Gli agronomi irpini in campo per combattere la cimice asiatica. Anche la coltura del nocciolo purtroppo, non sfugge agli attacchi dell’insetto giapponese (halyomorpha halys), la cui presenza è stata accertata per la prima volta in Italia nel 2012 in Piemonte, mentre la prima segnalazione in Campania è nel 2017.
L’insetto è molto dannoso, si riproduce più volte l’anno è molto mobile e vorace, si nutre di foglie e frutti di oltre 300 specie di piante ospite. Attacca gli alberi da frutto e le colture erbacee e sta mettendo in grossa difficoltà le coltivazioni da reddito di molte zone d’Italia, compromettendone la qualità. In irpinia i danni sono molto seri sul nocciolo. Possono compromettere la qualità organolettica del prodotto alterando l’aroma nel suo complesso, aumentando le sensazioni di rancido ed astringente.
“Per conoscere lo stato dell’arte si è partiti nel 2020 in Irpinia con l’attività di monitoraggio con trappole a feromone posizionate presso le aziende corilicole del territorio. Questa attività ha consentito di mappare la presenza della cimice asiatica, conoscere il comportamento e l’evoluzione nell’hinterland Irpino”, spiega Antonio Capone, presidente dell’ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Avellino nell’ambito del convegno su “Risultati dell’attività di monitoraggio e attuazione del piano nazionale di controllo biologico di halyomorpha halys in Campania”.
“Al momento – aggiunge Capone – valutando il numero di catture 2021-2022 la situazione è stabile in Irpinia. Il numero di individui è inferiore rispetto alle altre provincie campane. Questo è dovuto alle diverse condizioni climatiche presenti in Irpinia e alla diversa composizione colturale presente che mettono un freno allo sviluppo e alla moltiplicazione dell’insetto. Il cambiamento climatico in atto e l’elevata capacità di riprodursi e creare danni, non ci fa stare certamente tranquilli, nè ci porta fuori dalla zona di pericolo, bisogna continuare mantenere alta la guardia perché gli equilibri possono saltare nel giro di pochi mesi”.
Si studiano gli strumenti di difesa.
“Il metodo di lotta biologica applicato consiste, nell’utilizzo dell’antagonista naturale della cimice asiatica: il Trissolcus japonicus – evidenzia il presidente Capone – In particolare, dal 2 luglio 2021, è stato avviato il progetto per l’impiego dell’antagonista naturale. il Trissolcus japonicus, meglio nota come «vespa samurai». Si tratta di un insetto di origine asiatica, innocuo per l’uomo e per gli animali. T. japonicus si ciba di polline e nettare e non punge, in quanto usa il suo ovopositore soltanto per parassitizzare le uova di cimice asiatica”.
“I lanci dell’antagonista – fa sapere Capone – sono stati eseguiti anche in Irpinia in zone rispondenti a precisi criteri: corridoi ecologici, zone non coltivate, presenza di siepi, aree verdi, boschetti”.
Ci sono degli obiettivi da raggiungere.
“Insediare uniformemente la vespa sul territorio – dice Capone – in modo da innescare il processo di riequilibrio ecologico volto a tutelare la nostra frutticoltura cosi come si è fatto in castanicoltura per il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus), l’imenottero cinese che provoca la formazione di galle, a carico di gemme, foglie e amenti, determinando un consistente calo della produzione, una riduzione dello sviluppo vegetativo e un forte deperimento delle piante colpite. Sebbene il Cinipide costituisca ancora un problema da contrastare, oggi pare abbia perso forza d’attacco ed il contenimento con il Torymus sinensi (imenottero antagonista, parassita del patogeno, che si nutre delle larve del Cinipide, abbassando così la popolazione dell’insetto dannoso) sembra aver imboccato la giusta direzione. Si è infatti registrata una flessione, in termini di piante colpite. Lo scopo dei metodi di lotta biologica propagativa è quello di arrivare ad avere un equilibrio naturale tra il parassita dannoso e il suo antagonista, in modo da limitarne la dannosità nelle coltivazioni”.
Gli agronomi sono in prima linea per accogliere nuove istanze e far fronte a bisogni emergenti.
“Il segreto in questi casi – riprende Capone – è non focalizzarsi mai su un unico metodo e un solo antagonista ma provarne diversi. Per la difesa biologica con prodotti di contatto, è necessario trattare le piante la mattina o la sera, evitando le alte temperature, perché le temperature basse rendono le cimici meno mobile e la espongono maggiormente all’agrofarmaco”.
“E’ necessario – sottolinea Capone – effettuare potature regolari in modo da sfoltire la chioma e permettere ai prodotti fitosanitari, ad azione prevalentemente di contatto, in regime di lotta integrata e/o biologico di penetrare all’interno delle piante. Ricordiamo di utilizzare macchine irroratrici specifiche per la corilicoltura, in grado di penetrare nel fogliame e di raggiungere la cima delle piante, dove la cimice asiatica predilige stazionare”.
“Per il futuro – conclude Capone – è necessario continuare l’osservazione capillare dei comportamenti dell’insetto. Ogni settimana, gli agronomi di queste aziende, comunicheranno i dati relativi alla cattura dell’insetto al Cnr. I dati, alimentano un sistema informatico legato al sito della Regione Campania e ad una app sviluppata dalla Fondazione Mach e già utilizzata in Piemonte”.
All’incontro, che si è svolto presso il carcere Borbonico, hanno partecipato Patrizia Nappa del Servizio Fitosanitario Regione Campania che ha relazionato sugli aspetti normativi che regolano le attività di monitoraggio ed il piano nazionale di controllo biologico in Campania sulla cimice asiatica. Massimo Giorgini e Domenico Crispo del Cnr per la protezione sostenibile delle piante di Portici, che hanno illustrato lo stato dell’arte della cimice asiatica con dati elaborati dal monitoraggio di diversi anni, nelle diverse province della Campania e dei metodi di lotta da utilizzare.
Pasquale Vecchione, agronomo e responsabile Ricerca e Sviluppo dell’Agricola s.a.s. impegnato nella difesa delle colture erbacee e arboree in Irpinia che ha relazionato sulla pericolosità e difesa della cimice asiatica, insediatasi e sovrapposta alle nostre cimici che hanno elevata capacità di causare danni: quali Gonocero (Gonocerus acuteangulatus), Palomena prasina, Nezara viridula. Carlo Mazza presidente della Cooperativa Nocciole Irpine con il suo intervento ha ringraziato la rete dei propri soci, che monitorano il territorio e contribuiscono a conoscere in tempo reale la presenza della cimice in Irpinia, tutelando così i prodotti agricoli e rendendo anche un servizio alla collettività.