga affrontato come un problema dell’intera area vasta e non riusciamo davvero a capire perché quell’accordo sia stato prima ignorato e poi riposto nel cassetto dei ricordi (quelli belli, a nostro avviso)
O qualcuno davvero può pensare che l’aria che si respira ad Avellino sia tanto diversa da quella che si respira ad Atripalda e viceversa?
Avellino ha una conformazione orografica “sfortunata”, è vero, ma non può essere il piangersi addosso la soluzione, né tantomeno rimandare sistematicamente l’affrontare il problema in ragione di altre priorità. La qualità dell’aria che respiriamo è una priorità assoluta, a meno che non ci stiamo talmente abituando all’utilizzo di mascherine che, quasi-quasi, ben venga l’obbligo di indossarle per sempre.
“Il traffico veicolare non contribuisce quasi per niente”. Vero, ma abbiamo l’onestà intellettuale di dire che gli amministratori locali non sono lì solo a dirigere il traffico, ma hanno ben altre e più ampie responsabilità, oltre che possibilità d’azione?
Avellino in questo momento è fuori legge. Detto così, al cittadino un po’ più ribelle può sembrare quasi una conquista, ma in realtà significa che per almeno 36 giorni dall’inizio dell’anno abbiamo respirato aria al limite o oltre la tolleranza del nostro organismo.
Facciamo qualcosa o vogliamo continuare a respirare aria inquinata facendo finta che non ci sia alternativa?
Non c’è bisogno di commissionare studi ad esperti, magari orientandosi nella scelta degli stessi in base a chi già si avvicina di più alle proprie idee. Ben venga anche questo, ma già ora si hanno studi e conoscenze a sufficienza per cominciare ad affrontare il problema.
Consci del fatto che dovrebbe essere tutto supportato da un sistema di incentivi, bisogna intervenire sull’efficientamento energetico degli edifici, sugli impianti di riscaldamento obsoleti, sui camini senza alcun filtro, sui roghi agricoli.
L’emergenza pandemia non ha fermato gli abbruciamenti, pratica che non contribuisce in enorme percentuale se consideriamo l’intero anno, ma molto impattante nei mesi in cui è regolata da ordinanze. I controlli persino asfissianti sui cittadini hanno occupato buona parte del personale di polizia locale: forse destinare qualche unità al controllo (e, perché no, alla repressione) di eventuali atti illeciti forse sarebbe una buona idea.
Non c’è più tempo da perdere, siamo già in emergenza e bisogna agire subito, ipotizzando, se necessario, finanche una sorta di lockdown delle emissioni.