di Gianni Amodeo
Di certo non umano, ma, di sicuro, esemplare testimonianza di smisurato affetto e incomparabile fedeltà. E per me viene spontaneo – chiedo scusa per il riferimento privato e confidenzialmente personale- quasi liberatorio e consolatorio, pur nella tristezza che mi assedia e alberga nella mente e nel cuore, scrivere in pubblico di Coccolino, il piccolo trovatello meticcio, che per oltre una giornata e mezza ha vegliato senza concedersi alcuna pausa o distrazione su mia sorella, Agnesina, che giaceva nella bara scoperta al centro della camera ardente, allestita in un baleno in casa con mobili e provvisori separé, sul far del mattino di giovedì 15 marzo.
Un allestimento, curato dagli operosi addetti, quasi fossero emuli, per la rapidità dell’agire ch’è dettata dalla delicatezza del loro lavoro, di Atropo, la più inflessibile e inesorabile delle tre Moire che spiccano tra le tante figure divine, semi divine e para divine , da cui è affollata la variegata e fastosa architettura della Mitologia greca raccontata nel Grande poema della Teogonia di Esiodo; quell’ Atropo interamente dedita a tagliare lo stame della vita filato dalla laborioso e paziente Cloto, seguendo il cammino del Fato assegnato dall’imperturbata e imperturbabile Làchesi, nei gironi dell’al di là nei cui tornanti si rincorrono i destini imperscrutabili dall’umana possibilità di cognizione. Una veglia- durata fino al pomeriggio di venerdì, 16 marzo- che Coccolino ha vissuto, standosene docile, com’è sua abitudine, accucciato sul tappeto sottostante ai supporti con le colonne di lampade che illuminavano sia il sereno volto di Agnesina, con i grigi capelli in tenue ri-crescita dopo i più recenti e tormentati trattamenti di chemioterapia, distesa nella bara velata, sia la bronzea asta con la plastica raffigurazione di Gesù in croce.
E’ una storia speciale, molto simile e pari a tante altre infinite del genere, quella di Coccolino, bassotto tranquillo e amicale verso chiunque, con il manto d’intenso e morbido pelo nero liscio chiazzato di candida bianchezza sulla testa, nell’orbita del collo e sulla punta della coda; è la storia che ripete e rinnova l’ empatia generativa e ri-generativa di vita tra l’essere umano e l’essere canino,alla stessa stregua di tutte le forme e specie senzienti e viventi dell’universo cosmo; una storia, che promana dalla notte dei tempi. Ed una storia, che, nella fisionomia della circostanza, inizia circa sette anni fa, quando Agnesina incrociò sul suo cammino in via Diaz, il piccolo cane abbandonato, con la zampetta anteriore di destra malferma, quasi fosse stata spezzata da un corpo contundente, scagliatogli addosso a sorpresa e con sadica violenza o per effetto traumatico di un urto o dell’investimento patito per opera di qualche auto di passaggio.
Raccoltolo, Agnesina ha accudito il piccolo cane con la consueta, ordinata sollecitudine e tenace amorevolezza che poneva nelle sue cose, rifocillandolo in casa e restituendogli energia e vitalità con il pieno recupero della malferma zampetta. Il simpatico trovatello, una volta ritrovata sicurezza, reclamava continue coccole e carezze,come per sentirsi a suo agio. E mia sorella, regolandogliele a profusione, prese a chiamarlo Coccolino. Un appellativo che gradì appieno e al quale si assuefece nel giro di pochi giorni; e così il meticcio non più comune trovatello, ma affettuoso famigliare, ha reso la sua fidata e fedele compagnia, come per l’omaggio di reciproca intesa e saldo patto di amicizia, ad Agnesina in tutto questo tempo, seguendola, fino a qualche anno fa, anche in strada, quando si recava nella Chiesa di Santa Croce per ascoltare la Santa Messa, al Mercato settimanale del giovedì in piazza Santo Stefano e nell’abitazione di via Malta.
Una presenza, quella di Coccolino, ch’era diventata sempre più assidua negli ultimi mesi, standole vicino e accucciato ai piedi della poltrona o della sedia o sul tappeto ai piedi del letto che utilizzava Agnesina, come se ne condividesse dolori, sofferenze e tribolazioni, per farsene generoso carico …. Un esempio d’amore. Straordinario per l’occhio umano che tende a misurare e rinchiudere ogni cosa nei perimetri delle calcolate misure quantificate dagli alambicchi, dell’occhiuto dare e avere. Normale,invece, per il sentire canino che non predilige parametri predeterminati ed effonde le sue calde emozioni con spontaneità ed immediatezza … Coccolino ora s’aggira in casa, dando l’impressione di ricercare Agnesina. Ma viene convincendosi sempre più che Atropo abbia assolto il suo tremendo compito. E se ne sta mogio,mogio, con il muso affusolato puntato sul pavimento, come mai l’ho visto prima.