Con una missiva indirizzata ai suoi colleghi del baianese, il sindaco di Sperone avv. Marco Santo Alaia chiede l’avvio di una costituente per la fusione dei comuni. Ecco cosa scrive il primo cittadino Alaia:
Egregi colleghi, l’esperienza di questi anni quale sindaco di Sperone e la visione composita e organica, a posteriori, quale esperienza come Presidente per due anni dell’Unione dei Comuni del Baianese Alto Clanis, costituiscono il substrato, non ideologico ma pragmatico per esprimere una valutazione obiettiva circa la necessità di avviare un serio processo di riforma del sistema della governance dei nostri Enti, che alla luce delle criticità gestionali che si acuiscono anno per anno, non sono in grado, singolarmente, di fornire risposte adeguate alla comunità. Il modello di Unione in cui siamo approdati nel 2016, nato dalla convergenza di interessi comuni (sedimentati, soprattutto, sulla necessità giuridica di gestire funzioni fondamentali) e con la finalità di mettere in rete risorse umane e finanziarie per realizzare economie in scala per fornire servizi più adeguati e qualitativamente più soddisfacenti per i cittadini, non sembra aver prodotto quella rivoluzione copernicana nel sistema istituzionale e amministrativo, restando ingabbiati nei meandri del localismo, patologia asintomatica della politica, di cui nessun amministratore sembra immune. Pertanto dall’analisi di una fattorialità trasversale, quella del territorio, ritengo che si possa costruire insieme un percorso ideale che attraverso la fusioni candidi la nostra realtà ad essere una “urbe tantum” conclamando quella progettualità “in nuce” di una visione politica innovatrice nata negli anni ’90 alla luce della legge 142/90 che mirava alla costituzione della Città del Baianese. Un argomento quello della fusione che impone a tutti i nostri amministratori, oggi più che mai, quanto meno un confronto sul piano della dialettica politica ed istituzionale poichè i temi e le ragioni di un processo aggregativo forti, sedimento sui principi della democrazia diretta e sulla sovranità popolare, è imprescindibile dalla logica amministrativa, che storicamente, credo, stia subendo un’involuzione sul piano quali-quantitativa.
Ormai il nostro territorio, attraverso la saldatura dei 6 centri abitati, si presenta come unica area urbana, frutto delle continue e mutue interazioni sociali, territoriali ed economiche, non disgiunte dalla crescita della popolazione residente e dall’espansione urbana. Costituiamo sostanzialmente un’unica conurbazione dai confine pressoché imprescindibili dove l’unico elemento che costituisce il differenziale è dato dalla presenza delle municipalità da declinare nell’espressione di organismi amministrativi. Altresì sarebbe irrilevante oltre che pretestuoso agitare lo spettro della pregiudiziale delle diversità sociali quale elemento ostativo ad un eventuale progetto di fusione , posto che tale elemento di diversificazione può trovare pure sempre una tutela all’interno di un’area di convergenza quale la nostra identità storica-culturale patrimonio inalienabile delle nostre comunità.
La scelta, inoltre, del modello di governance non sarà calato dall’alto come nel caso dell’Unione, ma dovrà partire dal basso , dalla gente, dalle nostre comunità, che attraverso un referendum consultivo, potranno scegliere, optare, determinare, insomma democraticamente, decidere di indossare un nuovo abito istituzionale. L’espressione della volontà popolare, attraverso l’atto di democrazia diretta quale il referendum consultivo, costituirà l’elemento paradigmatico giuridico-sociale insormontabile ed imprescindibile anche perché “i percorsi di gestione associata dei comuni funzionano quando non sono fusione a freddo ma l’esito di una condivisione delle scelte.
E la condivisione delle scelte deve nascere innanzitutto dalla consapevolezza di noi amministratori che la fusione non è solo una ragione puramente economica che in verità racchiude come avrebbe detto Foucault, un metodo governamentale, ma una condizione che amplificherebbe la nostra autonomia, la nostra contrattualità politica ad ogni livello, specie rispetto agli Enti sovraordinati che dovranno considerare la sintomatica presenza di una soggettività di circa 30.000 abitanti e non ignorare più la voce di un anonimo Comune dell’area Baianese.
Lungi quindi dal considerare la fusione dei comuni come la mondializzazione su microscala che fonde le nazioni, dissolvendole nel modello unico. Nel nostro caso la fusione dei comuni non ci scioglie imponendo una mera unificazione che, de facto, annichilisce le differenze e le specificità, e rende evidentemente più facili da controllare dall’alto le micro comunità ma ci renderà più forti, coesi, granitici e responsabilmente capaci di autodeterminare i nostri rappresentanti.
Non possiamo opporci ad un processo emancipativo che qualcuno ritiene essere un esiziale processo turbomondialista, ma dobbiamo essere capaci di comprendere le esigenze e intuire le opportunità; essere in grado, in pratica, di avviare nuove iniziative per governare il cambiamento, per lanciare una sfida sul terreno della politica innovatrice e riformatrice e per scrivere la storia del nostro tempo. E nel tempo va ricondotto anche il pensiero dello scrivente in merito al processo di fusione dei nostri Comuni posto che, già nel 2018, relazionando a Voi colleghi e al Consiglio, a termine del proprio mandato quale Presidente dell’Unione ebbe a preconizzare l’importanza di guardare oltre il modello stesso dell’Unione affermando “che uno slancio politico, amministrativo e istituzionale per il territorio potrebbe essere ben rappresentato dalle fusioni dei Comuni”.
E per questo che sento il dovere, interpretando la “ratione ethica ed politica ratio” che vi rimetto la presente invitandovi ad una riflessione seria sui contenuti della stessa fornendo, nel contempo il proprio riscontro, nell’auspicio di poter registrare come dato fattuale, la convergenza sulla proposta di fusione dei Comuni del Mandamento nella Città del Baianese, al fine di dare origine ad una costituente in grado di orientare e guidare questo ineluttabile processo di cambiamento”