di Gianni Amodeo
E’ vivida e rosseggiante la luminosità del faro della torre campanaria dell’ Eremo di Gesù e Maria, adagiato sulla parte alta dell’omonima collina, ad oltre 300 metri di quota rispetto al livello del mare. Una luminosità intensa e diffusa nelle ore serali e notturne, come per far da punto di riferimento dell’area collinare ai cui piedi si distende il centro urbano. Ma da alcune settimane quella luminosità ch’è stata finora garbata amica e catalizzatrice di sguardi- ora attenti, ora superficiali per familiare abitudine- s’è dissolta e svanita. E non per un guasto di ardua risoluzione nell’impianto di erogazione elettrica, che alimenta il faro e l’intero complesso architettonico, ma più semplicemente per la chiusura dell’Eremo. Una decisione giunta all’improvviso, con grande sorpresa di tanti fedeli, escursionisti e amanti del ciclo-cross o comuni visitatori, per i quali in tutti questi anni lo spazio eremitico, che appartiene al patrimonio comunale, è diventato un’accogliente meta obbligata per la magnifica serenità e i bei silenzi che offre e da vivere in pienezza nello scenario di secolari oliveti, conciliandosi con se stessi.
E’ una realtà, quella dell’Eremo – la cui edificazione si fa risalire al ‘600 – restituita alla vita negli iniziali anni del primo decennio del secolo in corso, dopo aver subito guasti e danni di ogni genere d’incuria e costanti atti di devastazione protrattisi per oltre mezzo secolo, fino ad essere ridotto ad un desolato campo di ruderi e diventare addirittura frequentato “rifugio” di tossicodipendenti alla disperata e vana ricerca di placare le proprie inquietudini. Poi, l’operazione di risanamento ambientale e rigenerazione edilizia dell’intero spazio eremitico – con un significativo progetto di recupero e ripristino conservativo- posta in atto dall’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Raffaele Napolitano, e compiuta con notevoli sacrifici economici per l’Ente di corso Garibaldi; un’operazione di eccellente valenza filologica, restituendo alle comunità cittadine del territorio l’Eremo nell’originaria configurazione, ma ben migliorato per i materiali e le tecniche costruttive utilizzate, in funzione dell’attento lavoro realizzato dai tecnici della Soprintendenza di Avellino e Salerno, con personale altamente specializzato, rimettendo in sesto pietre su pietre.
Ad operazione conclusa, nella primavera del 2002, la cerimonia inaugurale fu segnata dalla celebrazione eucaristica, officiata sul pianoro dell’ Eremo dal Vescovo pro tempore della Diocesi di Nola, monsignore Beniamino Depalma, che pronunciò una toccante omelia ispirata dal tema del Miracolo di Lazzaro, con la trasparenza della metafora coerente e rappresentativa dell’evento. E in questo contesto si perfezionò pubblicamente – coram populo – l’atto, con cui l’amministrazione comunale affidava a titolo di comodato d’uso gratuito per 99 anni l’ Eremo alla Curia diocesana; affidamento, per garantirne la custodia e la manutenzione, che ha ben funzionato in tutti questi anni, sia per il ruolo svolto dagli organi curiali, sia e soprattutto per la straordinaria operosità e impegno di Suor Maria Costanza Crisafulli, l’affidataria dello spazio e degli ambienti dell’Eremo. Una presenza, che ha ridato pieno senso di dignità umana e religiosa all’intero complesso, rivitalizzandone le funzioni. Il riassetto della Chiesa dedicata alla Madonna del Soccorso, la realizzazione del celebre Orto della meditazione con le sue plastiche simbologie sacrali, i decori della Torre campanaria e il suo Faro-lampada, la sobria cura degli ambienti domestici ne sono una testimonianza che viene raccontata dalle immagini, fornite da Enrico Stago.
Ora si attende la riapertura dell’Eremo. Una soluzione che dovrebbe essere data dalla Curia della Diocesi di Nola quanto prima. L’ Eremo di Gesù e Maria è un patrimonio spirituale e storico, prima che architettonico che appartiene alle comunità del territorio, anche se sono oggettive le difficoltà per garantirne la custodia, la manutenzione ordinaria e la tutela fisica, come da lungo tempo ormai si registra per l’intero patrimonio dell’edilizia sacra esistente un po’ dovunque.