di Antonio Vecchione
Per lunghissimi anni (certamente fino a metà secolo sorso), i cuori dei baianesi oltre che alla devozione per S. Stefano, erano aperti alla musica e alla loro banda. La vita della comunità era ancora pienamente intrisa di cultura contadina; coi loro umili mestieri di lavoratori della terra, boscaioli, piccoli artigiani, o sottomessi dipendenti di aziende familiari conserviere, i nostri padri si sottoponevano a duri sacrifici e privazioni che costituivano il loro vissuto quotidiano. Alternative non ce n’erano. La scuola? Soltanto per pochi eletti. La Chiesa, il parroco e i Santi erano il loro benevolo rifugio. Essi amavano S. Stefano e nutrivano verso di lui un senso di sottomissione e di speranza. Il miracolo maggiore, autentico, sublime di cui i baianesi si sentivano debitori del Santo era il senso di sicurezza, di fiducia, di tranquillità che dalla certezza della sua protezione derivava loro; La “confidenza”, che ciascuno sentiva di avere in Lui, rafforzava le capacità di resistenza alle avversità, la sua amicizia moltiplicava le energie di reazione o, extrema ratio, li fortificava nella rassegnazione.
In questo scenario fiorì miracolosamente una passione inconsueta per persone umili e sottomesse: la musica. Decine di artigiani impiegarono tutto il loro tempo libero per imparare a suonare ogni tipo di strumento a fiato (flauti, clarinetti, sassofoni, trombe, flicorni) e diventare “musicanti”. Brani operistici famosi, sinfonie, marcette, musiche bandistiche diventarono patrimonio del paese intero. Chi viveva nel centro antico ricorda il piacevole clima creato dalle quotidiane suonate dei “musicanti” che si esercitavano tra un lavoro e l’altro. Le melodie, che si diffondevano tra vicoli e cortili, erano diventate la “colonna sonora” della vita del quartiere. A un flicornino che, dalla bottega di un calzolaio, intonava “Vissi d’arte”, di Puccini, rispondeva il clarinetto di un falegname con il Preludio del terzo atto del “Trovatore” di Verdi oppure un flauto con “La casta diva” di Puccini. Per questa gente umile, ma bonaria e gentile, si aprirono spazi culturali inimmaginabili, che non avrebbero mai potuto avere. La musica, percepita come occasione di riscatto, di “educazione” e di crescita morale, col suo linguaggio universale li conquista, li emoziona, li ingentilisce e ne accresce sensibilità e gusto.
La formazione di complessi bandistici fu la naturale conseguenza di tutto questo fervore musicale. Le attività di questi gruppi accompagnarono la vita pubblica di Baiano, senza interruzioni, per tutta la prima metà del ‘900. Le prime notizie certe, come ricorda un delizioso articolo di Silvino Foglia (“Il Meridiano”, 11 dicembre 1996), risalgono al maggio del 1901. Il maestro Salvatore Castaldo, direttore della locale banda, aprì una vertenza giudiziaria col comune di Baiano per un compenso di Lire 380 dovuto per concerti eseguiti in occasioni di festività nazionali. La seconda documentata testimonianza è del 1903. La tipografia Ferrara di Avella pubblica un libro sulla storia, raccontata nei minimi particolari, del miracolo di S. Stefano, avvenuto il 26 febbraio dello stesso anno (una specie di instant book di più di un secolo fa). A pag. 3 si legge: “La notte poco si dorme, alle 4 precise si suonarono le campane ed accorse una quantità di popolo, il Concerto di Baiano si offrì gratis, il Parroco disse la Messa con commovente discorso accompagnato dalla musica del paese e dalla litania… suonata dal maestro musicale di Baiano nostro affettuoso amico Tobia Vecchione. E fu proprio Tobia Vecchione, profondo conoscitore di musica e, soprattutto, apprezzato maestro per tanti giovani, che diresse per molti anni un complesso bandistico formato da “musicanti” da lui stesso educati. Anche la Chiesa contribuì alla promozione e diffusione di una cultura musicale. Infatti, a testimonianza di questa passione tutta baianese, fu costituita, intorno al 1913, ad opera dell’allora parroco di S. Stefano don Andrea Ferrara, la piccola banda denominata “Fanfaretta del Ricreatorio Festivo degli Stefanini”. Il nome deriva dal luogo dove si riunivano i ragazzi nei giorni festivi. La direzione fu affidata al maestro Francesco Stingone.
Nel 1926 la svolta: arriva a Baiano il maestro Pietro Marincola, di origini calabresi, ottimo direttore, grande capacità di entusiasmare e motivare i suoi artisti, di elevata sensibilità musicale, autore di numerose trascrizioni di famosi brani. Il 19 marzo 1926 fu una data memorabile: in una piazza imbandierata si festeggia la prima uscita della banda. La comunità intera si riunisce per ascoltare il concerto di esordio del maestro Marincola. Applausi scroscianti ad ogni esibizione, omaggi floreali, lancio di grano e di confetti, con la benedizione del parroco don Andrea Ferrara. Un quotidiano dell’epoca riporta con grande enfasi questo eccezionale evento: “Il 19 marzo del 1926 vivemmo momenti di sentito entusiasmo e di giusta esultanza. Il nostro Concerto “Città di Baiano”, risorto per geniale iniziativa del signor Giuseppe Maiella di Avella e finemente educato dal maestro cav. Pietro Marincola, vera tempra d’artista, nobilissimo, tenne la sua prima audizione in piazza Municipio… Il nostro parroco … disse parole augurali per l’avvenire fulgido ed implorò lo sguardo benevolo d’Iddio su questa eletta espressione artistica che è nostra solamente e porterà dovunque altro ed ammirato il nome del nostro paese. Porgiamo all’impresario Maiella il compiacimento più sentito, al maestro cav. Marincola l’augurio di maggiori trionfi e agli esecutori tutti il voto d’ogni vittoria nella prossima tournée. Non dimentichiamo nel nostro saluto il maestro Vecchione Tobia, prezioso coadiutore del cav. Marincola e primo maestro del nostro concerto musicale…”. In quegli anni la fama del “Gran Concerto Città di Baiano” raggiunse vertici di assoluto valore, con esibizioni nelle piazze più importanti delle regioni meridionali. La comunità baianese seguiva con orgoglio l’attività della banda e partecipava assiduamente alle prove che si temevamo in una vasta sala posizionata nel cortile della vecchia Scuola Elementare, a centro del paese. Chiamarle prove, nel senso letterale del termine, è riduttivo. Erano veri e propri spettacoli, frequentatissimi, applauditi a scena aperta, che suscitavano larghissimo entusiasmo e grandi manifestazioni di affetto e di riconoscenza per tutti gli artisti. Il protagonista assoluto, ricorda in proposito Enrico De Falco (“Baiano”, Laurenziana, Napoli, 1983), era il maestro Marincola, che sapeva affascinare “musicanti” e pubblico. Prima di ogni pezzo, parlava a lungo. Erano vere e proprie “recite”, che servivano non soltanto per spiegare e stimolare gli artisti, invitandoli a suonare con sentimento e dolcezza, ma anche per conquistare gli estasiati spettatori. Famosissime le sue metafore e le immagini che evocava, come quando declamava con raffinato eloquio che le note traducevano la struggente nostalgia che ci coglie verso sera quando la stanchezza e la solitudine dopo il duro lavoro quotidiano sono raddolcite dal perdersi nei ricordi del passato; in altre occasioni rivelava che il crescendo sinfonico della quinta di Beethoven doveva essere graduale e forte perché figurava il destino che drammaticamente batte alle porte dell’umanità. Col Bolero di Ravel raggiungeva il massimo dell’incantamento: egli raffigurava una ballerina quasi nuda che danza graduando lo stesso tempo fino a svenire. I compiaciuti spettatori, ben conoscendo la particolare sensibilità del maestro alle grazie femminili, si scambiavano sorrisi e ammiccamenti in un’atmosfera di complicità.
La profonda passione per la musica e per la banda influenzava anche altri aspetti dei costumi di vita baianesi. I “musicanti” percepivano il caloroso apprezzamento della comunità e si sentivano, a loro volta, onorati di esibirsi nel paese e di ricambiare l’affetto ricevuto. Da questi sentimenti nasce la straordinaria tradizione della “Banda in Chiesa”. “La musica è una delle vie per le quali l’anima ritorna al cielo”, scrisse Torquato Tasso. A Baiano la strada per il cielo è indicata da S. Stefano, a cui i baianesi sentono di dovere tutto e hanno voglia e desiderio di offrirsi con tutta la loro anima. Il saldo legame tra la sensibilità musicale e la fede per il Santo trovava la sua sublime testimonianza nelle “Messe ‘e notte”, che si tenevano molto prima dell’alba (ore 2.30/3.00), dal 13 dicembre fino a Natale. In una Chiesa stracolma di fedeli, i protagonisti assoluti di queste celebrazioni erano i nostri “musicanti”; essi prendevano posto sulla cantoria sopra il portale d’ingresso della Chiesa e, nell’entusiasmo popolare, accompagnavano la messa eseguendo semplici arrangiamenti di famosi brani operistici: “La Vergine degli Angeli” di Verdi, l’intermezzo della Cavalleria Rusticana di Mascagni, “Scene pittoresche” di Massenet, l’ “Arioso” di Bach, l’ “Agnus Dei” di Bizet, per citare i più apprezzati. Suonavano tutti con impegno e passione, in una sorta di gara commovente in cui l’umile animo popolare, forse del tutto inconsciamente, si offriva con dedizione a Dio, al Santo, ai piedi del Suo altare. La Messa si concludeva in “gloria” con una singolare usanza: ciascuno dei componenti il gruppo preparava uno o più pezzi (solitamente valzer, mazurche, marciabili) che poi presentava da solista, con gli altri in funzione di accompagnatori. Un vero e proprio sacrilegio, per gli estranei e per la gerarchia ecclesiastica, per i baianesi era uno stupendo atto d’amore. Anche i cantori (studenti, giovani artigiani) per parte loro, avevano un ruolo interessante: rappresentavano la scheggia artistica più nobile, intellettuale e di norma cantavano le Litanie della Beata Vergine, il Tantum ergo, il ringraziamento dopo la benedizione e, per concludere, un inno popolare assieme a tutti i fedeli. I fratelli Orazio e Stefano Bocciero, Salvatore Litto, erano le “voci” base di questo coro, che al pari della banda toccava i cuori dei baianesi.
Questo clima straordinario, sostenuto dalla Fede e dall’Orgoglio consapevole del nostro essere baianesi, divenne, col passare degli anni, tradizione a cui non si poteva né si doveva rinunciare. Ma non fu così. Il culto, la devozione, il modo d’essere e di rapportarsi a S. Stefano sono venuti meno col passare degli anni. La tradizione della “Banda in Chiesa” non resse ai colpi della “modernità” e si interruppe negli anni sessanta del secolo scorso. Erano gli anni dell’abbandono delle campagne, della rivoluzione culturale e sociale, della sbornia consumistica. La prima, la Fede, si affievolì paurosamente ed il secondo, l’Orgoglio cittadino, perse il suo radicamento. Le tradizioni saltarono, il Natale baianese smarrì la sua anima vitale e la sua componente musicale si annullò del tutto. Il colpo finale fu assestato dal parroco dell’epoca, don Santo Cassese, che, sciaguratamente proiettato a Baiano da ambienti e culture diverse, più attento ai “valori” economici che a quelli dell’anima, vietò i concerti in Chiesa, ponendo ufficialmente fine a una tradizione che conferiva uno straordinario valore e un originalissimo significato al Natale.
Comprendere oggi lo spirito e le atmosfere che caratterizzavano queste celebrazioni è quasi impossibile, soprattutto per i giovani: troppo diverse le epoche, con le rispettive culture e costumi di vita. Per quelle anime semplici e devote l’ingresso in Chiesa, all’alba, era già una grande emozione; costituiva il passaggio da una fredda e buia mattina invernale (la loro vita) ad un scenario di “luce”, nel quale il popolo baianese si sentiva unito dagli stessi sentimenti, dalla stessa gioia di una orgogliosa, naturalistica sottomissione al soprannaturale che si materializzava in questo donarsi e nella reboante festosità. Quelle sensibilità e stati d’animo scomparvero e la “Banda in Chiesa”, una delle più belle pagine della storia recente, fu soltanto un ricordo. Alla fine degli anni novanta, questa sublime storia, ahimè archiviata, pesava sempre di più sulle nostre coscienze di baianesi. Sensibile a questo richiamo della memoria, nella seconda metà degli anni novanta, l’associazione “Maio di S. Stefano” ritenne fosse un dovere morale il ricreare quel sentire comune che affratellava i fedeli baianesi, con un rinnovato orgoglio delle tradizioni e delle radici culturali, riproponendo la musica bandistica e risvegliando il rapporto con i nostri musicisti. Grazie a un gran numero di artisti, generosi e disponibili, costituitisi poi in associazione “Amici del Maio”, rivide la luce il programma musicale per il Natale Baianese, ed è una storia che va raccontata. Il 13 dicembre del 1998, dopo più di trenta anni, alla “Messa ‘e notte” di S. Lucia, ore 05,30, una piccola banda ritornò in Chiesa per eseguire i brani della nostra tradizione che risuonavano ancora nel profondo dell’anima delle persone più anziane. Si realizzava un sogno. L’accoglienza dei fedeli, affettuosa ed entusiasta, trasmise una grande emozione. La comunità riscoprì quelle intense e affascinanti atmosfere che esaltavano la sacralità del rito e la commossa partecipazione. L’anno successivo fu fatto un altro decisivo passo in avanti. Orgogliosi del risultato, un incontenibile entusiasmo ci spinse a valorizzare questo ritorno alle tradizioni con un significativo evento, anche come degna conclusione del Natale baianese. Nel solco della più schietta tradizione baianese, una intera banda eseguì un concerto in Chiesa. Nasceva la manifestazione “La Banda in Chiesa”, un’idea felice e vincente, esportata poi in numerose comunità. Da quell’anno il “Concerto di S. Stefano”, che chiude il Natale Baianese, è entrato a pieno titolo tra gli eventi importanti della nostra comunità ed ha raccolto idealmente il testimone della gloriosa tradizione musicale baianese: è un miracolo che continua e non si spegne. Il nostro piccolo centro, con il Concerto, ha arricchito il suo già rilevante patrimonio di cultura, storia, Fede, folclore, valori antichi. Il merito di aver saputo conservare e trasmettere questo patrimonio, generazione dopo generazione, è un vanto che ci inorgoglisce.