Nel 1946 dopo la guerra, fu riconosciuto il diritto di voto alle donne. L’affluenza delle elettrici chiamate alle urne per la prima tornata elettorale, per le elezioni amministrative, fu molto alta con una partecipazione emotiva ed interessata.
di Romeo Lieto
Chiacchiella, così era chiamata da tutto il quartiere dei Vesuni, donna di casa con fisico alto e un bel portamento, moglie e madre di molti figli, con spiccato spirito di servizio e con carattere forte e dolce, in uno alla grande disponibilità ad aiutare le persone deboli, le donne del suo quartiere e non solo; ed è per questo che si adoperava, come meglio poteva, per informarle sulla grande opportunità che veniva loro concessa con il voto, diritto–privilegio, fino ad allora, per solo uomini. Sapendo leggere e scrivere, era informata sul sistema di procedura delle votazioni, per cui, in tutte le ore del giorno, si adoperava, a modo suo, ad informare le donne del suo quartiere, e non solo, illustrando i dettagli per votare. La sera, in Via Croce, nel suo basso abitazione e laboratorio/lavorazione, dove il marito Antonio produceva le “sporte”, ceste in legno di castagno utilizzate, per contenere frutta od ortaggi, si posizionava dietro ad un tavolo, su una parete del locale e con grande enfasi e calore spiegava alle presenti le procedure per votare e per chi votare.
L’analfabetismo da vincere e il modello d’emancipazione femminile del Nord …
La platea comprendeva tante donne contadine, operaie e mogli, per la maggior parte analfabete, che di giorno lavoravano in campagna e la sera, dopo aver svolto il loro compito di massaie, nella preparazione dei pasti, si portavano nell’abitazione di Chiacchiella, per ascoltare ed essere informate, dalla sua viva voce, sull’evoluzione sociale delle donne in Italia. Raccontava che nell’Italia del Nord vi erano donne emancipate, operaie, casalinghe, diplomate e laureate candidate, che oltre a svolgere il loro quotidiano lavoro professionale, si adoperavano volontariamente nel sociale ed erano candidate nei vari partiti politici. Molte donne comprendenti la folta platea serale, dopo una giornata di duro lavoro in campagna, erano stanche e anche se analfabete, poiché all’epoca non c’era la televisione e pochi ascoltavano la radio, erano attente alle parole dell’oratrice e qualcuna domandava anche il significato di qualche vocabolo sconosciuto. Molte si recavano accompagnate dai figli piccoli ed in età scolare e tra queste lo scrivente con la madre, le sedie erano poche ed erano utilizzate dalle persone anziane, le altre in piedi.
Noi ragazzi, al seguito delle nostre madri, per poter osservare l’oratrice, salivamo su un attrezzo di lavoro costituito da una lunga tavola in legno, che il padrone di casa utilizzava, per limare le doghe di castagno per la costruzione delle ceste. Tutte le persone presenti, tra le quali non mancava qualche marito o contadino, purtroppo analfabeta, venivano informate praticamente sul modo di votare, facendo loro votare, ciascuna/o con un lapis di uno scolaro, segnando una croce sul simbolo da ben ricordare a memoria. Molte ne chiedevano un fac-simile per non sbagliare ed essendo questo di colore diverso venivano raccomandate a non utilizzarlo in cabina per non correre il rischio della sostituzione di scheda. Ricordo quella mattina che mia madre andò a votare, portando anche me in sua compagnia, veniva avvicinata da tante persone che chiedevano di accompagnarla in cabina e mia madre ripeteva a queste persone, grazie so come fare ed a chi votare.
Chiacchiella, onesta popolana e il Pci
Antonio, gran lavoratore e la riconoscenza del Comune di Milano
Chiacchiella faceva propaganda per il Partito comunista, sostenendo, pubblicamente, un brillante giovane baianese, laureato in chimica, il dott. Stefano Vetrano, candidato ed in seguito diventato deputato della Repubblica Italiana. Il giovane, all’epoca, faceva parte del Sindacato provinciale dei lavoratori e non poche volte si esponeva pubblicamente presso le ditte operanti sul nostro territorio, invocando, presso i datori di lavoro, i diritti degli operai; molte volte, invogliando anche gli stessi operai allo sciopero di massa, a cui seguiva, solitamente, l’intervento della forza pubblica.
Il marito di Chiacchiella, Antonio, grande lavoratore, faceva ‘ o Spurtullaro, o meglio il Cestaio, producendo ceste in legno di castagno per commercianti di frutta; lavoro che aveva inizio alle due di notte infornando i grossi polloni di castagno per poi trasformarli in tante doghe, durante la giornata, fino al pomeriggio inoltrato. Attività lavorativa svolta in un unico locale in piano terra con pavimento in battuto di lapillo, utilizzato anche per cucinare e mangiare. Il lavoro non rendeva molto, solo quel tanto per sopravvivere e non soddisfaceva le esigenze familiari; per cui, quando il primo figlio raggiunse la maggiore età, l’intera famiglia si trasferì al Nord, a Milano, dove tutti trovarono un dignitoso lavoro. Antonio il capo famiglia faceva il muratore ed era apprezzato e ben voluto da tutti, tanto che, raggiuta l’età della pensione, il suo datore di lavoro pretese che tutti i giorni si portasse sul cantiere per verificare l’andamento dello stesso e consigliare ai giovani una migliore procedura operativa.
In seguito, non avendo come impegnare il suo tempo, tutte le mattine si dedicava, spontaneamente, alla cura dei giardini pubblici nel parco dove abitava, fin quando la salute lo permise. Quando impegnava il suo tempo libero nei giardini pubblici nel parco il Comune di Milano, per riconoscenza, gli versava un piccolo contributo per spese di attrezzature.
Oggi, queste persone non ci sono più, possiamo solo affermare che, con il loro vissuto, hanno lasciato ai figli ed a quanti hanno avuto occasione di conoscerle, tanti buoni esempi di onestà e laboriosità. A loro ed a tante altre persone come loro, oneste e laboriose, che hanno lavorato ed insegnato, a prescindere dall’idea politica di ciascuno, va il merito di aver contribuito alla formazione di uomini per un paese migliore.