di Antonio Vecchione
Il Bosco Arciano è stata (ed è) la casa di tutti noi baianesi, casa nostra, il luogo dell’anima. Sono ormai quasi tre secoli, da quando nel 1726, con decreto regio, furono assegnati a Baiano gli usi civici del bosco. Riporto alcune mie riflessioni di qualche tempo fa per esprimere meglio il significato delle parole: “è casa nostra”.
“Arciano per centinaia d’anni è stato parte integrante della vita del paese: dal bosco provenivano i fondi (vendita dei tagli) per sostenere il magro bilancio del comune. Grazie a questi tagli operavano molte ditte boschive e numerosi baianesi impararono e praticarono il mestiere di boscaiolo (e carrettieri per il trasporto del legno in tutta la Campania); per un antico uso civico, tutti potevano raccogliere legna per riscaldarsi e cucinare, e soprattutto i poveri e gli umili ne facevano commercio per arrotondare le scarse ed insufficienti entrate. (Erano soprattutto le donne che raccoglievano e trasportavano le fascine: con straordinaria abilità le tenevano in bilico sulla testa e come facessero a camminare per strade impervie, in salita ed in discesa, con questi enormi pesi, Dio solo lo sa). E da Arciano proveniva il legno di castagno che ha consentito, in passato, uno straordinario sviluppo della produzione di ceste: “sportellari“ venivano chiamati questi artigiani e fornivano ceste a tutta la regione.
Chi ha vissuto quegli anni, ricorda con grande nostalgia la facilità di movimento tra i boschi di Arciano di tutti i baianesi. Ne conoscevano gli angoli più reconditi: i singoli alberi, gli spiazzi, i sentieri, i “valloni”. Parlavano di Arciano con grande affetto e riconoscenza, come di una persona di famiglia. Arciano, dunque, costituiva una grossa fortuna per loro, al punto che il bosco era chiamato dal popolo minuto: ‘a palla d’oro. Mia nonna, a dimostrazione di quanto affermato, citava spesso una pillola di saggezza dei vecchi baianesi, straordinaria per i valori che esprime (generosità, rassegnazione, spirito di sacrificio, amore per il prossimo, non disgiunti da una profonda e amara ironia sulle diseguaglianze sociali): «Maronna mia, fa sta bbuono e ricchi, tanto nuie tenimma Arciano!» (un’invocazione alla Madonna per invitarla a proteggere e assistere i ricchi; i poveri hanno meno bisogno, poiché hanno il bosco di Arciano come risorsa per vivere!). Uno dei tanti emigranti baianesi negli USA, Gennaro Virtuoso, Innaro ’o crocchiolo, per esplicitare con orgoglio le sue origini, pensò con naturalezza al suo luogo simbolo, esprimendosi con una immagine pittoresca, ma eloquente: «Si vai Arciano, ce stanno ancora ’e pparate mie!». Nella sua straordinaria e sintetica immediatezza, questa immagine evoca uno scenario all’epoca consueto: le lunghissime giornate di un baianese trascorse nel bosco per lavoro e le infinite “impronte” dei suoi piedi lasciate in ogni angolo. Dal più profondo della sua anima, uscì spontaneamente quella che considerava come testimonianza inequivocabile del suo essere baianese: la conoscenza e la frequenza del bosco Arciano”.
Profondamente convinti di questo valore, la riscoperta del bosco come luogo simbolo della Festa, ormai dimenticato e sconosciuto, soprattutto alle giovani generazioni, fu uno degli obiettivi dell’Associazione Maio di S. Stefano. Per tutti gli anni novanta l’Associazione fu impegnata nel ridare senso e significato alla Festa del Majo e recuperare il senso dell’identità baianese. Il percorso fu lungo perché “riformare” il rito senza modificarne lo spirito non era semplice. Dopo aver ottenuto il riconoscimento ufficiale della festa, tra le tante cose da fare, giudicammo come importante e urgente il rimettere Arciano a centro dell’attenzione dei baianesi e lanciammo subito una campagna di sensibilizzazione per riscoprirlo e frequentarlo. La prima iniziativa posta in essere fu quella di riportare i giovani in montagna per assistere e “animare” le operazioni di taglio e trasporto del maio del giorno di Natale. Ne parlammo a metà degli anni novanta e la risposta dei giovani fu positiva. Da allora la “cerimonia” nel bosco è diventata affollata e popolare. E’ una grande emozione il ritrovarsi all’alba, in una folla di persone (un paio di centinaia), per vivere i gioiosi momenti del taglio, che, in un clima di apparente confusione, trova sempre la sua miracolosa conclusione. Ma la svolta importante ci fu nel 1999. Per la prima volta fu deciso di costituire un gruppo di appassionati volontari per una ricognizione nel bosco, guidati ed assistiti dai vecchi “mannesi”, per individuare gli alberi/Maio degni di essere offerti a S. Stefano, assicurando, in tal modo, la continuità di un’operazione fondamentale sempre lasciata all’iniziativa spontanea di singoli. Ne parlammo in assemblea e poi, per coinvolgere quante più persone possibile, lanciammo un appello con avviso pubblico. Era il mese di novembre del 1999, ed ecco il testo del manifesto affisso: “Come è tradizione, riprendiamo insieme nel mese di Novembre le attività preparatorie alla Festa del Maio. Il sopralluogo al bosco Arciano alla ricerca di alberi adatti per l’offerta a S. Stefano è importante; ed è ancora più importante che la partecipazione sia numerosa. Infatti tutti ci auguriamo che sempre di più i giovani seguano l’esempio di quelle poche persone, esperte ed appassionate, che “camminano” il bosco Arciano per tutto l’anno per individuare il Maio. Per questo motivo invitiamo non soltanto a partecipare, ma anche ad attivarsi per coinvolgere quante più persone per la visita ad Arciano. L’Associazione Maio di S. Stefano”.
Una operazione di coinvolgimento che è maturata nelle coscienze dei baianesi col tempo. La partecipazione è cresciuta di anno in anno, fino a diventare ormai un importante appuntamento che vede la convinta e gioiosa adesione soprattutto dei giovani (ed era l’obiettivo che ci eravamo prefissi, raggiunto in pieno). Da qualche anno il lungo percorso che ci porta alla festa del 25, si apre con la “Scelta del Maio” nel bosco Arciano. Domenica 26 novembre il Comitato ha organizzato il diciannovesimo appuntamento. Una foltissima schiera di giovani e meno giovani si è recata, con svariati mezzi, in località “Lurdicara”, dove è stato individuato il Maio 2017. Una decisione, spesso non semplice, per il coro di voci non sempre in armonia. Ciascuno tiene a esprimere il proprio punto di vista sull’aspetto estetico dell’albero prescelto: deve essere alto, bello, dritto, con giusto spessore, con chioma simmetrica, trasportabile senza grosse difficoltà. Non è voglia di protagonismo, ma il piacere e la soddisfazione di dare il proprio contributo. Il dibattito è vivace, ma poi si arriva sempre ad una decisione condivisa. E’ il modo di vivere insieme questa nostra tradizione negli anni duemila. Tramontato il mondo dei super esperti, che decidevano in solitario, con orgoglio e responsabilità, senza sprecare parole: sapevano che cosa fare, quando e come. Oggi viviamo le stesse emozioni ma con stili di vita diversi. La scelta del Maio è diventata necessariamente popolare, una vera e propria gita “fuori porta”, con pranzo finale nel “Casone” di Arciano. Ma è sempre la nostra Festa, che affratella e ci fa sentire più uniti che mai intorno al nostro simbolo. Le foto allegate risalgono a circa dieci anni fa e testimoniano il clima festoso e fattivo delle operazioni.