E’ medico ben stimato per le qualità professionali e ben voluto per la caratura della sensibilità sociale, Andrea Bellofatto, in servizio nel Distretto sanitario territoriale di via Nazionale delle Puglie che afferisce all’Asl Avellino per i Comuni sia dell’Unione del Baianese e dell’Alto Clanio che del Vallo di Lauro. E nei riverberi multicolori del caleidoscopio della memoria personale di ragazzo, studente del Liceo “Carducci” di Nola, prima, e di giovane universitario della Federico II e professionista, poi, rivisita momenti di vita vissuti nei treni della Circumvesuviana sulla tratta della Napoli–Nola–Baiano. Un pezzo di vita ritrovato eUno spaccato di realtà civile e umana che si lega ad un’infrastruttura ch’è stata- ed è- fattore di civiltà e di cultura delle relazioni sociali ed economiche dei territori. Una storia che vive da oltre 130 anni. E che Andrea amante delle buone letture ripercorre con acutezza e forte spirito d’osservazione.
Andrea Bellofatto
La Storia della Ferrovia Circumvesuviana raccontata da Gianni Amodeo, a me del tutto ignota, è interessante; ancor più quella della società belga che realizzò la tratta ferroviaria e la storia in divenire raccordata agli eventi di quell’epoca. E uno studio della Storia d’Italia congegnato alla stessa maniera con cui Gianni Amodeo ha tracciato la Storia della Circumvesuviana, sarebbe più proficuo e più formativo, consentendoci di leggere gli eventi a noi più prossimi e conoscere più a fondo la realtà in cui viviamo.
Leggendo il pezzo giornalistico di taglio rigorosamente cronachistico, ho provato una emozione quasi simile a quella che ci prende quando sfogliamo un album di famiglia, ritrovando immagini di avi sconosciuti o solamente nominati nei racconti dei nonni o dei genitori, scoprendone azioni gloriose, pregi da emulare o difetti caricaturali. Alla stessa maniera la sensazione che questa Ferrovia, in qualche modo, mi appartiene, ci appartiene. Sarà pure perché mio padre era un ferroviere delle Ferrovie dello Stato e, ancora oggi, tutto quanto è Ferrovia mi emoziona.
L’onesto popolo della Circum: operai, studenti, artigiani, lavoratrici
Il rom Lisandro, personaggio degno della vigorosa penna di Marquez
Il primo ricordo affioratomi è stato proprio quello delle attese sul muretto della stazione di Baiano del treno che riportava a casa mio padre, di ritorno dal lavoro, da Napoli: la trepidazione per l’attesa montava in gioia all’apparire, dall’ultima curva della strada ferrata di quel treno dalla “livrea bicolore in bianco\avorio e rosso\granata ” che, con lo stridio dei freni accostava i respingenti posti alla fine dei binari ,terminando la corsa con un respiro fischiante, quasi di sollievo, per la fatica sopportata durante il percorso. Dal treno emergeva un popolo variegato: gli operai – con quelle borse in finta pelle segnate dal tempo e dall’uso- provenienti dai vari stabilimenti industriali o da piccoli opifici napoletani; gli studenti delle scuole superiori di Nola, Marigliano e persino Napoli ( non erano pochi quelli che frequentavano i rinomati Istituti tecnici industriali di Pomigliano d’Arco o quelli di corso Malta, nel quartiere di Poggioreale, a Napoli, come il “Fermi”, il “Leonardo da Vinci”, l’”Alessandro Volta”; i nostri artigiani che solevano rifornirsi di materiale da lavorare nei mercati nolani o napoletani; le donne appesantite dalle borse della spesa piene di stoffe, pizzi e merletti comprati al mercato del Carmine; dal treno scendevano anche i rom che si spostavano dal campo di Nola per vendere i loro manufatti in ferro forgiato o per elemosinare; tra questi ultimi ,ricordo in particolare “Lisandro” , dai baffi folti e fluenti che portava in spalla una caratteristica gerla conica agganciata ad un attrezzo simile ad una falce; un ‘icona da “Cent’anni di solitudine” di Gabo Marquez, tra maggiori autori della letteratura mondiale contemporanea.
A ben ricordare, quello era il popolo dei lavoratori e delle persone oneste che sopportavano la fatica del trasferimento tramite il treno dai nostri Paesini alla Città di Napoli e dintorni, oltre a quella del lavoro che svolgevano; la gente semplice che era da contrapporre a quelli dediti – come afferma Amodeo– a speculazioni, ladrocini “legalizzati” malaffare, e cose simili.
Quasi come indotto economico, si sviluppò intorno alla stazione di Baiano un efficiente “ sistema di trasporto locale“, fatto di carrozze con cavalli e-successivamente – da Apecar che fungevano da mezzi di trasferimento dalla stazione alle cittadine di Mugnano ( anche i commercianti di Mugnano usavano spesso il treno per motivi di lavoro), Sirignano, Quadrelle: ricordo a malapena i soprannomi di quei tassisti ante-litteram ( Pal e’ fierr, Baccalà) che, applicando tariffe minime ,completavano il sistema di trasporto locale della gente in movimento , rispettando puntualmente le coincidenze con gli orari di partenza e di arrivo dei treni.
La laboriosa “manovra” nella stazione di via Marconi
A differenza dei moderni convogli, quelli antichi erano provvisti di motrice e di carrozze: nella stazione di Baiano si svolgeva ,al termine di ogni corsa la “manovra” che consentiva di invertire la posizione della motrice ,rimettendola alla testa del treno in partenza; ricordo il piacere e la curiosità che avevo da ragazzo a guardare quello spettacolo: il manovratore, con le mani guarnite di guantoni sganciava la motrice, vi si appendeva ,guidava il macchinista oltre lo scambio dei binari , scendeva dal predellino, movimentava il deviatoio tramite una pesante leva manuale, rimontava sul predellino con il treno in movimento, riposizionandolo in partenza: di tutta questa scena ,il brivido mi correva sulla pelle, quando il manovratore saltava su e giù dal treno in movimento correndo il serio rischio di cadere sotto la motrice. I manovratori della stazione di Baiano, all’epoca erano Felice Mercogliano e Gigino Onofrietti. Indimenticabile ,poi, il capostazione Arcangelo Napolitano, super-tifoso del Napoli, la cui storia è gemellata con quella del super- Baiano povero e bello, protagonista del calcio dilettantistico della Campania nel tempo che è stato.
Da studente sono stato un viaggiatore assiduo della “Vesuviana”: ricordo ancora le carrozze con i sediolini di legno in seconda classe- popolare- e quelli imbottiti in pelle di prima classe- dei benestanti- ( una distinzione successivamente abolita quale effetto corollario della “lotta di classe”?): dovrei essere uno scrittore, per narrare la “vita” che si muoveva in quelle carrozze in movimento ed avere il coraggio di pubblicare le mie emozioni adolescenziali; i sediolini da due occupanti, disposti uno di fronte all’altro favorivano gli incontri , il dialogo a quattro, gli approcci con le ragazze e, nei convogli mattutini, accanite partite di tressette a quattro tra operai.
Tra noi studenti, spesso vi erano degli ” scambi culturali” intensi (leggi: si copiavano le versioni di Latino e Greco che non avevamo completato e/o capito piuttosto che gli esercizi di Matematica e di Geometria); si parlava di calcio, politica e di ragazze; talora si faceva anche a botte con gli amici. La “Vesuviana” ci permetteva anche rare e fugaci sortite alla pizzeria di “Bartuluccio” a Cicciano, allora celebrato chef del “Purpo int’o pignatiello” di “pizze alla napoletana” di gran gusto.
La scioperomania e il trasporto pubblico penalizzato
La “Vesuviana” degradata e i sindacati allo sbando
Con il passare degli anni ho assistito a quel degrado descritto da Gianni Amodeo cui contribuì non poco la sindacalizzazione selvaggia e strumentale, del personale dell’Ente oltreché la gestione malaccorta dei dirigenti. Gli scioperi (che all’epoca non tenevano conto delle “fasce garantite”) a causa delle modalità con cui venivano proclamati, finivano per essere delle provocazioni esasperanti nei confronti degli utenti. Le vecchie carrozze, in caso di affollamenti, erano occupate all’inverosimile; a volte si viaggiava persino sui predellini. Nella fase di ammodernamento, quando furono introdotti i treni nuovi, ricordo che, anche se per breve periodo, si ridusse il tempo di percorrenza per Napoli.
Poi, ci fu il terremoto: furono messe in opera modifiche strutturali alle stazioni , a volte inutili ( forse qualcuno ci lucrava?), molte inspiegabilmente demolite.
Si ridussero le corse. Fu ridotto il personale addetto ai controlli. A volte, a causa dell’insofferenza dovuta ai disservizi, alle persone che pure viaggiavano in treno, diagnosticavo una malattia del tutto sconosciuta nei Trattati di medicina: si tratta della … VESUVIANITE.
Poi una ripresa con la doppia linea di binari da Brusciano. Della doppia linea tra Nola e Baiano si parlò a lungo e , mentre si parlava,sorgevano case a ridosso dei binari : troppo spazio tolto alla possibile innovazione. Ho recentemente sentito parlare di possibile abolizione della tratta tra Nola e Baiano: credo e spero sia una falsa notizia.
Il treno dovrà essere visto in una prospettiva ampia di riduzione dell’uso dell’auto, di possibilità di contatto con la Metropoli partenopea, di intersecazioni con il sistema di trasporto regionale:ciò richiederà un impegno anche e soprattutto degli amministratori locali che siano capaci di guardare oltre i perimetri dei rispettivi minimi orticelli. Non sarebbe disdicevole che sentissimo tutti che la Circum è nostra quale patrimonio storico-sociale e culturale.