di Gianni Amodeo -Foto di Carmine Montella
Interni di famiglia allegramente composita e alquanto pasticciona, in una specie di Casa– Hotel, allargata a un bel po’… di caratteri e caratterini che scollinano i versanti della quotidianità sul filo dei propri umori mutevoli e imprevedibili, concedendosi manie gelosamente osservate e praticate nella loro singolarità a volte maniacale, ma spesso addirittura in lacerante e fragorosa contrapposizione, tra loro.
Undici personaggi, che, pur facendosi, per così dire, compagnia … fisica, vivono una complicata coabitazione in vicendevole e somma estraneità personale o quasi, senza legami e relazioni che non siano semplici atti di pura convenienza formale più che parentali, rintanati come sono nei loro esclusivi mondi dalle mille sfaccettature, nel fervido vigore e nei caldi fremiti degli anni giovanili, quando sogni e aspirazioni albergano sicuri nei cuori, nutrendosi intensamente di entusiasmi e slanci ideali, mentre disillusioni e scacchi esistenziali scivolano via, senza lasciare tracce di sé.
E’ la bolla famigliare, in cui si rincorrono equivoci, ambiguità e le situazioni più disparate nella genesi e negli esiti, raccontata nel testo confezionato e ri-elaborato con gusto e garbo da Salvatore Sgambati, con la messa in scena di Difetti di famiglia, commedia in due atti, proposta da L’ Aquilone,- compagnia amatoriale, attiva sul territorio-, per tre serate consecutive, nel Colosseo. E salutata, con il meritato ed applaudito en plein di pubblico, autentico e giusto omaggio all’eccellente qualità interpretativa espressa negli spettacoli presentati, incorporando un plauso del tutto speciale proprio per Salvatore Sgambati, non solo autore, ma anche regista e, per di più, lo stupefacente interprete in scena di Mexs, l’ androide, perfezionista ad alto tasso di automatismi sincroni in risposta ai tocchi di comando a piacimento, modello super soft di maschio evoluto per signore, con disponibilità pronta e rapida.
Esilaranti le gestualità che sventaglia in geometriche configurazioni, Mexs, l’ androide da ammirare e usare per l’efficienza e la metodica prontezza d’intervento che è in grado di assicurare, in virtù del programma che lo governa con rigore e massima precisione. Ed esilaranti sono le ossessionanti impennate di puntiglioso orgoglio, a cui si lascia andare il creatore di Mexs, il dottor Strunz, scienziato di alto rango, a cui dà spettacolare movenze, tic, forma e linguaggio un inedito Matteo Mascolo, atteggiandosi in imperturbabile genialoide, con occhiali in nera montatura spessa e doppi- vetri, esibendo una folta e ricciuta chioma bionda, a mo’ di capellone da strapazzo. Ed è goduria tutta da sorridere, il formato con cui Matteo Mascolo mima in Strunz, l’ineffabile e consumato stereotipo dello scienziato alla tedesca, banalmente … smarrito tra teorie e congetture senza capo e coda. In realtà, quello inscenato da Mexs, androide in retroversione dall’umano, e Strunz, nome che risalta con l’eloquente e furbesco troncamento della vocale … o di fine parola, ha tutte le apparenze di un gioco di coppia, costruito a bella posta, come per volere dispensare sottili ironie sugli androidi e sulla loro …. totalizzante caratura salvifica, a buon mercato. E di comodo utilizzo performante.
Analogo, ma per nulla simile, è il gioco di coppia che ora appare, ora va in dissolvenza, cui danno impulso Sara, interpretata dall’eclettica Chiara Lippiello, e Marco, cui dà vita scenica Matteo Monteforte. Sono sentimenti romantici, quelli che Sara esprime con spigliata disinvoltura e sicurezza di sé. Ha le sue bussole di guida e orientamento, che usa con lucida intelligenza e puntiglio realistico. E’ la lunghezza d’onda, su cui Marco, che è impegnato in attività lavorativa per il padre di Sara, non si ritrova, preso com’è dalla passione per la pelota, il dio– pallone che venera, in tutt’uno con il beneamato Napoli, per il quale stravede. Superficiale, con punte di polemica sprezzante verso coloro che osino contraddirlo. Un temperamento, quello di Marco, che è meglio evitare, per non imbattersi in problemi, grattacapi ed eccessi di contrasto.
Ma le tipologie delle figure portate alla ribalta da Difetti di famiglia per tre serate di filato, sono altre ancora. Ed ecco, Monica, snella e d’alta statura, che ama l’igiene e vive la condizione di separata dal primo marito. Le dà voce e profilo, Carmen Miele. Un legame di forte caratura, tiene in rapporto di compagnia Olga, interpretata da Pasqualina Candela, e Mariano, un amante dell’ordine e del rispetto delle regole, ruolo rivestito alla meglio da Francesco Candela. Intraprendente e disincantata, Titta, fortemente innamorata, ormai vicina alle desiderate nozze, interpretata da Aurora Lippiello.
E per completare la rassegna, salgono in evidenza, sia Carmelina, interpretata da Antonella Lippiello, nelle mansioni di portinaia impicciona e pettegola, a cui nulla sfugge della tante vite della composita famiglia, che Filippo, il baldo e ingenuo giovane, campione di socialità, a cui dà volto e parola, Carlo Acierno. E il sigillo, viene impresso da Alberto, un combina- guai per eccellenza, interpretato da Stefano Colucci. Ed è tra gli animatori de L’ Aquilone, da lunga data.
Ad integrare il cast: Antonella Lippiello Truccatrice e costumista, Maria Grazia Riccardi Direttrice di scena, Jole Picciocchi Suggeritrice, Stefano Napolitano Luci e audio, Paolino Albertini scenografie.