di Gianni Amodeo
Miele … amaro. Ed è allarme diffuso per il serio e preoccupante rischio d’estinzione che corrono le api, insetti sociali per eccellenza, che, albergando nelle “Città Alveari” – realizzate dall’homo sapiens, imitandone la loro originaria e naturale configurazione di armoniosa e perfetta architettura, in cui spiccano le accoglienti cellette esagonali raggruppate nel favo, opificio e magazzino- elaborano le loro pregiate produzioni, dal nettare degli dèi, il miele propriamente detto, alla sontuosa super nutriente pappa reale, per finire alla cera d’api dai molteplici usi terapeutici, cosmetici e dalle tante preziose applicazioni nel lavoro artigianale. Sono le produzioni con cui le api – spigliate e disinvolte messaggere di Madre natura, l’onesta e generosa Alma Mater– formano il primo anello della catena alimentare, facendone copioso dono all’uomo, che se ne vale per le proprie esigenze e bisogni, in termini di valore aggiunto per i cicli di trasformazione e commercializzazione. Come dire attività di lavoro e impresa.
Un aspetto – quest’ultimo – di particolare rilevanza, se solo si punta l’obiettivo sull’andamento dei consumi nel Bel Paese, dove nel 2018 si sono prodotti 23 milioni di chili di miele; produzione, che nel 2019 è notevolmente calata, tanto che per soddisfare il fabbisogno italiano, è stato necessario nei primi cinque mesi dell’anno importare – secondo i dati di Coldiretti– circa dieci milioni di chili di miele, provenienti in larga parte dall’ Ungheria e nella misura del 10% dalla Cina, dove non si realizzano le coltivazioni degli organismi geneticamente modificati, che in Italia sono vietate.
E’ un trend, quello del calo di produzione, che non sembra affatto destinato a fermarsi per l’effetto incalzante e a cascata di oltre mille eventi meteorologici estremi registrati nei mesi monitorati e che rientrano nel più ampio ed esteso scenario dei cambiamenti climatici che stanno segnando profondamente il mondo dal Nord al Sud, sotto tutte le latitudini. Una estesa e capillare alterazione degli equilibri degli ecosistemi terrestri e degli ecosistemi marini, che sottopone le api alla moria silenziosa ed inesorabile, con conseguenze molto più gravi e drammatiche di quel ch’è possibile immaginare, rendendo profondamente inquietante e attuale il noto aforisma, attribuito ad Albert Einstein, l’assertore della teoria della relatività: “Se le api dovessero scomparire dalla faccia della Terra,all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Una prospettiva che di punto in bianco si profila e che pare suscitare sorpresa, anche se i segnali che ne davano l’annuncio e il prospetto risalgono agli anni ‘ 70 alla luce delle importanti documentazioni e rigorosi studi, che si leggono nel celebre Rapporto degli scienziati mondiali del Club di Roma con il coordinamento di Aurelio Peccei, delineando con chiarezza massima le ragioni dell’equazione sviluppo sostenibile = equilibrio naturale.
L’aforisma di Einstein
Salvare le api e l’esperienza del Miele d’asfodelo sul Partenio
E proprio l’aforisma di Einstein è stato il fulcro tematico del Focus “Salviamo le api”, svoltosi all’ombra dei maestosi platani di uno dei più suggestivi e accoglienti angoli della spaziosa Villa comunale – promosso e organizzato dall’associazione “La piccola cometa–Alessia Bellofatto” nell’ambito de “La Festa della Nocciola–Sagra di Qualità” ed animato da Saverio Bellofatto– ed introdotto dalla Danza delle Api eseguita sulla contigua “Rotonda” nelle volteggianti ed ariose delle coreografie interpretate con eleganza dalle ragazze- in costume d’api– dell’Accademia La Danse. E sulla scia delle coreografie, c’era il bel reading poetico di Paola Miele e Carmine Montella, omaggio alle api.
Un percorso, per rappresentare lo stato di malessere profondo in cui versa la Terra– evidenziava Bellofatto– di cui le api, sentinelle dell’ambiente e del territorio, sono testimoni con la loro sofferenza. Una condizione di difficoltà, che investe il comparto dell’apicoltura della Campania, ch’è tra i più importanti su scala nazionale- rilevava Angelo Petretta, presidente regionale di Apicoltori Associati– con oltre mille operatori, circa tre mila apiari, 13 mila sciami e ben 77 mila alveari; una realtà economica che fa leva spesso su aziende condotte da giovani imprenditori con quadro d’istruzione medio – alto, che danno continuità alle attività familiari preesistenti. E quello della Campania costituisce- aggiungeva Petretta– il 5% del fatturato di settore nazionale che vale in totale 50 milioni di euro; un quadro di importanti opportunità di lavoro, che va salvaguardato, considerando altresì le funzioni che le api svolgono quali guardiane della biodiversità.
Interessante il racconto del Miele del Parco del Partenio, fatto da Antonio Maietta, imprenditore della storica e rinomata Azienda agricola apistica Montuori, operante in via Lungo il Clanio, ad Avella; un racconto che si lega alla ricca e ampia gamma floristica del Parco anche se la sua produzione dei Mieli di qualità è sempre più condizionata dalle letali aggressioni a cui sono esposte le api per la presenza degli inquinanti nelle matrici ambientali- segnatamente i fitofarmaci gettati … senza limiti o e il devastante glisofato rischioso per i tumori e interferente ormonale- nelle matrici ambientali, per non dire dei bruschi cambi climatici, segnati da ondate di calore, bufere di vento, grandinate e via seguendo. Un’analisi attenta, quella di Maietta, ma anche l’energia morale e l’intelligenza a fronteggiare le criticità in atto, ampliando il raggio d’azione dell’azienda. Ed ecco l’esperienza della “migrazione delle api” guidata ed orientata verso le alte quote incontaminate del Parco del Partenio, dove cresce con il caratteristico bulbo, il lungo e bianco asfodelo, da cui le api attingono la risorsa primaria dell’omonimo Miele monofiore, particolarmente richiesto per l’arte culinaria e dolciaria di alto livello. Un’esperienza compiuta, superando non pochi ostacoli e difficoltà.
Interventi in linea con le ragioni della formazione e diffusione della cultura sociale e civica della tutela dei valori dell’ambiente e delle risorse naturali del territorio, quale antidoto ai cambiamenti climatici, erano sviluppati, dal professore Pietro Caterini, dirigente scolastico dell’Istituto statale agrario “Francesco De Sanctis” di Avellino, e dal professore Vincenzo Serpico, dirigente scolastico del “Giovanni XXIII” di Baiano e Sperone e del “don Lorenzo Milani” di Manocalzati, mentre Franco Iovino si soffermava sulla centralità del Parco del Partenio per attive politiche ambientali. Un capitolo a sé era sviluppato dal professore Giovanni De Feo, illustrando “Il metodo greenopoli” per un mondo migliore e pulito.
Indirizzi e saluti istituzionali, erano espressi dall’on.le Vincenzo Alaia, vice- presidente della commissione sanità della Regione-Campania, dall’assessore Agostino Vitale, e dall’assessore Franco Masi, in rappresentanza rispettivamente del sindaco di Avella e presidente della provincia di Avellino, Domenico Biancardi, e del sindaco di Baiano, Enrico Montanaro.