di Gianni Amodeo
Era il decano dei Maestri boscaioli – ‘e mannesi nel linguaggio corrente nostrano- l’antico mestiere diffuso sul territorio e che si praticava facendo leva sul vigore delle braccia e sull’uso dell’accetta; mestiere duro – e di “fatica” che sarà resa meno aspra e sofferta con la meccanizzazione che arriverà solo negli anni ’50 – da cui scaturiva l’intera filiera sia delle attività di artigianato specializzato che della commercializzazione proprie dell’economia del legno, ponendo in valore il cospicuo patrimonio boschivo esistente nell’arco dei Monti Avella e dintorni. Una filiera produttiva, che, allo stato attuale, è relativamente ridimensionata, di cui Angelantonio Candela ben conosceva aspetti, risorse e potenzialità, ma anche problemi.
Il mestiere di Maestro boscaiolo era stato appreso per via familiare da Angelantonio Candela e svolto sin dalla fanciullezza, battendo in lungo e in largo i boschi del territorio che conosceva a menadito, così come conosceva per filo e segno le caratteristiche dei castagneti, dei querceti, delle faggete, per non dire degli ontani bianchi e neri dalle maestose e belle chiome verdeggianti, tutti segni autentici e inconfondibili nel raccontare il paesaggio e la sua conformazione. Un’ Enciclopedia di cultura arborea parlante, era la sua. Un utile viatico, con cui aveva maturato importanti esperienze di lavoratore migrante per lunghi anni, in terra francese, segnatamente in Corsica, ma soprattutto in Germania; esperienze – condivise con tanti altri Maestri boscaioli– che gli avevano lasciato l’impronta del rigore nel rispetto dell’ambiente e del patrimonio naturalistico.
Un’ impronta di convinzione, di cui cinque anni fa, fornì eloquente e diretta testimonianza, quando l’ Associazione Maio di Santo Stefano, di cui era attivo componente, in collaborazione con il Circolo “L’ Incontro”, promosse l’iniziativa per il riconoscimento di Patriarca verde da conferire – nel quadro della normativa nazionale e della Regione-Campania- al secolare Platano che nel territorio comunale fa da sentinella al caratteristico sito di Fontana Vecchia; un’ iniziativa andata a buon fine, acquisendo l’auspicato riconoscimento due anni orsono con l’iscrizione nello specifico Albo di tutela. E per la circostanza interessante risultò la conoscenza che Mast’Angelantonio fece fare a tanti di noi con visione diretta dei Tre castagni nell’omonimo sito in territorio di Sirignano, illustrandone l’eccellente stato di salute vegetativa di monumenti naturali con età plurisecolare, in grado di ben fruttificare. Tre castagni– svettanti e da ammirare nell’imponenza del loro tronco e dei tanti rami dischiusi- sopravvissuti sul ciglio di strada in quota ad oltre 700 metri allineati in un filare che doveva essere formato da almeno una ventina di alberi–simbolo del territorio.
Mast’Angelantonio da baianese verace era tra i più fervidi e impegnati animatori della Festa del Maio, il culto arboreo che si celebra il 25 dicembre e che simboleggia le tradizioni del territorio, di cui la silvicoltura, con gli usi e costumi che le sono propri, ha costituito un elemento strutturale di basilare rilievo sociale. E sul far dell’alba della giornata fatidica, era proprio Mast’Angelantonio tra i primi a giungere sul Monte Arciano che con i suoi castagneti fa da cornice e sfondo allo start della manifestazione, per partecipare alle procedure dell’abbattimento del Maio, la cui Festa vive i momenti-clou della partecipazione popolare nel centro storico cittadino. Era la “sua” Festa fra i “suoi” boschi d’Arciano, di cui sempre ricordava gli splendori e il fascino naturalistico dei tempi andati.
Angelantonio Candela è stato tra gli anni ‘60 e ’70 anche attento ed operoso amministratore comunale. Una funzione svolta con il garbo e la cura che riservava al proprio mestiere di Maestro boscaiolo. Sapeva ascoltare e sapeva farsi ascoltare. Uomo di relazioni chiare e di lavoro. Lascia una significativa traccia di sé in quanti hanno avuto modo di conoscerlo.