di Antonio Vecchione
E’ il 3 agosto e il popolo di Baiano è in festa per celebrare degnamente il Santo Protettore. Stamattina, alle ore nove, una folla emozionata ha atteso in piazza l’arrivo dei “battenti”. Nel loro tradizionale costume bianco con fascia rossa e immagine del Santo sul cuore (e dentro al cuore), la schiera infinita di devoti, di ogni età, si fa largo tra due ali di folla in una atmosfera gioiosa. I caratteristici e semplici squilli di tromba, che di tanto in tanto si levano dalla schiera dei battenti, sono dei suoni antichi, che vengono dal passato, suoni della memoria, che si fanno breccia nei cuori dei presenti, soprattutto delle vecchie generazioni. I “battenti” incarnano i sentimenti di tutti, perché non c’è cittadino baianese che non si senta partecipe, anche se non si sottopone a questo sacrificio fisico. Un commovente spettacolo di religiosità popolare, dunque, il cui significato si legge nel libro: “Baiano”, di Orazio Bocciero e Antonio Vecchione, pubblicato quasi venti anni fa.
“Sarà il nostro DNA, saranno le nostre radici, ma possiamo affermare che S. Stefano è tuttora sempre presente; ed è l’unica spiegazione che giustifica la straordinaria partecipazione dei giovani (un esempio fra tanti) al rito dei “battenti”.
Perché, ci chiediamo e chiediamo, perché mai con tutti i valori (posticci quanto si vuole e certamente solo per chi tali li reputa, e noi, cum grano salis, tra questi) della moderna, comoda società tecnologica un giovane (contadino, lavoratore, studente, professionista: di qualsiasi condizione) integrato nella vita d’ogni giorno dovrebbe assoggettarsi a correre scalzo per otto chilometri al solo scopo di sciogliere un voto fatto al Santo? Da quale forza è attratto? Quale emozione intima lo spinge? Perché da secoli, con sacrificio e gioia, l’intero popolo di Baiano dedica a S. Stefano il Maio? Perché una folta schiera di baianesi (salvo poche, rarissime, non commendevoli ma pure umane eccezioni) si applica per mesi ad organizzare la Festa Patronale (la merita la maiuscola) del 3 agosto quando, anche in tante realtà finitime, assumono sempre maggior rilievo –fino al rimpiazzo quasi totale- più moderne e per nulla tradizionali sagre? Perché ci sorprendiamo a rivolgere, ancora e spesso, al Santo l’esortazione appassionata e pressante ad assisterci?
Perché il nostro Santo è la nostra storia.”