Domenica 25 novembre, su lodevole iniziativa dell’Amministrazione comunale di Baiano, si è tenuto il convegno: “I fiori si coltivano, non si calpestano. Uniti contro la violenza sulle donne”. La confortevole e attrezzata sede della Pro Loco Baiano è stata la location ideale per la manifestazione. Giusi De Laurentis, autorevole dirigente della Pro Loco, ha fatto gli onori di casa e moderato l’incontro.
Giusi De Laurentis, avvocato: Oggi si celebra la giornata della violenza sulle donne. Un fenomeno in crescita costante da anni. Nel convegno a più voci di persone che hanno maturato notevole esperienza nel campo analizzeremo il fenomeno nelle sue varie sfaccettature. Le relazioni saranno precedute da un efficace video – denuncia, protagonista l’attrice Rosalia Porcaro, che mette a fuoco la tragica realtà.
Enrico Montanaro, sindaco: La ragione per cui stiamo qui ad affrontare questo doloroso argomento è la sua diffusione. Le violenze subite dalle donne nella loro quotidianità sono frequenti e, purtroppo, pochissimo denunciate. I gravissimi episodi, spesso, restano chiusi tra le mura domestiche. Negli ultimi anni, per fortuna, il Piano di Zona sociale, pubblica istituzione, si sta attivamente interessando. La mia proposta è quella di creare un vero e proprio centro di accoglienza ed ascolto che si interessa soltanto di questi episodi di violenza.
Rosita Rastiello, assessore: una giornata che non avrebbe motivo d’essere se non fosse preoccupante il fenomeno della violenza di genere. Occorre cambiare la mentalità e noi, come istituzione, vogliamo dare il nostro contributo. La panchina rossa installata è un simbolo che deve tener vive le coscienze.
Rosalia Porcaro, attrice: Il video presentato è una provocazione che deve far male per far prendere coscienza della drammaticità della violenza. Pensare che chi ti sta vicino è un nemico non è semplice. Le vittime hanno difficoltà ad uscire da queste situazioni. La vittima che, nel video, ripete ossessivamente: se mi uccidi poi a chi picchi? è la rappresentazione di una vita tragica, che appare senza uscita. Invece è necessario prendere consapevolezza anche con l’aiuto delle istituzioni e di leggi approvate per arginare il fenomeno. Particolare attenzione anche per i luoghi di lavoro, dove si sperimenta, sempre sulla pelle delle donne, che il potere è maschio.
Caterina Sasso, centro anti violenza: “Alice e il bianco coniglio”: La nostra organizzazione raccoglie le richieste di aiuto di donne anche dal territorio baianese. Centodieci le richieste del 2018. La nostra funzione è quella di incoraggiare le donne a prendere coscienza dei problemi e venirne fuori. Il nostro telefono è attivo h 24, in particolare il sabato e la domenica, che sono i giorni più a rischio e siamo in stretto contatto con le forze dell’ordine. Nella prima fase, dell’ascolto, non interveniamo, essendo importante che la persona in difficoltà ritrovi se stessa parlando della sua situazione. Poi decidiamo se e come intervenire. Siamo in grado di prestare consulenza legale; in presenza di difficoltà economiche (alcune donne sono costrette a lasciare il lavoro) e di impossibilità a mantenere i figli, aiutiamo a trovare un lavoro. I ragazzi che vivono queste situazioni nelle quali le madri sono sempre soccombenti hanno bisogno di aiuto e di essere sostenuti. Il fenomeno purtroppo è in crescita anche tra i giovani: per questo abbiamo varato un progetto di educazione nelle scuole elementari e medie. Abbiamo una squadra di professionisti in grado di parlare ai giovanissimi.
Daniela Cucciniello, psicologa. Nel nostro centro arrivano donne che hanno già subito violenza o la stanno per subire. Nella prima fase ascoltiamo, senza giudicare, cercando di far acquisire alla stessa persona la consapevolezza dell’anormalità della situazione e della necessità di intervenire. Nel nostro territorio la violenza è solo familiare; non abbiamo riscontri nei luoghi di lavoro. Uno dei primi strumenti di argine è proprio dare un lavoro. Da domani attueremo un progetto basato sulla formazione di gruppi “motivazionali” per uscire dalle violenze. Si cerca di dare auto stima alle donne, convincerle che sono dotate di capacità e risorse per contrastare la violenza. In pratica sono loro stesse che si “aiutano”, che partecipano al superamento del problema. Il nostro è un progetto che mira alla valorizzazione delle persone. Operiamo anche nelle scuole presentando “stereotipi” di violenza di genere e invitando i ragazzi a esprimere le loro opinioni.
Elisa Anna Lorè, psicoterapeuta. La mia esperienza parte da fatti quotidiani, anche perché collaboro con i magistrati che si occupano di questi casi. Parto da un semplice concetto: non ci sono aggressori senza vittime né vittime senza aggressori.
Sono situazioni caratterizzate da un triangolo drammatico: Vittima, Carnefice e Salvatore e solo se si frantuma questo triangolo si ricorre ai centri antiviolenza. Il carnefice agisce per mantenere il controllo; la vittima non crede nelle proprie competenze; il salvatore spesso non è funzionale e alimenta questo fenomeno. Ad esempio: i figli che dicono alla mamma: lascia stare; le mamme che cercano di salvare le apparenze. E’ fondamentale, per uscire dalla situazione, che la vittima ritrovi la fiducia in se stessa. Acquisire la consapevolezza di sé per conquistare la libertà individuale. Gli aiuti da offrire devono andare in questa direzione: nessuno cambia se glielo chiediamo, ma è necessario metterlo in condizione di cambiare. Cominciare dall’educazione ai figli, a cui occorre dare sicurezza e autostima fin da ragazzi. Gli uomini liberi sostituiscono il senso di colpa col senso di responsabilità.
Con la psicoterapeuta hanno termine le relazioni programmate. Ma il convegno continua per i numerosi interventi del pubblico presente, a testimonianza del grande interesse per un problema sociale drammatico. Eccone una sintesi.
Franco Scotto, regista: evidenzia che il video proiettato è particolare, in quanto presenta una situazione familiare piuttosto rara: una donna autonoma economicamente e senza figli. (L’attrice Rosalia Porcaro ribadisce che lo scopo del video è quello di mettere drammaticamente in evidenza gli errori delle vittime che non si rendono conto di essere, con il loro sforzo di comprendere e salvare le apparenze, funzionali alla violenza subita).
Antonio Vecchione: dopo aver apprezzato le chiarissime relazioni e le attività del centro antiviolenza, evidenzia che gli sforzi per arginare il fenomeno devono anche essere finalizzati a un radicale cambio di mentalità degli uomini. Frasi come “se l’è cercata” oppure “vestiva in modo provocante” devono essere cancellate da una rivoluzione culturale.
Sabatina D’Avanzo, imprenditrice: due osservazioni importanti. Cambiare la legge che obbliga le donne, dopo la denuncia, ad allontanarsi per essere protette. Dovrebbe essere il contrario: gli aggressori dovrebbero essere imprigionati o allontanati. Porre attenzione anche alla riforma proposta dall’attuale governo (Pillon), che rende più difficoltoso il cammino per il divorzio.
A convegno finito, tutti all’aperto per inaugurare la “Panchina rossa”, installata in piazza, in zona centrale, come simbolo della necessità sociale e culturale di sconfiggere il seme della violenza di genere.
Antonio Vecchione