di Gianni Amodeo
E’ una rivisitazione puntuale e lineare dell’attualità del pensiero di Pietro Calamandrei, quella sviluppata dall’avvocatessa Vincenza Luciano, ricercatrice del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Salerno, nel Focus introdotto e coordinato dall’avvocatessa Giusy De Laurentiis nei locali del Circolo “L’Incontro” per gli itinerari del “Viaggio nella Costituzione”. Un approccio di analisi politica e civile, affidato ad una esaustiva e ben articolata sequenza di slides preparate e illustrate dalla relatrice con efficacia comunicativa nei profili di contenuto e di contesto sociale, avendo quale chiave di riferimento l’interpretazione testuale del celebre discorso- ispirato dai valori della Costituzione che l’illustre giurista -Rettore dell’Università di Firenze, fondatore del Partito d’Azione e tra i protagonisti dell’Assemblea costituente– pronunciò il 26 gennaio del 1955 nel Salone degli Affreschi della Società umanitaria, aprendo il ciclo di sette lezioni-conversazioni, dedicate agli universitari e agli studenti degli Istituti scolastici superiori, a Milano.
“ E’ una Costituzione … che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire -spiegò- rivoluzionaria, perché per rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualcosa che sovverte violentemente, ma è una Costituzione rinnovatrice, progressiva che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche, dalla impossibilità per molti cittadini di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anch’ essa contribuire progresso della società. Quindi polemica contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare la situazione esistente”.
Sono le parole che Calamandrei pronunciò oltre 60 anni fa e che non suonano del tutto estranee alla realtà dei nostri giorni, in ordine alle disuguaglianze sociali in atto. E il presente da contrastare e contestare a cui il “Padre costituente” fa riferimento è quello dell’ “Italia alle vongole” a cavallo degli anni ’40 e ’50 così come era definita e raccontata dai giornalisti de “Il Mondo”, la rivista diretta da Mario Pannunzio ch’è stata il gran laboratorio sia delle idee liberali e progressive, sia dello spirito etico – civile della laicità radicale, e da scrittori della statura culturale di Indro Montanelli, Curzio Malaparte, Leo Longanesi e Giovanni Guareschi. E’ l’ ”Italia alle vongole” senza nerbo di idealità e priva di moralità pubblica, dedita ai “particolarismi”, che trovò la massima espressione di sé e la rappresentanza politica in Parlamento con l’Uomo qualunque, il partito fondato da Guglielmo Giannini; è l’ “Italia alle vongole”, i cui aspetti salienti e deteriori sono efficacemente rappresentati nel prospetto di sintesi delineato da Silvio Lanaro,tra i maggiori e più acuti conoscitori della Storia risorgimentale e contemporanea. Un prospetto in cui si allineano i fotogrammi di quella realtà: la religiosità lucrativa, il familismo autoritario, il disprezzo per la cultura, un concetto sentimental-servile della politica e della legittimazione del potere, il culto della roba.
E’ il mix di radici e di concrete situazioni, che non solo nega i principi ideali della Costituzione per l’avvento della democrazia libera e sostanziale, ma dà anche forza all’equazione qualunquismo–indifferentismo, che si origina dal fascismo non inteso quale fenomeno politico storicamente caratterizzato, calato in forme istituzionali e di ordinamento statuale, con il ciclo ormai concluso nella disfatta della seconda guerra mondiale, bensì quale costume che “continua a vivere quale atmosfera di prepotenza e viltà, compromesso e corruzione, in cui continuano a rispecchiarsi tanti italiani”. E’ la continuità che costituisce la prova della complessa “transizione dal fascismo alla repubblica, dalla dittatura alla democrazia”. E non a caso Pietro Gobetti,generoso e indomito assertore di ideali liberali e di democrazia progressiva definì il fascismo “autobiografia della nazione”.
Un punto tematico -questo- particolarmente marcato nel discorso di Calamandrei, per evidenziare quali fossero- e lo sono ancora sotto vari profili- gli ostacoli da superare per attuare in pieno la Costituzione, specie nei principi fondamentali, mentre l’Indifferentismo politico è la talpa che sfibra la tenuta della democrazia e delle libertà democratiche, come testimonia l’ astensionismo elettorale dei nostri giorni ormai attestato sulla quota del 60 % per un trend in costante decrescita.
L’indifferentismo che uccide la democrazia. La religione civile della Costituzione e lo Stato repubblicano .
Sulle correlazioni tra Fascismo come costume e l’equazione Qualunquismo–Indifferentismo, l’avvocatessa Vincenza Luciano calibrava interessanti chiarimenti e riflessioni, seguendo il filo delle slides specifiche, per evidenziare la rilevanza delle istanze e delle ragioni di quella religione civile, fortemente propugnata da Calamandrei nel pensiero e negli scritti come nelle lotte politiche e che anima la Costituzione, generata dalla Liberazione dal nazifascismo, per formare una società più libera, fondata sulla democrazia umana e solidale. E’ la religione civile– sottolineava- che contrasta i progetti di trasformazione della Repubblica della democrazia parlamentare in Repubblica presidenziale; progetti che rientrano negli obiettivi di un esteso fronte di rappresentanze politiche. E’ la transizione per la quale … “ andremo a votare per carità, diventando,però, solo tifosi e spettatori di candidati miliardari, come avviene in America ”.
L’ Indifferentismo si supera con la riaffermazione sia delle libertà democratiche, che non sono mai date per acquisite, ma che vanno sempre tutelate nella prassi della quotidianità, sia e soprattutto con il senso dello Stato repubblicano presidio della civile convivenza e della giustizia sociale. Un percorso obbligato che è tracciato in quel classico della divulgazione delle dottrine e idee politiche qual è il testo “Lo Stato siamo noi”, edito da Chiarelettere nel 2011, che contiene una selezione di saggi e articoli di Pietro Calamandrei. E’ il percorso ben focalizzato dall’avvocatessa Vincenza Luciano, per evidenziare l’importanza dell’esercizio della cittadinanza attiva e responsabile che interpella tutti indistintamente per il primato del Bene comune. E’ il monito lanciato da Calamandrei negli anni ’50 del secolo scorso,in antitesi al malcostume dell’”Italia alle vongole” che risuona ed echeggia di calzante attualità. “ Tornare a credere nello Stato, perché lo Stato siamo noi. Tornare a credere nella politica per avere una nuova etica della politica. Tornare a credere nell’impegno,perché solo con la partecipazione collettiva e solidale alla politica un popolo può tornare padrone di sé ”.