Avellino. La Terra è stanca del Maestro Spiniello

Avellino. La Terra è stanca del Maestro Spiniello

La mostra – che conclude le iniziative del Summer Fest promosso dall’Amministrazione Comunale e terminerà l’8 gennaio 2022 – sarà preceduta venerdì 24 alle 11.00 dalla conferenza stampa di presentazione alla quale interverranno, insieme all’artista, il Sindaco di Avellino Gianluca Festa e l’Assessore al Turismo Laura Nargi.

Dopo la Galleria Scoglio di Quarto a Milano, Matera 2019 e l’Abbazia del Goleto il maestro Spiniello fa tappa nella sua Avellino nella quale esporrà una selezione di opere unica: la grafica della fossilizzazione oggettuale degli anni ’60; le terraoggettografie che si mischiano con le sue ricerche etnoantropologiche sulle favole identitarie irpine; le opere plastiche come gli Stiliti italici, i bronzi del Re e la Regina albero, la Sedia dell’accoglienza; la sua installazione Cuore diserbato nell’Ipogeo, nelle radici dell’antico Casino di Caccia dei Caracciolo dove, tra l’acqua che bagna gli antichi mascheroni e i soggetti marini, si innestano le opere dell’artista, creando un inedito connubio.

L’artista irpino – che ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1968, alla Quadriennale di Roma nel 1975, alla seduzione dell’Artigianato a Roma nel 1990 ed è stato, inoltre, segnalato da Crispolti su Catalogo Bolaffi – ha scelto di restare in Irpinia ed il suo cuore è radicato alla sua terra.

La terra, l’albero, la favola sono al centro della sua arte: nelle azioni di arte nel sociale negli ‘60, dove nelle aie dei contadini effettuava le sue performance insieme ai bambini; nella fossilizzazione oggettuale, tecnica di sua invenzione degli anni ‘70 dove attraverso il torchio incideva sulla carta i segni della natura, i rifiuti, in una museificazione della natura che anticipava le sue azioni di arte ambientale; nell’Albero Vagabondo, scultura itinerante negli ultimi 12 anni, con i disegni dei più piccoli ad indicare le discariche in montagna; nella semina del colore delle sue terraoggettografie e, da fine anni ‘90, nel primo ciclo de L’uccello pavone racconta la Terra è stanca, che, infine, tralascia la figurazione delle favole per tornare all’astrattismo, in un cromatismo acceso che annulla anche le forme limitandosi all’unico cerchio della terra. “La terra è stanca – afferma l’artista – circondata dall’indifferenza, e il nostro cuore è diserbato, insensibile, eppure, vista da lontano, dalla luna, la terra è ancora bella, seppur gravata del peso dell’uomo”.