di Gianni Amodeo – Fotoservizio di Francesco Barlotti
Mito e realtà, nello scenario del Mediterraneo, l’ondivaga distesa d’acqua che da sempre vive e si anima dei multiformi e mutevoli intrecci fatti lievitare da storie e culture di popoli diversi, connettendo, al contempo, le terre d’ Europa, dell’ Africa del Nord e dell’Asia occidentale, per infilarsi nell’Atlantico con le rotte che fanno approdare in America. Ed è il Mediterraneo che per i romani delle quadrate legioni e delle spavalde flotte di guerra identificava il Mare nostrum, simbolo e testimonial di egemonia e sovranità massima coincise con l’avvento del principato di Cesare Ottaviano Augusto, mentre per i turchi altro non è che il Mare bianco, per gli ebrei il Mare grande e per gli arabi il Mare romano, nel segno di quella variabilità onomastica ch’è specchio della relatività delle poliedriche sfaccettature, con cui si riveste- e si legge- il divenire della storia umana, delle comunità e dei territori, nelle perenni oscillazioni tra le rapide fasi di fastosa ed esaltante ascesa e le repentine fasi di malinconico e annichilente declino.
Il mito e la realtà sulle vie del Mediterraneo hanno fatto da chiave introduttiva del Forum, svoltosi nei locali del Circolo “L’Incontro” ed incentrato sulle complesse e drammatiche problematiche delle migrazioni dei nostri giorni, analizzate, lette e viste alla luce dell’art.10 della Costituzione e della Dichiarazione universale dei diritti umani, squadernandone le risposte di solidarietà e di integrazione umanitaria che prospettano sui versanti della cultura e dell’etica dell’inclusione attiva; Forum animato dall’on. le Gianfranco Nappi – sinceri e schietti auguri per il sessantesimo compleanno- già parlamentare per tre legislature in rappresentanza prima del Pci e poi di Democrazia proletaria e Rifondazione comunista, nonché assessore all’agricoltura della Regione–Campania nella Giunta presieduta dall’on.le Antonio Bassolino nel quinquennio 2005\2010, saggista e attualmente impegnato nella realizzazione dell’importante progetto editoriale che si lega alla rivista bimestrale, autentico e interessante laboratorio di pensieri di libertà, che s’intitola Infiniti Mondi, evocando le idealità e il pensiero di Giordano Bruno.
Enea e i Troiani, i migranti del mito e i migranti reali dell’Africa – La nobiltà politica del discorso di Didone e il nostro tempo
Enea e i Troiani in fuga da Ilio – città dell’Asia minore– ormai logorata e esausta per il lungo assedio patito per opera degli Achei e distrutta dall’incendio, frutto dello stratagemma di Ulisse, altro non sono che i precursori dei migranti in carne e ossa che fuggono – oggi- dalle ingrate terre dell’Africa sub–sahariana, guardando all’ Europa comunitaria, Terra di speranza e di nuova vita degna di essere vissuta, con primo approdo l’Italia, l’ Esperia dei tempi lontani. Il racconto di leggenda che vive nell’Eneide della sublime poesia di Virgilio – con un salto di due mila anni- si riverbera e traspone nelle cronache di radio, televisive e giornali che si rincorrono nell’attualità, seguendo i precari e insicuri “barconi” pieni di aneliti umani sulle rotte del Mediterraneo, con scene di infinita tristezza e anche tragedie di morte di umanità svilita e negata, a fronte di egoismi e di chiusure particolaristiche proprio dell’ Europa comunitaria, l’agognata Terra di speranza; egoismi e chiusure particolaristiche che denotano l’inadeguatezza di organiche e condivise politiche di accoglienza inclusiva dei flussi migratori, che costituiscono una vera e propria crisi umanitaria destinata ad acuirsi e a propagarsi, se non si attuano scelte di reale e diffusa solidarietà nel quadro concreta e sostanziale della cooperazione internazionale.
Sono le scelte che si ritrovano- nella loro essenzialità- nel discorso di alta nobiltà politica e sano pragmatismo sociale che Virgilio fa pronunciare a Didone, regina di Cartagine in terra di Libia ; discorso, con il quale assicura ai troiani, che invocano aiuto e soccorso, dignità di vita e parità integrale con i cartaginesi. E’ il discorso che rappresenta l’umana e generosa risposta alle oneste parole del saggio Ilioneo.” Noi siamo troiani portati in tutti i mari dai venti\ Non siamo venuti a saccheggiare con l’arma i penati \ libici, o portare sui lidi le prede rubate;\ il cuore non (ha) quella forza né i vinti così tanta superbia …..” Sono parole- quelle di Ilioneo– che plasticamente costituiscono l’identikit dei migranti dei nostri giorni, che inermi e indifesi, deboli e affamati, non possono recare offesa alcuna né immaginarla o pensarla. Vogliono solo vivere, con il lavoro; e spesso, invece, si ritrovano – per l’assenza applicativa di leggi che pure esistono- sfruttati nei campi di raccolta di ortaggi e frutta nelle terre di Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, facendo arricchire imprenditori inumani e disonesti, grazie all’uso della violenza dei “caporali” del malaffare.
La civiltà del discorso di Didone, che ben conosceva la condizione di profuga dal Libano, avendo dovuto abbandonare il regno di Tiro, reso ormai inospitale dalla presenza del superbo fratello Pigmalione che le aveva fatto uccidere il marito Sicheo, è la civiltà umanitaria- sottolineava Gianfranco Nappi– che si legge nell’art.10 della Costituzione, testimonianza della sensibilità e dei forti valori culturali ed etici dei “Padri costituenti”; sensibilità e valori ravvivati dagli orizzonti dei saperi e delle conoscenze di cui erano portatori.
Importanti i riferimenti agli ideali umanitari di Seneca e all’operosa carità di Francesco d’Assisi –in antitesi a tutte le forme di temporalismo ecclesiastico- la cui lezione si ritrova nell’azione di Papa Francesco per il “ritorno al principio” ancorato alla pratica dei valori del Vangelo; erano riferimenti arricchiti dalle riflessioni sulla significativa produzione saggistica di Raniero La Valle orientata sull’attualizzazione della visione spirituale e di fervida moralità testimoniate dall’ Assisiate. Utili e incisivi gli spunti di analisi che Nappi riservava alle contraddizioni e alle negatività della globalizzazione e internazionalizzazione dei mercati, della finanziarizzazione dell’economia, delle crescenti diseguaglianze sociali e dei cambiamenti climatici; uno scenario, quello che caratterizza il XXI secolo, che suscita inquietudini e che richiede una diversa configurazione del sistema–mondo per una società più umana e giusta.
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