di Gianni Amodeo- Fotogallery di Francesco A. Barlotti
Un ricco filmato d’intensa espressività coloristica, scandito da suggestive e coinvolgenti sonorità per un montaggio di immagini in perfetta sincronia di ritmi vivi ed incalzanti, per raccontare l’arte pittorica di Fernando Masi che – va ricordato- per i genitori e i famigliari come per gli stretti amici di comune e lontana generazione millennial è stato anche e sempre Tonino, dizione onomastica intesa e vissuta, quale atto di venerazione e culto verso Sant’Antonio di Padova, morto nella città veneta nel 1231 ed era nato in terra portoghese nel 1195 a Lisbona, dov’era stato battezzato con il nome di Fernando di nobili ascendenze familiari, risalenti a Goffredo di Buglione, artefice della Prima crociata cristiana; nome che Fernando cambiò in Antonio, con l’ingresso nell’Ordine dei Frati Minori di Francesco d’Assisi.
E’ il collage articolato in rapidi e compositi fraseggi, autentico ed utile saggio, in grado di fornire le chiavi ispiratrici delle tematiche della vasta produzione artistica di Tonino \ Fernando, sui versanti delle plastiche stilizzazioni del realismo figurativo ch’è la cifra del suo linguaggio, sia nel rappresentare le anime delle periferie e degli ambienti rurali, dei paesaggi marini e boscosi, sia nel rivivere, con le tonalità dei colori vivi e vitali, scene di scioperi politici e sindacali, con cui lavoratrici e lavoratori, braccianti e contadini tra gli anni ’50 e ’60 rivendicavano ed affermavano i valori dell’emancipazione sociale e dell’ampliamento degli spazi della democrazia, sia nel narrare le tradizioni popolari e popolaresche delle comunità cittadine. E senza dire degli squarci dedicati alla composizione dei Murales parlanti e realizzati in quartieri urbani e borghi, armeggiando con arditezza sui ponteggi e, al contempo, con quella spedita disinvoltura che gli derivava dalla consuetudine con le escursioni in alta quota e la passione per le scalate più avventurose e spericolate che era solito affrontare con il quasi coetaneo, Franco Russo – medico di grande spessore sociale ed umano, naturalista e ambientalista di grande rango, a lungo in servizio nelle strutture ospedaliere del Santa Maria della Pietà, a Nola-, che ci ha lasciati oltre dieci anni fa.
Una ben strutturata proiezione filmica, proposta nei locali de L’Incontro e salutata al The end dal commosso battere di mani, che, rendendo onore alla memoria di Tonino \ Fernando scomparso appena qualche giorno prima, ha fatto da prologo, al Forum dedicato alle valenze sociali e culturali della straordinaria Collezione di foto che raccontano aspetti e profili della prima guerra mondiale, provenienti da disparate fonti ufficiali britanniche, francesi, egiziane, italiane e via seguendo. Ed è la Collezione, che costituisce una delle componenti più attrattive e interessanti del Museo territoriale d’Irpinia, allestito negli spazi dedicati, connessi con l’azienda operativa nell’ Area di sviluppo industriale di Pianodardine, ad Avellino, “creata” da Pantaleone Dentice, imprenditore ingegnoso e lungimirante, “ fattosi da sé e con il proprio lavoro”; un complesso tra i più importanti in ambito regionale e nazionale, che utilizza tecnologie avanzate e sostenibili per la tenuta ambientale, specializzato nel trattamento, riciclo e riuso dei materiali delle attività produttive industriali, in funzione dell’ economia circolare.
Protagonista del Forum, inserito nelle iniziative del sodalizio di via Luigi Napolitano nell’agenda Per conoscere, proprio l’imprenditore irpino, che fin da bambino- ultimo di sette tra fratelli e sorelle- s’è ingegnato a fare ‘O cartunaro, raccogliendo, di paese in paese della corona avellinese, “carta e cartoni”. Un Forum, mirato ad illustrare il progetto del Museo che si arricchisce di materiali e testimonianze sempre nuove e, più ancora, per focalizzare il senso della Collezione, mentre scorreva la proiezione delle foto, commentandone il significato e il catalogo illustrativo, in conversazione con chi scrive queste note. Foto che nella loro singolarità si dischiudono a ventaglio su storie minime, che generano, tuttavia, tante filiere narrative a se stanti, spesso misconosciute o scarsamente considerate nell’ufficialità della storia corrente e più diffusa nei testi scolastici e nei circuiti mediatici. E che, ricondotte ad un quadro d’insieme, favoriscono meglio la comprensione dei fatti.
Filiere di storia per leggere il presente
E’ la filiera di scena che si apre, a titolo di semplificazione, con la foto del fronte aperto in Mesopotamia dalle truppe della Gran Bretagna per il controllo strategico dei “territori e mari” con il “tesoro dell’oro nero”, la fonte della grande ricchezza economica e finanziaria del nostro tempo, ch’è anche il preannuncio di quella Guerra per l’energia da combustibile fossile che attraversa il primo ‘ 900, in cui competeranno le “Sette sorelle” e che prosegue con tanti attori e soggetti, oltre le “Sette sorelle” per quello che sono state; o la foto dell’ospedale da campo, montato su un grande autocarro, con dotazione di farmaci e attrezzature che, tanto per dire, a nulla serviranno per impedire devastanti amputazioni e mutilazioni per i soldati colpiti da schegge di granata, con ferite che andavano rapidamente in cancrena e setticemia o contagiate da tentano per la scarsa igiene sia degli attrezzi sanitari usati dai medici stessi che di luoghi e ambienti di primo soccorso; o la foto della preparazione in medio – Oriente dell’ Amara Silversmith, che per tasso alcolico equivale al cognac, al cordiale, alla grappa, al vino, le cui dosi erano fornite e rese più abbondanti quasi a sostegno euforizzante ogni qual volta le truppe erano spedite all’assalto delle trincee e delle truppe nemiche; o la foto scattata sul fronte occidentale in Francia che rappresenta i soldati inglesi davanti alla Libreria mobile, in attesa di restituire i libri letti.
Punto speciale per la carica emotiva suscitata nel Forum, era dato dalla lettura delle pagine del Diario di Guglielmo Sabelli, maggiore del Regio Esercito Italiano e magistrato impegnato nelle Corti di giustizia operanti sui fronti di guerra per l’osservanza del Codice militare; Corti chiamate a giudicare giovani soldati gravati dalle pesanti accuse di diserzione o d’indisciplina. E i verdetti erano sempre di morte inesorabili, per dare nettezza d’esempio e impedire l’impennarsi e i fermenti dell’anarchia, come recitava e voleva il costume militare della fredda disciplina, ch’era- ed è- spesso esercizio del potere per il potere. Erano pagine lette con partecipe commozione di mente e sentimento da Giusy De Laurentiis, coinvolgendo in pieno l’uditorio; pagine su cui si soffermava Pantaleone Dentice, per porre in risalto lo spirito del dovere verso lo Stato, adempiuto ed assolto dal magistrato- Sabelli, in dissidio dalla coscienza dell’uomo e del cittadino-Sabelli rispetto ai verdetti imposti dal Codice militare.
Erano i dissidi interiori vissuti da Sabelli, che rappresentavano per Giusy De Laurentiis l’essenza più rilevante del Diario – risale al 1916– per l’asciuttezza dello stile e la descrizione sofferta delle fucilazioni eseguite sul far dell’alba nel giro di 24 ore dalla pronuncia delle sentenze alla pena capitale. Una rivisitazione, quella prospettato da De Laurentiis, sull’antagonismo tra ragion di Stato e i suoi vincoli, e la dimensione dell’umanità che afferma il primato della vita.
E va ricordato, per dettaglio di cronaca, che su coloro che furono giustiziati negli anni della Grande guerra secondo i verdetti delle Corti militari, grava ancora l’accusa di disertori. E nel Convegno di studio, svoltosi a Rovereto il 4–5 maggio del 2015, in ricorrenza del centenario dell’ingresso in guerra dell’ Italia, è stato lanciato l’appello alla riabilitazione dei giustiziati sui fronti di battaglia. E sono tutte da leggere le relazioni del Convegno, con filo conduttore le nitide ed acute riflessioni di Sergio Mattarella, presidente della Repubblica italiana.