“Il ritiro delle dimissioni di Foti ripropone con forza il tema di come il PD intende dare risposte ai problemi della città. Se si apra o meno una “fase 2” nella vita amministrativa della città a noi interessa poco o punto; ci preme solo sottolineare come una “seconda fase” parte con il piede sbagliato se non poggia su una riflessione puntuale di tutto il PD delle ragioni del fallimento che abbiamo alle spalle che, non per caso, ha portato alla clamorosa sconfitta di Foti e del PD alle elezioni provinciali. A noi interessa oggi sapere quali siano le priorità a cui l’Amministrazione decide di porre mano e come intende affrontare le questioni vere delle città che inutilmente e per tempo abbiamo già sollevato e dalle quali, secondo noi, occorre ripartire”. Così il Circolo Pd Foa di Avellino.
E’ incredibile a dirsi, ma è significativo del punto a cui siamo stati portati, che ripartire significa oggi in primo luogo assicurare alla città una “ordinarietà funzionante”, una capacità di far funzionare cose elementari che toccano la quotidianità della vita della gente, recuperando l’immagine di una macchina amministrativa, sbandata, se non allo sfascio, incapace delle scelte più banali, ordinarie. Il Comune è una barca senza timoniere, che vivacchia su se stessa, con una burocrazia demotivata e deresponsabilizzata dall’assenza di indirizzi chiari e di provvedimenti tesi a mettere le mani sulle disfunzioni che si sono venute incancrenendo, tra le quali anche l’incertezza sulla situazione lavorativa di molti.
Noi ci aspettiamo che l’amministrazione rimetta al centro dell’agire le questioni che interessano la quotidianità per dare risposte concrete e immediate, efficaci, capaci di trasferire all’opinione pubblica l’immagine di una amministrazione che decide, fa, dà risposte immediatamente percepibili come risolutive dei problemi aperti. Se Foti, come dice, ha, in questi giorni ascoltato effettivamente i cittadini, avrà percepito quanto esteso sia il disagio per l’abbandono cui è lasciata la città con un peggioramento delle condizioni del decoro urbano, al centro ma soprattutto nelle periferie, a condizioni mai conosciute nel passato, con carenze serie che vanno dalla pulizia urbana, al degrado delle strutture pubbliche, piccole e grandi, alle condizioni del traffico.
E quotidianità è anche l’immagine di una amministrazione che sia capace di mostrarsi ad di sopra di ogni sospetto nella gestione dei propri beni, dei servizi, del suo patrimonio, delle sue finanze. Da questo punto di vista poco o nulla è cambiato rispetto al passato su delicate questioni come il corretto utilizzo di beni e strutture pubbliche, che sia in grado di andare a scardinare quelle sacche di privilegio, oramai insopportabili agli occhi della cittadinanza; questo vale per l’occupazione abusiva delle case che permane, con una azione di contrasto che è venuta meno; vale per segnali preoccupanti di un piegarsi dell’amministrazione a “poteri forti” che vengono da scelte incomprensibili rispetto all’interesse della città come quella di alcune transazione di vecchie vicende su cui sembra si voglia far scendere il velo del silenzio, ed in particolare quella di “palazzo Sandulli”.
La seconda questione che riteniamo di dover porre, dopo quella della “quotidianità” è il recupero della assenza di politiche verso le fasce sociali deboli, quei nuovi strati di popolazione che la crisi economica allarga a dismisura e che non sanno a che santo votarsi Anche qui il vuoto è stato assoluto, riempito solo da una sorda lotta sotterranea ad occupare spazi di gestione, sotto i quali non è difficile immaginare la presenza di interessi politici di tanti “protettori” di false onlus alla ricerca di assunzioni clientelari. Attenzione alle “differenze”, significa, secondo noi anche il coraggio di fare scelte amministrative che introducano sistemi di differenziazione nella tassazione che si concretizzino in una rinnovata attenzione alle fasce deboli e bisognose della popolazione per un verso, e per altro verso a coloro che gli immobili li usano per produrre reddito, come agli artigiani e altre piccole attività produttive che dalla crescita esponenziale della tassazione locale arrivano persino ad essere spinti alla chiusura. In questo quadro un tavolo di concertazione tra Comune, Agenzia del Territorio e associazioni di categoria e sindacali, può essere utile a parametrare secondo criteri di equità sociale la redditualità effettiva degli immobili.
Un terzo gruppo di questioni riguarda problemi più complessi, che si trascinano irrisolti da anni e che incidono in maniera significativa ed in termini negativi sulla vita della città Tra questi prima fra tutte si impone la questione del risanamento dell’Isochimica e del recupero di quello spazio a servizio della città. Noi avvertiamo esitazioni ed incertezze ed ancora molte confusioni di cui l’Amministrazione è parte, mentre a noi sembra che oggi sia del tutto chiaro che si debba definire la progettazione esecutiva e avviare, senza ulteriore indugio, a procedura di esproprio dell’area. E’ il momento della verità: la Regione sostiene che non vi sono ostacoli a finanziare l’opera: se questo non è vero non possiamo verificarlo con un Comune ancora inadempiente.
Abbiamo percepito, pur nel nulla di questi mesi, segnali inquietanti dal versante urbanistico che hanno appannato la chiarezza del patto stipulato con gli elettori e fondato sul “non un solo mattone di nuova edificazione in città”. Oggi abbiamo bisogno che questa opacità venga diradata, anche alla luce delle attenzioni che la Magistratura ha posto sulla vicenda. Se lo strumento Urbanistico ha necessità di adeguamenti e modifiche si avvii fin da subito un confronto aperto con tutti i soggetti interessati, che sappia parlare alla Città in anticipo rispetto alle scelte eventualmente necessarie, evitando la fretta e le urgenze dell’ultimo minuto.
Chiarezza definitiva si impone, inoltre, sul completamento delle opere pubbliche avviate, ivi compresa la questione della nuova Piazza Libertà e del Tunnel. La città deve essere consapevolmente informata sul ruolo a cui dovranno assolvere tali opere pubbliche, ribadendo un netto no ad ipotesi di nuovi scenari di project financing per parcheggi interrati in Piazza Libertà ed un appello alla chiarezza sui tempi e sulle modalità di esercizio della nuova linea filoviaria, da molti mesi oramai nell’oblio ma strategica per il rilancio del trasporto pubblico locale per la città capoluogo.
All’edilizia anche noi guardiamo come ad uno – e non il meno rilevante – degli strumenti per il rilancio complessivo dell’economia e dell’occupazione, e per questo crediamo che la politica urbanistica cittadina debba tutta essere incentrata su misure e strumenti per favorire azioni di rigenerazione urbana di interi quartieri, che hanno bisogno di essere messi in sicurezza e di essere ri-costruiti secondo i più moderni standard sul risparmio energetico, tenendo conto delle oramai ridotte risorse naturali. Nella risorsa naturale da tutelare rientra il verde pubblico, per il quale è necessario un piano di manutenzione programmata ed azioni che rimettano al centro delle scelte la “Città giardino” piuttosto che la “Città di pietra”.
Infine, ma non ultime, vi sono le questioni del destino futuro della città. Avellino non esercita più le funzioni di capoluogo, non è cioè riferimento per il resto del territorio provinciale perché è da sempre ripiegata su se stessa (con la sola significativa eccezione delle scelte degli anni sessanta sull’area industriale di Pianodardine) senza riuscire ad esprimere una capacità di traino rispetto ai pezzi consistenti ed economicamente vivaci di territorio che la circondano. Il vizio è stato una angustia municipalistica legittimata dalla convinzione che il “ruolo” gli fosse garantito dall’essere sede dei servizi amministrativi più importanti del territorio.
Oggi questo è un limite. Va superato con una grande capacità di mettere mano, stavolta per decidere e fare, almeno a due nodi essenziali: a) Le questioni della cosiddetta “area vasta” da intendere come il territorio nel quale mettere mano alla riorganizzazione dei servizi essenziali, dai trasporti di persone e merci, allo smaltimento e riciclaggio dei rifiuti, alla scuola, all’assistenza alle fasce sociali deboli, solo per citare quelli più significativi. Una operazione di questo tipo è possibile a partire da una premessa essenziale, quella che la città abbia la capacità di rovesciare come un guanto la sua macchina amministrativa per ricavare, da un apparato costruito per portare consensi elettorali a chi amministra, una struttura capace di mettere in atto strategie, progettare e gestire con efficienza ed efficacia le attività necessarie. La seconda condizione è che la presunzione di autosufficienza che caratterizza tanti amministratori sia dismessa; che al contrario, l’operazione sia immaginata come un qualcosa che, mentre mette in sinergie risorse scarse, favorendo i Comuni più piccoli, rende produttiva una macchina cittadina inefficiente, lenta, sprecona. Insomma, per dirla con i tanti che ci fanno le lezioni sul “privato è bello”, che adotti criteri di produttività per misurare le prestazioni ed ad essa commisuri la scelta della formazione della nuova managerialità e del nuovo apparato.
b) Le questioni di un ruolo produttivo della città. Noi pensiamo che le scelte, talora costruite persino sulla testa di un ceto politico disattento, messe in cantiere per la Valle dell’Ufita e per l’Alta Irpinia, siano in grado di cominciare a delineare una prospettiva su cui lavorare per l’Irpinia. C’è una vasta zona “vuota” di proposte, della quale la città è il centro. Qui, sinora, sono solo balbettii e vecchie trite e ritrite proposte di un passato che è passato. Noi guardiamo alla programmazione dei fondi europei 2014-2020 come ad una grande opportunità per la città. Avellino è al centro di un “triangolo” che ha come vertici Fisciano e l’università, Nola e l’interporto, Benevento e la sua università, Dentro questo triangolo sta Avellino con il suo Cnr sull’alimentazione e la laurea in enologia. Il territorio, tutto il territorio circostante, irpino, ma soprattutto salernitano e sannita è oggi impegnato ad una intensa attività di qualificazione di produzioni agricole di qualità e di sviluppo dell’agro-alimentare. Noi pensiamo che questa area, ed Avellino al suo centro, nel cuore dell’Italia meridionale possa diventare una “zona franca”, cioè una area di “agevolazione speciale” su progetti di ricerca applicata e nuove tecnologie rivolte all’agricoltura ed all’agro-industria e che possa essere anche l’insieme coordinato di una rete di “zone franche urbane” per ulteriori nuove produzioni e servizi. Qui vediamo la riscrittura del ruolo e della funzione di Pianodardine. La centralità di Avellino rende, pertanto, necessario ed auspicabile il ripristino dei collegamenti ferroviari lungo l’asse Salerno Avellino Benevento e verso l’Alta Irpinia. In questo scenario di sviluppo produttivo vediamo l’applicazione di una serie di iniziative, anche in itinere, che vedono la collaborazione pubblico-privati sui servizi moderni ed avanzati, dalla logistica, alla commercializzazione, alla formazione.