di Gianni Amodeo
Partenza in bello stile e super- sprint, nel Teatro Colosseo per la prima tornata del Festival della Lettura, con il pieno e diretto coinvolgimento delle comunità delle seconde e terze classi della Secondaria del Giovanni XXIII, impegnate nella lettura e nella rivisitazione di Sciamadda,- titolo d’omaggio alla classica focaccia- torta con farina di ceci, simbolo della gastronomia ligure,- il romanzo al centro della tornata inaugurale dell’evento, autentica novità per il pianeta– Scuola del territorio e, tra le rare esperienze del genere praticate nell’ambito regionale della Campania. Un coinvolgimento di forte intensità emotiva, arricchito dall’originale incrocio con la variegata e cristallina verve comunicativa di Antonella Botti, – donna del Sud, nata ad Agropoli, madre e docente ordinaria di Materie letterarie in Istituti statali a Genova, da sempre attiva nel sociale e nell’organizzazione di iniziative culturali-, l’autrice del romanzo, a cui fanno da sfondo i grigi, seppure densamente frequentati, carruggi di Genova e, ancor più, i convulsi scenari delle banchine del suo porto. Nevralgico e obbligato luogo di partenza di bastimenti e piroscafi, ad inizio del ‘900, veicolando Oltre Oceano le grandi migrazioni degli addii senza ritorno, dal Belpaese verso la Merica, mamma– America, terra promessa di lavoro e di benessere, l’uno e l’altro conseguiti in larga misura e per la maggior parte, con grandi sacrifici e tanto spirito d’iniziativa. Un’ ambientazione ricostruita e narrata dalla scrittrice in tutti i dettagli e profili, facendo rivivere realisticamente le quotidiane atmosfere della città, così come si trascorrevano circa un secolo e mezzo fa.
Un incrocio di voci più che seducente, quello inscenato … tra la platea e il palco del Colosseo, coordinato con il garbo e la sicurezza, che le sono usuali, dalla professoressa Raffaella Napolitano, ch’era anche l’ immediata e plastica rappresentazione del senso del Festival della Lettura, in prima edizione. Un senso, sulle cui ragioni ispiratrici e finalità puntuale e incisivo era l’intervento del professore Pasquale Napolitano, dirigente del Giovanni XXIII, nel rivolgersi alle ragazze e ai ragazzi della platea occupata per intero. Un intervento, ancorato per vari aspetti alle visioni di don Milani, e segnatamente alle interessanti e strutturate concezioni psico – educative di Massimo Recalcati, mirato a focalizzare l’importanza del linguaggio scritto e della lettura, che ampliano gli orizzonti della conoscenza delle parole e del loro uso nell’esprimere e plasmare pensieri, sentimenti ed emozioni, con cui ci si rapporta con le altre e gli altri, per vivere nelle migliori condizioni possibili la realtà e la civile convivenza. La larghezza e la padronanza conoscitiva delle parole e dei loro significati – spiegava Napolitano – alimentano e generano i valori sia dell’ autonomia nelle scelte di vita che dell’ esercizio del libero pensare, in tutt’ uno con lo spirito della creatività.
Cuore della tornata, come accennato, il romanzo di Antonella Botti, con protagonista, Clelia, la ragazza dai capelli color rossiccio, il colore che identifica la Sciammada parola tipica del dialetto ligure, corrispondente alla forma italianizzata della fiammata, ch’è generata dalla combustione delle fascine, utilizzate nei forni di pizzerie, friggitorie, osterie e via seguendo per la cottura dell’omonima focaccia, assimilabile in apparenza, ma solo per un po’, alla pizza napoletana ch’ è n’ ata cosa con n’ ata storia per sapore e gusto, alla pari della dieta mediterranea che la scrittrice ben conosce e promuove a pieni voti, per qualità. Niente affatto da spartire con altre gastronomie, e a maggior ragione con quella ligure
E’ una protagonista speciale, Clelia, per la quale i genitori, decisi a costruirsi un’altra vita, emigrando in America, hanno progettato, a sua insaputa, e con tutte le cautele del caso, di lasciarla in affidamento alla zia Elena, donna facoltosa e austera, che vive tra gli agi e i lussi della propria villa. Un progetto, che Clelia, vanamente tenta di contrastare, appena se ne avvede, raggiungendo trafelata il porto, mentre il piroscafo, su cui i genitori si sono imbarcati i genitori, ha già preso il largo. Di qui, una lunga serie di peripezie che Clelia vive tra sofferenze e speranze nel complicato e difficile rapporto con zia Elena, segnata dal litigio con cui le strappa dal collo la collana di perle nere. Ed una delle perle resta proprio nelle mani di Clelia. Un prezioso testimone, che finisce per simboleggiare la volontà e la forza d’animo di Clelia, a fronteggiare la situazione che vive, senza esserne sopraffatta, ricomponendo la collana nella sua interezza, incoraggiata com’è dall’indovina incontrata nelle vicinanze del porto. E’ la ricomposizione, che costituisce la metafora degli strappi – intesi come difficoltà, disagi, ostacoli e criticità di vario genere- con cui si è chiamati a misurarsi nel cammino della vita, sotto tutte le latitudini. Sono gli strappi che Clelia affronta con la tenacia del proprio volere e della disinvolta stima di sé,- contenendo e aggirando, nel contempo, tutte le ripicche e contrarietà che crea zia Elena,- per superarli con il sostegno di calda e sincera amicizia che le assicura Sebastiano, ragazzo di tranquilla intelligenza e tanto cuore.
Una trama semplificata al massimo, che faceva da piattaforma alla conversazione andata in scena sul palco del Colosseo, tra le tante domande poste con spirito critico da ragazze e ragazzi, che di Sciamadda hanno fatto lettura personale e di gruppo nelle proprie classi; domande, a cui la scrittrice rispondeva con la linearità persuasiva del vissuto personale e familiare, coniugato con la dimensione dell’autenticità della professione- docente e delle esperienze sociali che viene sviluppando e maturando da sempre nei laboratori di lettura che indice e organizza. Una splendida tornata di empatia.
Migliore abbrivio, non poteva avere il Festival della Lettura, in prima edizione.