di Gianni Amodeo
Il verseggiare della composizione, secondo le cadenze accentuative della nostrana oralità nel pronunciare il dialetto napoletano, esprime al meglio e compiutamente l’autenticità popolare e popolaresca del Maio, sintesi del folclore delle comunità che vivono ai piedi della fatata cornice Monti Avella e del Partenio; comunità, la cui vita e cultura materiale, è stata ancorata per secoli all’economia dell’autoconsumo – con fonte primaria ed esclusiva nelle risorse fornite dal vasto patrimonio boschivo territoriale- fino all’avvento del modello del consumismo, che pure ha promosso e favorito il generale progresso del vivere civile, al di là delle derive e degli eccessi, che ha ingenerato e favorito.
Felice ed originale la rappresentazione del Maio – al centro r’o Fucarone, plastica rappresentazione del convivere solidale delle comunità dei tempi andati, al tepore delle fiamme e della brace nel serate invernali – che parla di sé, in solitudine, meditando sulla propria condizione di nascita, vita e…morte; condizione, ch’è comune a tutti gli esseri viventi, senzienti e pensanti con i loro codici di relazione. E non soltanto umani…com’è necessario evidenziare…
Integra il bel verseggiare di Paola Miele, arricchendone la forza evocativa di suggestioni ed emozioni, la scintillante varietà delle vivide tonalità pittoriche, con cui Fernando Masi, intesse il fluido empatico che corre tra il Maio e il “suo” popolo che è quello di Baiano, come può essere ed è quello sia di Avella che di Sperone e Mugnano del Cardinale, ma anche di Sirignano con la tradizione dell’originale “Natale piccirillo” del 30 novembre che precorre i riti del Maio sull’intera area, e Quadrelle.