Don Chisciotte, Marcela e la libertà al femminile, la cacciata dei Moriscos e la negazione della cultura animi, l’ironia nel gioco tra il reale e l’immaginazione.
di Gianni Amodeo
Cauta e progressiva ripresa nel segno del post– Coronavirus, con l’autunno ormai a metà del guado e ritornano i Forum socio- culturali de L’Incontro – l’ultimo della serie risale al 13 giugno scorso in Villa comunale, incentrato sulla correlazione stretta tra la Costituzione e le donne nell’architettura dello Stato repubblicano e della democrazia parlamentare, ed animato con interessante spessore di conoscenze e profondità di analisi da donne, attive sul territorio nelle professioni, nella Scuola, nella pubblica amministrazione e nelle attività d’impresa- con la finestra aperta sulla conoscenza dell’età e del mondo di Miguel de Cervantes, figura simbolica della cultura della Spagna Cinque- Seicentesca, ma anche uomo dalla tormentata e complicata biografia. Un prospetto biografico, nel quale risaltano, tanto per dire in prima battuta, non solo i chiaroscuri sulla condizione di “ebreo converso” d’ascendenza e scelta familiare – ovvero convertito alla professione della fede cattolica – ma si leggono anche e soprattutto le trame di fatti ed eventi i più disparati e contrastanti tra loro, come le esperienze vissute da intrepido soldato, ingaggiato da Compagnie di ventura in Italia che, com’è noto, andavano per la maggiore, guerreggiando in tutt’Europa, insieme con quelle della Germania alemanna, e da prode uomo d’armi, con particolare risalto per l’esperienza che consumò nel 1571 su una delle super potenti duecento galere della flotta della Lega Santa che nella acque di Lepanto, al largo del Golfo di Patrasso, diede scacco alla flotta turca, che pure schierava altrettante e super fortificate duecento galere, frenando l’espansione dell’Impero ottomano nel Mediterraneo e verso l’Europa. E a Lepanto garrirono i vessilli della riaffermazione del ruolo egemone della Cristianità – intesa come espressione ed esercizio del potere geopolitico del sistema feudale delle monarchie assolutiste dell’epoca, strettamente correlate e interagenti con il temporalismo assolutista del Papato – ovviamente, distinto dai principi dei valori e di fede del Cristianesimo, ancorati al Vangelo.
Senza dire delle spinose vicende amorose in cui restò invischiato, della dura prigionia a cui fu sottoposto ad Algeri, essendo stato catturato dai pirati che pretendevano un pesante riscatto per restituirgli la libertà, del ruolo che svolse per il governo di Filippo II come implacabile esattore delle tasse e provvedendo di persona alla requisizione dei beni e del grano dei contadini inadempienti, finendo, però, in carcere per peculato e appropriazione del denaro pubblico per i frequenti problemi economici in cui si aggrovigliava con inguaribile sprovvedutezza. Sono vicissitudini che paiono trascolorarsi nell’ intensa finzione – l’ironia, l’eironeìa – e nelle emozionante affabulazione delle avventure di cui rende straordinario protagonista Don Chisciotte della Mancha.
Posto in questa luce, dalla filigrana del racconto del Don Chisciotte, l’hidalgo per antonomasia, è possibile delineare a tratti meglio definiti la visione del mondo, in cui si riconosce Miguel de Cervantes Saavetra, testimone-faro del disfacimento dell’età della cavalleria e dell’avvento della modernità, segnata dalla scoperta dell’ America e dai grandi fervori con cui si dilatano gli orizzonti dell’Umanesimo rinascimentale, veicolato e alimentato dai nuovi paradigmi di Scienza, Filosofia ed Arte. In realtà, quello abbozzato, è il quadro di contesto storico-culturale, in cui si colloca Miguel de Cervantes Saavetra, che per l’originalità d’ispirazione e di racconto penetra e rappresenta nel romanzo del Cavaliere errante come nei testi teatrali le mille pieghe e contraddizioni dell’anima della Spagna del suo tempo, diventato vero e proprio Impero, potenza dominatrice di un Emisfero del Nuovo mondo d’Oltre Oceano, debordante di metalli preziosi e di ricchezze spropositate sottratte ai popoli dominati e schiavizzati … Una forza evocativa e di testimonianza narrante, per la quale figura tra gli scrittori più rappresentativi della Letteratura mondiale, nelle cui caselle si annoverano le opere, in grado di travalicare tempi ed epoche per i valori, i sentimenti, i pensieri narrati che vivono nelle coscienze aperte e libere di donne e uomini, per riconoscersi nell’universalità delle idealità di pace, progresso e giustizia con cui l’umanità si evolve e migliora se stessa.
Marcela, il controcanto alla donna angelicata
La cacciata dei Moriscos e la negazione della cultura animi
Su queste linee di puro intento divulgativo, varcando il ristretto e angusto perimetro che racchiude vaghi ricordi e slabbrate reminiscenze di generica natura scolastica, nei locali de L’Incontro e con l’introduzione di Carlo Melissa si è dipanata la Conversazione condotta con la consueta spigliatezza dalla dott.ssa Giusy De Laurentiis -complimenti e congratulazioni per il superamento del concorso ministeriale e la nomina di Dirigente dei servizi generali e amministrativi nell’Istituto comprensivo Europa Unita, ad Afragola– con il professore Antonio Caccavale, autore dell’originale riduzione, realizzata con la personale e meticolosa traduzione dallo spagnolo del celebre romanzo Don Chisciotte della Mancha. Una riduzione ben strutturata, con esaurienti schede di sintesi per i capitoli non riportati integralmente, e corredata da un organico e puntuale apparato di note storiche e integrazioni informative, pubblicata per il sito Il MIO LIBRO e stampata da Gedi, Gruppo editoriale S.p.A. Una Conversazione ravvivata e arricchita dall’incisiva ed efficace Teatralizzazione di episodi significativi del capolavoro di Miguel de Cervantes Saavetra, affidata alla calda e appassionata Lettura di giovani interpreti e attori- Jessica Anna Festa e Luca Coppola– poco più che ventenni, con formazione culturale e recitativa di qualità acquisita nei Corsi d’Accademia frequentati a Roma, già protagonisti di importanti performance in spettacoli e monologhi sui palcoscenici di varie città e attivamente impegnati nella sperimentazione di campo che realizzano da docenti nei Laboratori di ProTeatro di piazza IV Novembre, frequentati da ragazze e ragazzi in crescente partecipazione e numero. Una realtà- va evidenziato- quella di ProTeatro, che costituisce un bel presidio di socialità e di animazione culturale per i tanti giovani che vivono la passione di “andare in scena”.
Riprendendo il filo del Forum, tanti e vari i punti focali marcati nella Conversazione, tra cui spiccano Marcela, la bella pastora, e la cacciata–espulsione dei Moriscos, ch’erano gli arabi \ musulmani – costretti a convertirsi al cristianesimo- insediati in terra di Spagna da varie generazioni, portatori di civiltà con la loro cultura matematica e scientifica e la fervida operosità di agricoltori e artigiani di grande rango.
Marcela ama la natura e sfoggia una bellezza straordinaria. Di famiglia benestante, compie la scelta della vita, per la quale diventa – ed è- la pastora che predilige vivere con le sue greggi, tra i pascoli di pianura e montani. Ama la libertà e le decisioni personali, non per capricci provvisori e permalosità umorale, affrancandosi – con lucidità razionale e vivacità intellettiva- dalle regole e principi peculiari del patriarcato e soprattutto dalle logiche di calcolo e d’interesse economico,di prestigio e potere, che a quelle regole e principi presiedono. E il discorso che Miguel de Cervantes Saavetra fa sviluppare a Marcela nel XII, XIII e XIV capitolo del romanzo è un esempio di autodeterminazione che incontra analogie e sintonie con la visione e il pensiero di Simone De Beauvoir, tra le pensatrici più interessanti dell’Esistenzialismo contemporaneo e assertrice della libertà al femminile. Ma al di là delle analogie e sintonie con la pensatrice francese, in Marcela e nel suo stile di vita è possibile identificare tout-court il controcanto alla donna–Madonna e, se si vuole in particolare, alla donna angelicata d’impronta medievale,quale si ritrova nella poesia stilnovista e in Dante.
Marcela nel ”ragionamento” con se stessa pone una questione di mentalità che si farà largo gradualmente nel corso dei secoli; questione di mentalità e di cultura sociale, la cui risoluzione- per la cosiddetta parità ed equilibrio di genere- sui versanti delle Carte costituzionali e delle legislazioni nel mondo occidentale si comincerà a definire, in genere, negli anni del Secondo dopo–guerra mondiale,
La cacciata-espulsione dei Moriscos è la decisione della Corte di Madrid e di Filippo II. E la decisione che matura e viene eseguita con dirompente aggressività, nel convincimento politico, per il quale i Moriscos sono sempre vincolati alle loro origini e, come tali, non sono spagnoli né fedeli né affidabili. Una condizione che li rende potenziali nemici sul territorio iberico, mentre l’espansionismo dei turchi dell’ Impero ottomano è incalzante negli anni convulsi di Filippo II. E sul punto, la posizione di Miguel de Cervantes Saavetra è di cristallino discernimento; può essere considerata ammissibile e praticabile, la cacciata-espulsione dei Moriscos, sembra dire e semplificando, se si fa valere la cosiddetta ragion di Stato. Ma l’autore del Don Chisciotte guarda anche lontano, anzi vicino, molto vicino. E’ la contiguità stretta che lo rapporta allo spirito cristiano, che si fa -ed è- atteggiamento etico e morale, per il quale tutti gli esseri umani, senza alcuna distinzione, fanno parte della comunità umana universale. Ed allora la cacciata-espulsione dei Moriscos né la guerra annunciata con l’Impero ottomano, né tutte le altre guerre prossime e future non hanno ragione d’essere. Considerata con buon senso comune, la vicenda dei Moriscos dice non poche cose anche all’uomo dei nostri giorni.
Di certo, una Conversazione stimolante, inframmezzata dalle spigolature di Pasquale Gaglione, Franco Scotto e di chi scrive queste righe. Sono spigolature, che fanno incontrare la follia con la creatività artistica, o il nesso tra ironia e intelligenza acuta- basti considerare la cura e l’interesse di Luigi Pirandello, insignito del Premio Nobel per la Letteratura, proprio verso l’opera di Miguel de Cervantes Saavetra -; o anche il gradevole poetare del “Bel sì” in ottave di Ludovico Ariosto, che spedisce il duca Astolfo sulla Luna in groppa all’Ippogrifo -e gli farà compagnia San Giovanni l’Evangelista– per recuperare il senno perduto di Orlando, il Paladino di Carlo Magno, impazzito d’amore ed ormai irriconoscibile, che, tuttavia, porta via con sé e la propria pazzia d’amore un mondo e un’epoca coi propri valori, appunto quella della cavalleria. E il buon Astolfo trova sulla Luna l’ampolla che contiene l’intelligenza perduta del Paladino, ma, con somma sorpresa, incontra, si fa per dire, l’infinito mare di tanti altri senni smarriti, metafora degli esseri umani che in Terra si perdono tra sogni e desideri impossibili, incappando nelle gabbie dei narcisismi e nelle deteriori paranoie.
E’ lo smarrimento che il sorriso del disincanto fa evaporare e dissolve. Sempre.