Caro Antonio,
sono consapevole che non sempre si è d’accordo quando si leggono le riflessioni degli altri. Il 31 dicembre è stato pubblicato un tuo scritto su “Bassa Irpinia” e “Mandamento Notizie” in risposta al mio del 28 dicembre. A distanza di giorni sono andato a rileggerli e non ti nascondo che proprio non ho capito le ragioni del tuo “pacifico dissenso”. Certamente si può dissentire sulle opinioni, ma io ho raccontato fatti . E li riassumo.
Quest’anno non era possibile ripetere i riti ultrasecolari tramandati dai nostri padri, né per questo era ragionevole annullare tutto solo perché non ci sarebbe stata la partecipazione collettiva.
La partecipazione alle «messe ‘e notte» è avvenuta per prenotazione per “regimentare” il flusso dei fedeli. Il Bambino non è stato portato in processione per le vie di Baiano, ma è stato ugualmente esposto per un paio di ore nel cortile di Casa Pradal per consentire visite regolamentate. Il Maio, che normalmente viene offerto a Santo Stefano dall’intero popolo baianese, quest’anno è arrivato senza il popolo, tagliato e portato dalla ditta boschiva Colucci, che ha agito dando seguito alla delibera del Comitato Maio che opera in nome del popolo baianese come ha fatto negli anni precedenti.
E questi sono fatti, non mie interpretazioni.
Poi, in risposta a chi ha detto che adoriamo un simbolo pagano, ho scritto che quello del Maio è un rito cristiano, il simbolo della tradizione dei nostri padri quale omaggio al Santo, come avviene oramai in tutta Europa dalla conclusione del Concilio di Trento del 1563, i cui decreti riaprirono le porte a quei culti condannati precedentemente dalla stessa Chiesa che, da quella data, li accettò, desiderosa com’era di allontanare le popolazioni contadine dai rituali pagani. Non più un omaggio alle divinità pagane, ma una manifestazione di fede collettiva racchiusa nello spirito del Cristianesimo. Riti da dedicare a un santo cristiano!
Ho scritto pure che l’assenza di “tutto” io l’avrei vista come una resa alla pandemia. La presenza l’ho giudicata come una rivincita sul male, la dimostrazione di un popolo che non si arrende al covid!
Cosa c’è da obiettare su tutto questo?
Antonio, mi rimproveri di aver fatto «un paragone azzardato, privo della necessaria conoscenza dei fatti», quando parlo del Comitato Maio. Fino a prova contraria sei stato tu ad aver fatto un paragone tra il comitato di oggi e quello delle edizioni precedenti, che non è stato proprio oggetto del mio articolo. Né mi interessava! E ne hai fatto un’esaltazione per il periodo quando tu ne eri Presidente, dimenticando che le riunioni del passato erano affollate e «si discuteva in riunioni aperte al pubblico», semplicemente perché c’erano obiettive condizioni diverse rispetto a quest’anno! (Detto tra noi, a partecipare erano 30/40 persone, a volte anche meno, a fronte delle 3000/4000 durante il corteo!)
Io ho voluto semplicemente dire che l’organizzazione di quest’anno in piena pandemia non è stato frutto di qualche intemperanza di qualcuno o di qualche colpo di mano, ma l’esecuzione di una delibera del Comitato Maio, quale unico istituto ufficiale ad avere il compito di organizzare il Natale, resa pubblica anche sulle pagine di facebook!
Poi veramente mi stupisci quando scrivi che «Carmine mostra di non avere esatta visione di quegli anni precedenti», perché «per esprimere dei giudizi occorre una visione completa dei tre scenari delle tradizioni natalizie baianesi e non mi risulta che Carmine abbia frequentato le “Messe ‘e notte” e neppure, salvo rare apparizioni negli ultimissimi anni, il bosco di Arciano all’alba di Natale, per il suggestivo rito del taglio del Maio».
È doveroso, allora, fare delle precisazioni. Io ho partecipato alle «messe ‘e notte» da quando in un lontanissimo passato mio padre mi portava per mano in chiesa e col suo insegnamento ho continuato a frequentarle nel tempo. Negli ultimi anni di meno, ma quasi mai mi sono perso almeno una delle tre messe del 13-14-25 dicembre. Solo quest’anno ho scelto di non partecipare per paura del virus. E nel bosco di Arciano non sono stato mai assente dagli anni settanta, da quando ho cominciato a fare foto e ad essere fotografato intorno al Maio. (Meno male che c’è il mio ricchissimo archivio fotografico come testimone!) E come riprova, ti ricordo che nel libro “Il Maio di Baiano” di Colucci con tua Presentazione, a pag. 23 avete pubblicato una foto dove –guarda caso le coincidenze della vita- sto proprio io con un bastone a fare forza con altri amici per spostare il Maio conficcato nel terreno. Ho saltato solo qualche taglio del Maio quando sono stato assente alle messe del mattino di Natale e di conseguenza non ho trovato mezzi per arrivare in tempo nel bosco nel momento in cui tagliavano il Maio, ma garantiva la presenza mio figlio Antonio, che mi faceva dei video e delle foto che sono pubblicate sui miei siti web.
E se pure io fossi stato assente, significa che non ho elementi validi di conoscenza per raccontare gli eventi?
Come se io ti dicessi, per usare lo stesso metro di valutazione: «Antonio, tu non puoi parlare di calcio – come abbiamo fatto tante volte intorno ad un tavolo al bar – , non puoi esprimere giudizi su Insigne, Del Piero, Masucci, Maradona, Ronaldo, perché non stavi nel campo con loro; non hai vissuto le loro emozioni negli spogliatoi, né il clima degli allenamenti. Non puoi parlarne perché hai visto le loro performance solo per televisione o hai letto qualcosa sui giornali». O ancora: «Come fai a scrivere nei tuoi libri “cose antiche” del Maio e di Santo Stefano di cui non sei stato spettatore presente?» O ancora: «Come puoi parlare del focarone, se negli ultimi 20/30 anni non ti ho mai visto quando è acceso? E delle processioni di Santo Stefano, se non ti ho mai visto dietro la statua per le strade del paese nè il 26 febbraio, né il 3 agosto, né il 26 dicembre?»
Se invece hai scritto ed hai parlato, lo hai fatto legittimamente perché certamente eri in possesso di elementi concreti che ti permettevano di farlo.
Altrimenti, nessuno dovrebbe più pubblicare libri, se per farlo bisogna sempre essere testimoni oculari degli eventi che si raccontano, perché nessuno ha il dono dell’ubiquità!
Prima di chiudere, mio caro Antonio, consentimi di dissentire su due cose.
Dalla lettura delle tue riflessioni sembra che per te le «messe ‘e notte» siano l’unico momento importante dell’intero Natale baianese (quest’anno è stato così!), in forte contraddizione però con il tuo impegno di Presidente dell’allora Associazione Maio nell’organizzare non unicamente le «messe ‘e notte», ma l’intera festa, dalla scelta del Maio, al suo taglio, al suo trasporto, al corteo, alla musica, al suo innalzamento davanti al tempio, al focarone; alla legalizzazione e alla disciplina dell’uso delle carabine. E per questo, a maggior ragione, non dovresti scriverei che «NON SONO INSENSIBILE alla bellezza del Maio che svetta, alto e dritto, verso il Cielo davanti la Chiesa».
Hai scritto anche che «è in Chiesa che si è rinnovato il sacro riconoscimento dell’impegno per la festa del Maio: la benedizione del popolo di Baiano (non del Maio, ma del popolo); è il nostro Santo che riconosce il suo popolo credente e lo benedice».
Don Fiorelmo, è vero, benedice il popolo ma aggiunge « O Dio onnipotente, dona la Tua benedizione al Tuo popolo di Baiano che NEL SIMBOLO DEL MAIO ESPRIME OGGI SOLENNITÀ DEL NATALE del Tuo figlio Gesù, il suo amore profondo per Te e per Santo Stefano.» Non benedice il popolo mentre questo fa chissà quale altra cosa a Natale. Bensì benedice il popolo mentre questo porta il Maio ed attraverso il Maio esprime la solennità del Natale.
Antonio, l’amore per il Natale baianese lo viviamo con la stessa intensità e con la stessa emozione, anche se su alcuni eventi la pensiamo in modo diverso.
Sperando che l’edizione del 2021 possa rasserenare un po’ tutti, ti saluto cordialmente.
Carmine Montella