di Gianni Amodeo
“Benediciamo di tutto cuore il Direttore, gli Scrittori e quanti si cooperano pel culto di Santo Stefano e per l’opera di carità che si andrà a compiere”.
8 dicembre 1909. Agnello Vescovo di Nola.
“Il Signore benedica anche questa nuova forma di attività sacerdotale conforme all’indole del nostro tempo, perché cooperi ad ottenere quello che è lo scopo supremo e la ragion di essere del Sacerdote: la gloria di Dio e il bene delle anime”
Pontevico,31–VII.1924. Egisto Melchiori Vescovo di Nola
Sono le frasi-chiavi che spiccano nella striscia sottostante la testata “Il Primo Martire!”, il periodico mensile, in formato a4, con il riquadro della manchette di destra, su cui figura la riproduzione del calco della facciata del Santuario dedicato a Santo Stefano, con tre ingressi, secondo il prospetto frontale del progetto originario, e corrispondenti alle navate in cui è diviso lo spazio interno con funzionale ed ariosa modalità d’accoglienza, mentre, in realtà, gli ingressi sono due, in rispondenza della navata centrale e della torre campanaria. E il Santuario, consacrato al Levita, protomartire della Cristianità, è l’unico esempio di spazio architettonico distinto in tre navate nelle chiese del territorio dell’Unione intercomunale dell’Alto Clanio.
Pubblicato dalla Tipografia Rubino, a Nola, il periodico racconta in veste agile e con accurato linguaggio, le attività della comunità parrocchiale e della vita religiosa di cui è fulcro il Santuario, in cui si venera il Patrono cittadino, dando, nel contempo, informazione e conoscenza delle iniziative che si svolgono nel piccolo contesto locale -con popolazione di circa tremila abitanti-, specie per quelle di maggiore rilievo sociale. Un progetto editoriale, che scaturisce da idee chiare, calibrate sul valore della comunicazione intesa come testimonianza di civile carità e dedizione al prossimo, a cui si è costantemente ispirato il periodico, in linea con l’augurio di buon viatico firmato dal vescovo Agnello Renzullo, all’incirca un secolo fa, e ribadito dal suo successore, il vescovo Melchiorri.
E quella del presule Renzullo, è tra le figure più interessanti nella storia del clero di una delle più antiche diocesi della Cristianità, qual è quella nolana, per essere stato tra i maggiori e più attivi artefici della ricostruzione della Cattedrale consacrata a Santa Maria Assunta in Cielo, ch’era stata distrutta nell’incendio doloso nel 1861, alimentato per più giorni dal vasto apparato strutturale di materiali e suppellettili in legno della millenaria Basilica. Un intervento realizzato in stile neo-rinascimentale, con la cerimonia inaugurale celebrata il 15 maggio del 1909, in coincidenza il solenne rito della traslazione- dalla magnifica Basilica di San Bartolomeo nell’Isola tiberina, in Roma-, delle spoglie di San Paolino nella cripta della Cappella dedicata in Cattedrale. Un ritorno nella terra di cui era stato vescovo, per il Santo di Bourdeaux, uomo di carità che fece dono di tutti i suoi cospicui averi ai meno abbienti e bisognosi, tra i maggiori autori e poeti della Letteratura paleocristiana.
“Speciale” del febbraio del 1926. Santuario ed Ospedale: funzione religiosa e assistenza sanitaria
Nella ventennale serie di pubblicazioni del periodico, il marchio di “Speciale” va attribuito certamente alle quattro pagine che formano Il Protomartire! stampato nel febbraio del 1926 e largamente diffuso tra le comunità cittadine dell’intero territorio racchiuso tra la Valle munjanense e la Valle dell’Alto Clanio. E’ lo “Speciale”, con cui il parroco don Andrea Ferrara, approdato alla guida pastorale della comunità parrocchiale tra il 1906 e il 1907, annuncia in prima pagina la partenza per l’America, fissata per il 24 aprile successivo; e nella lunga traversata dell’Atlantico, sarà accompagnato da Pietro Mancini, “fedelissimo Zelatore di Santo Stefano”.
Alla notizia della partenza con riquadro in neretto, data in prima persona da don Andrea Ferrara, è connessa la Lettera ai fratelli emigrati in America, firmata dal direttore del periodico, il sacerdote Stefano Boccieri, che succederà proprio a don Andrea Ferrara, per l’esercizio delle funzioni di parroco, amante delle Belle lettere e di Buone letture. E’ il documento che spiega il valore sociale della missione, ma soprattutto rappresenta le qualità umane e civili di don Andrea Ferrara, oltre che il respiro culturale e i pregi dell’oratoria sacra. Di pari interesse, è l’articolo di Ferruccio Ferrara, fratello di don Andrea. Il testo, intitolato Buon viaggio, ripercorre l’impegno d’apostolato, la forza d’animo e lo spirito d’intraprendenza del parroco in partenza, diretto nella Baiano d’Oltre Oceano. Il sigillo della Lettera marca l’etimologia del cognome Ferrara ancorata alla locuzione latina Fides rara.
In sostanza, la missione di don Andrea Ferrara, grande animatore ed ispiratore delle attività, di cui il Santuario costituiva il cuore pulsante e il motore inesauribile, è mirata sulla raccolta di fondi tra i baianesi, che a cavallo dell’800 e del ‘900 hanno fatto parte del Grande e tormentato esodo degli italiani negli States; fondi destinati alla costruzione dell’ospedale, da intitolare al Protomartire della Cristianità su un suolo ch’è nelle immediate vicinanze del Santuario, concesso da un agiato possidente alla Chiesa parrocchiale con atto di donazione esclusiva per lo scopo. Una missione importante e ben accolta, quella condotta da don Ferrara e Pietro Mancini, tra i baianesi– migranti che in larga parte avevano già realizzato con duro lavoro e tanti sacrifici una “buona posizione sociale” venuta consolidandosi di generazione in generazione, con considerevoli e capillari propaggini nei nostri giorni in terra americana e che già inviavano regolarmente al Santuario le loro offerte in dollari per iniziative religiose e pro-Ospedale, rendendosi amorevoli e generosi benefattori della terra natia tanto improvvida e amara verso di loro. E Il Protomartire! ne fornisce contezza, pubblicando il relativo elenco con le generalità anagrafiche e l’entità economica.
Le offerte in dollari e lo stanziamento del Comune
Il progetto–Ospedale, in realtà, non coinvolge soltanto i baianesi– migranti del tempo, ma anche i residenti in loco, seppure con minori disponibilità economiche – la lira aveva un esiguo potere d’acquisto, depauperato com’era per le penose condizioni economiche in cui continuava a versare dopo il ‘18 lo Stato, con i macroscopici indebitamenti contratti in armamenti e altro per sostenere la Grande guerra …. Vinta. Sono indebitamenti- ricorrente vizio delle classi politiche e dirigenti del Bel Paese– interni ed esteri per oltre 90 miliardi di lire, generati da cinque prestiti nazionali, mentre l’ Inghilterra e gli Stati Uniti d’ America vantano crediti, rispettivamente, per 15 ed 8 miliardi. In realtà, il progetto–Ospedale coinvolge anche l’amministrazione comunale, retta dal commissario prefettizio pro tempore, il dottor Agostino Masi, farmacista, che provvede a stanziare, come riferisce Il Protomartire!, pubblicando la lettera che ne dà conto a don Andrea Ferrara.
Leggerla è utile, per inquadrare il clima sociale e politico del tempo. Eccola … “Con l’anima di fervente cattolico, pervasa dai grandi comandamenti del Partito nazionale fascista, vi partecipo di aver compiuto il mio dovere di amministratore fascista, inserendo nel bilancio comunale 1926 la somma di lire 3000 per l’erigendo ospedale Santo Stefano. Nel Dio che protegge la nostra Italia, assurta alla grandezza di Nazione armata e rispettata per sapienza e volere del nostro magnifico Duce Mussolini, ho fede che accoglierà sotto le sue ali benefiche anche questo nostro paese, sospinto per una via lunga, nuova e sempre più bella. Nel tendere verso voi, ministro della Cristianità, romanamente la mano, mi dico “ Vostro Agostino Masi\ Baiano, 10–11–1926. La risposta gratulatoria del parroco Ferrara all’ “Ill.mo cav. Agostino Masi, commissario prefettizio del Comune di Baiano, non si risparmia in enfasi. Eccone alcuni passaggi … “Esprimo gratitudine per la somma di L. 3000 da Vostra Signoria inserita nel bilancio del corr. anno a beneficio dell’erigendo Ospedale e più per i sentimenti con i quali si è degnato di accompagnarne la partecipazione. Evidentemente il Fascismo ha aperto una nuova era di progresso e di potenza per l’Italia. Con affetto di figlio e di Sacerdote guardo sicuro all’avvenire di questa bella Patria nostra; con orgoglio di fratello benedico il sangue dei nostri Martiri che l’ha resa più grande e temuta l’Italia non potrà mai morire, sino a che o dal suo seno abbondantemente proficuo nasceranno figli della tempra di Benito Mussolini…” Obb.mo Parr. Andrea Ferrara
Sono due documenti, che, al di là della specificità del contenuto, in filigrana fanno trasparire nella palese ed eccitata retorica pensieri e sentimenti di preparazione alla stipula dei Patti Lateranensi siglati l’11 febbraio del 1929, tra il Regno d’Italia e la Chiesa, ponendo fine alla cosiddetta Questione romana, con reciprocità di riconoscimenti per ruoli e funzioni, innescando la formazione dello Stato della Città del Vaticano, mentre alla religione cattolica è conferita la condizione assoluta e preminente di religione di Stato. In particolare, la Chiesa consegue con la Convenzione finanziaria importanti risorse economiche, a titolo di compensazione per tutte le leggi che ne hanno intaccato il patrimonio immobiliare. I Patti, in estrema sintesi, sono un abile incastro politico, con fruttuosi esiti immediati per le parti contraenti, mentre lo Stato nazionale si struttura come sostanziale diarchia che fa leva sulla Monarchia e sul Fascismo; ed è quest’ultimo ad esercitare il potere di governo nazionale con il regime autoritario e dittatoriale, incarnato e rappresentato da Mussolini.
Al netto dello scambio epistolare Masi–Ferrara, sul finire degli anni ’20 le risorse economiche, per aprire il cantiere dei lavori per l’ “erigendo Ospedale”, almeno in parte, sono disponibili. Il sogno di don Ferrara e Pietro Mancini, dei baianesi residenti al di qua e al di là dell’Atlantico prende forma. E si procede nelle opere previste per la graduale realizzazione del progetto nel piazzale donato, con l’ampia gradinata d’accesso laterale sulla destra dello “Stradone” che, a sua volta, immette sul sagrato del Santuario. E per l’arco degli anni ’30, pur negli stop and go che vive l’Italia per la guerra di conquista coloniale dell’Etiopia e quella di Spagna, a mo’ di preparazione al secondo conflitto mondiale, il cantiere è operoso ed attivo. Il rustico su piano rialzato con annesso scantinato per l’ Ospedale Santo Stefano è completato e si sviluppa per circa 300 metri quadrati, con annessi due piazzali di pertinenza, mentre il Santuario ha ampliato il suo assetto con la funzionale e spaziosa casa canonica. E’ una struttura che viene resa rapidamente agibile, bisognosa solo di essere completata per lo scopo programmato. Ma c’è la sorpresa dietro l’angolo, altro che completamento.
Sul finire del decennio, l’ idea–Ospedale evapora progressivamente, mentre don Andrea Ferrara ha già lasciato Baiano, per assumere importanti incarichi nella Curia diocesana, a Nola. La guerra ne fa rimuovere stranamente e addirittura l’idea, anche se quello che doveva essere l’ Ospedale Santo Stefano– ‘o Spitaletto nella vulgata popolare- fino agli anni ’50 sarà regolarmente abitato. Sta di fatto che la mancata costruzione e attivazione dell’ Ospedale permette agli eredi del donatore del suolo di riacquisirlo con la legittima procedura della retrocessione. Un recupero dei titoli di proprietà piena per il relativo esercizio, a cui farà seguito un’ampia lottizzazione edilizia negli anni ’60 e successivi nelle aree collinari di Gesù e Maria– appartenenti agli stessi eredi e ad altri proprietari- retrostanti il complesso del Santuario.
Che cosa sia avvenuto, per porre termine al progetto, non è dato di sapere in termini documentali e di atti verificati e verificabili. Di certo, la cappa del silenzio è calata pesante sulla “storia”, ch’era iniziata con … entusiasmo. Una ”storia” che aveva il pregio di esprimere una visione del contesto cittadino, da migliorare e far progredire con la funzione sociale che assolve un presidio sanitario di interesse pubblico e collettivo. Una visione di cui si erano fatti interprete don Ferrara e tanti baianesi emigrati e.. non.
Una visione che negli anni del primo Novecento pure hanno avuto e attuato altri baianesi con importanti attività di lavoro e impresa, come nell’intera area dell’ Unione intercomunale dell’Alto Clanio. Ma se ne parlerà- per sommi capi- in un’altra noterella.