Una vita dedicata all’arte e alla famiglia e un grande impegno nel mondo del sociale.
Lo vogliamo ricordare con due sentite testimonianze, quella del giornalista e suo amico Annibale Discepolo e quella del fratello Michele Masi, che ha seguito, supportato e condiviso l’intero percorso della sua carriera artistica.
Così scriveva il 19 novembre del 2021 Annibale Discepolo sulla pagina fb della Fondazione Sistema Irpinia: “ Se n’è andato in silenzio Fernando Masi, un silenzio dignitoso, cifra del suo essere, che lo ha accompagnato nella sua malattia, affrontata fino all’ultimo giorno sempre però con la determinazione e la convinzione che alla fine ce l’avrebbe fatta e che <se proprio dovesse succedere, alla fine me ne andrò io, ma non la mia arte>, mi confidava sorridendo in uno degli ultimi incontri nel suo studio-museo-laboratorio di Sperone davanti al figlio Tommaso e al genero Saverio Bellofatto che gli è stato sempre vicino ed a Valeria Vaiano, in occasione della foto di Nico Boccia che lo ritrae per il mese di settembre nel calendario 2021 di Fondazione Sistema Irpinia dedicato all’arte ed agli artisti della Verde, <alla fine me ne andrò io, ma non la mia arte>. Un testamento pesante, deflagrante per la forza e la potenza propria della sua arte, specchio di una poliedricità che mancherà in questo mondo, in il suo mondo, in cui lascia un vuoto profondo.
Se n’è andato, vogliamo pensarlo, con la convinzione d’esser stato campione, ma nell’anonimato della sua semplicità che lo faceva un grande, volando simbolicamente verso il cielo a trecento all’ora, come quei piloti di Formula Uno che nella saga delle rosse di Maranello, dipingeva fermando l’attimo, al volante delle tante Ferrari, lui, che – cosa riservata agli eletti – aveva avuto l’ok dal Drake di poter esporre nel museo delle Rosse, in quella Emilia e Romagna, palcoscenico e sintesi di grandi star quali Luciano Ligabue, Raoul Casadei e Valentino Rossi. Una vita, sul versante artistico la sua, che non ha mai sottratto il tempo e l’attenzione alla famiglia, soprattutto alla nipotina Alessia; una vita vissuta nella spericolatezza della normalità lungo la pista infinita delle emozioni che sapeva costruire e regalare con le sue opere. Periodi di vita pittorici come la piaga dell’emigrazione, della desertificazione dei nostri paesi, ponte che da virtuale lui tratteggiava con la convinzione di trasformare in reale la speranza di un futuro migliore. E poi i murales, le mostre in tutto il mondo, l’ultima a Taiwan, quell’Oriente che Fernando aveva già visionariamente anticipato in tutto e per tutto.”
Il fratello Michele lo ricorda così: “Mio fratello “ Tonino” … spirito libero ed avventuroso e come tale lo è stata anche la sua pittura.
Un talento di natura, riconosciuto pubblicamente, e dalla vita intensa e travagliata. Da noi veniva familiarmente appellato con il nome di Tonino (Il Santo di Padova prima di chiamarsi Antonio si chiamava Fernando) e nostra madre che lo definiva un po’ “matto” diceva che comunque lui era un giovane forte perché era stato allattato da bambino con il latte di capra.
È stato un artista che, nel rispetto della tradizione, accompagna questa categoria di personaggi, non ha avuto una vita facile, pur avendo attorno a sé una famiglia, ancorchè bella e numerosa e con tutti i suoi ed imprevedibili problemi.
La sua è stata una vita molto vissuta e voluta in tutti i sensi, peraltro costellata da i tanti sacrifici richiesti per farsi strada in Italia e nella sua stessa terra natia.
Amante del buon mangiare e del buon vivere, viaggiatore instancabile, faccio fatica a pensare che egli ora non possa fare almeno una delle cose amate. Immagino che, essendosi incontrato con la sua talentuosa nipotina Alessia, unica erede della sua arte, ora assieme stiano dipingendo la volta celeste di cui potremo godere.
A Modena, dove io vivo, ha tantissimi amici. Gli appassionati della sua pittura lo diventavano naturalmente dopo avere apprezzato il suo talento e le sue svariate performance artistiche, di cui non sto a parlare perché ampiamente rappresentate nelle biografie e raccontate da numerosi critici nazionali ed esteri.
Mi ricordo di un inizio che, secondo me, fu datato da un importante concorso artistico a Lago Laceno in provincia di Avellino allorchè, imprevedibilmente ma meritatamente, fu insignito della significativa premiazione. Non ricercava questi eventi, come non amava legarsi a gallerie e mercanti. Ricordo, però, che la premiazione dette impulso e contribuì a dargli quell’autostima che gli è servita per imporsi nel difficile campo artistico nazionale e portare fuori dall’Irpinia un messaggio importante. Ha espresso il malessere ma anche la speranza della sua terra e, più in generale, quella dell’uomo contemporaneo spaziando poi, anche nel campo del mondo animale, e lasciando ovunque immemorabili segnali recuperabili, altresì, nei svariati notevoli murales lasciati in giro nel mondo.
Si sono poi susseguiti innumerevoli eventi dando inizio alla ascesa della sua pittura nei salotti romani, in quelli modenesi e bolognesi, milanesi, liguri, le mostre all’estero (Parigi, Bucarest, in America dove gli offrirono la cattedra alla N.Y. University , Londra, Bruxelles, Taiwan), utili al consolidamento storico di artista quotato nel panorama della pittura italiana, nonostante abbia dovuto rinunciare, per altre vicissitudini, a tante altre opportunità non meno importanti.
E’ stato uno spirito libero ed avventuroso e come tale lo è stata anche la sua pittura. La morte non spegnerà la luce che con la sua pittura egli ha trasmesso alla gente.”