“Pasquale Campanello non è stato un eroe, ma è stata una persona come tante che svolgeva diligentemente e con responsabilità la sua funzione. Avrà toccato col proprio lavoro degli equilibri inconfessabili e per questo ne è rimasto vittima”. Queste le parole commosse del Sindaco Paolo Foti che è intervenuto alla cerimonia di intitolazione di una traversa di via Annarumma al Sovrintendente Capo di Polizia Penitenziaria Pasquale Campanello, ucciso da quattro killer con quindici colpi di pistola a distanza ravvicinata in un agguato sotto la sua abitazione a Mercogliano l’8 Febbraio 1993.
“Avevo preso un impegno personale con la signora Campanello – ha proseguito il Primo Cittadino – e, dopo le consuete lungaggini amministrative, oggi lo portiamo a termine, a nome di tutta la città. La vicenda di Pasquale Campanello l’ho seguita, all’epoca, dalle cronache giornalistiche e quello che mi ha colpito è il porto delle nebbie in cui è finita questa storia, che stranamente non ha avuto nessun tipo di sbocco investigativo e/o giudiziario, e che tutt’oggi resta una ferita aperta sicuramente per la famiglia ma direi per l’intera comunità civile avellinese. Io la penso come il Presidente Mattarella: questa è gente senza onore e senza coraggio che verrà seppellita dalle proprie azioni e dai propri rimorsi. Sono molto contento di vedere qui una rappresentanza di agenti della Polizia penitenziaria perché ciò significa che il ricordo di questo collega è ancora vivo. Oggi – ha concluso il Sindaco Foti – lasciamo un segno definitivo del riconoscimento della città di Avellino nei confronti di Pasquale Campanello intitolandogli questa strada. Spero che quando tutti, ma in particolare i giovani, si trovano a passare di qua possano chiedersi chi era Pasquale Campanello e possano così informarsi su quest’uomo, vittima della camorra, per trarne un insegnamento e un monito per il futuro”.
Nato ad Avellino il 14 Novembre 1960 Pasquale Campanello si era diplomato in agraria e progettava di fare l’enologo, ma poi aveva scelto di indossare la divisa, rinunciando ad altri sogni. La moglie Antonietta Oliva ha sostenuto che la scelta del marito non era stata un ripiego lavorativo, ma lo aveva fatto con convinzione e alto senso del dovere. Arruolatosi nel Corpo degli Agenti di Custodia poco più che ventenne, quando nel 1990 venne istituito il Corpo di Polizia Penitenziaria, Pasquale era diventato sovrintendente Capo del Corpo.
Assegnato alla Casa Circondariale di Poggioreale, dove era addetto al padiglione di massima sicurezza “Venezia”, nel quale erano reclusi diversi affiliati alla Camorra, si distinse per l’intransigenza con la quale svolgeva il proprio lavoro. Fu proprio questa sua intransigenza che firmò la sua condanna a morte da parte dei clan, che non potevano sopportare la sfida che Pasquale Campanello portava avanti ogni giorno nel carcere allo strapotere dei detenuti camorristi.
L’ 8 febbraio 1993, finito il turno di lavoro, Pasquale Campanello stava rientrando a casa dalla giovane moglie Antonietta e i figli Silvia e Armando, quando sotto casa sua, a Torrette di Mercogliano, un commando di quattro killer lo bersagliò con 14 colpi di arma da fuoco, di cui 4 alla testa, uccidendolo sul colpo, all’età di 32 anni.
Il Sovrintendente Campanello è stato riconosciuto “Vittima del Dovere” ai sensi della Legge 466/1980 dal Ministero dell’Interno. Alla sua memoria è intestata anche una targa presso la Sala Convegni dell’istituto penitenziario di Poggioreale a Napoli.