Vito Napolitano, con un passato da amministratore locale nel comune di Sirignano è un appassionato produttore e cultore di un prodotto locale a rischio di estinzione che, con tenacia ed impeto, insieme ad una dozzina di altri contadini, sta cercando di salvaguardare e valorizzare: il Pomodorino “spunzillo” di Sirignano, detto più propriamente “Baronetto Rosso”.
Una pianta che raggiunge i due metri di altezza, che produce una buona quantità di questo pregiato pomodorino che non ha altri simili in tutto il resto del pianeta. La loro caratteristica è la grandezza, o meglio la loro minuscola pezzatura, sotto i 10-12 grammi. Vito ne ha selezionato almeno 3 tipi: uno, il più interessante, dalla forma tipo datterino col pizzo, detto anche “baronetto rosso”; il secondo, un piccolo ciliegino con l’apice appuntito e il terzo dalla forma di un san marzanino. Tutti conservati e fatti maturare attraverso l’antico metodo del “piennolo”.
Oggi esperti del settore vogliono studiare questo tipo di pomodoro in quanto avrebbe delle caratteristiche eccezionali rispetto agli altri comuni pomodori in circolazione e soprattutto effeti positivi sulla salute. Proprio per questo ieri a Sirignano esperti sono giunti in paese per aver un incontro con il sig. Vito Napolitano, quest’ultimo ha voluto che partecipasse anche l’amministrazione comunale, o meglio il sindaco Raffaele Colucci e i suoi stretti collaboratori. Presenti il dott. Italo Santangelo che per anno è stato un referente della Regione Campania e la dottoressa Rosa Pepe, bravissima ricercatrice del CREA-OF di Pontecagnano che avvierà la fase scientifica necessaria per la caratterizzazione genetica e morfologica del Baronetto rosso e dei suoi cugini. La notizia di questa pregiata qualità di pomodorino si è già diffusa tra i grandi chef che aspettano i dati scientifici prima di iniziare la loro caccia al “Baronetto Rosso”. Durante la mattinata di ieri il produttore del Baronetto Rosso ha fatto assaggiare agli ospiti la delizia dei pomodorini, ebbene, nel vederli ed assaggiarli, così al naturale, si ha la conferma di avere a che fare con qualcosa di mai descritto in letteratura. Interessante sarà capire se trattasi di biotipi genetici definiti o se ad influenzarne la morfologia e il comportamento vegetativo sia stato anche l’ambiente. Stiamo parlando di ecotipi che i boscaioli e i carbonari locali coltivavano su in montagna, ad oltre 1000 metri, per avere disponibilità di pomodoro fresco per tutto il periodo trascorso in quota, senza mai scendere in paese.
Siamo certi che in un prossimo futuro sentiremo parlare di questa nuova qualità di pomodorino che potrebbe rivoluzionare le tavole di tutto il mondo.