di Gianni Amodeo – Foto di Antonio Guerriero
I divieti e le restrizioni di partecipazione ai riti e alle celebrazioni liturgiche, con le chiese tenute in costante sicurezza e sanificazione ambientale, per aperture limitate e circoscritte a poche ore, nella prima mattinata e nel tardo pomeriggio, fanno parte delle generali misure di distanziamento e di auto-controllo respiratorio da praticare per la prevenzione e il contrasto all’infida Sars–CoV–2, con le cui insidie si è obbligati a convivere forzatamente, finché non ne sarà depotenziata e debellata la carica virale, grazie agli inneschi vaccinali ormai disponibili e all’efficacia curativa di farmaci specifici, o per effetto del processo di naturale dispersione.
E la scena delle chiese – già poco frequentate per la crescente e diffusa secolarizzazione in corso, generatrice di atteggiamenti mentali e modelli di costume profondamente mutati rispetto al passato, maggiormente rivolti all’individualismo egoistico e relativizzante- con portoni inesorabilmente sbarrati, rattrista e incupisce, nell’attestare la durezza della pandemia, con cui l’umanità è chiamata a fronteggiarsi sotto tutte le latitudini, tra paure, inquietudini e l’implacabile letalità che annienta vite e non conosce freni. Una constatazione netta, ma anche la condizione che costituisce per se stessa l’incontrovertibile rappresentazione dell’intrinseca fragilità degli esseri umani, che, però, troppo spesso non vogliono né sanno riconoscere i connaturati limiti dello stato esistenziale, per concedersi all’inanità della superbia e dell’arroganza.
Sono sentimenti d’inquietudine e pensieri di soffusa tristezza, che si mitigano e svaniscono, se solo ci si concede a momenti di sosta in quei luoghi, ai quali l’anonima e comune gente per storia, usanze e tradizioni condivise attribuisce profili di sacralità, in omaggio alla propria fede, vissuta con autentica e schietta genuinità; luoghi dell’anima che conferiscono un netta e nitida impronta identificativa a un quartiere, con iconografie di culto e stilizzati simboli di religiosità popolare, disposti lungo le strade o in piazze ovattate di silenzio e discrezionalità, che sollecitano nei viandanti, sia occasionali che abitudinari, l’impulso e il desiderio di raccogliersi con se stessi e le proprie riflessioni di vita e mondo. Sono i sentimenti e i pensieri, tanto per dire, che, risalendo sul marciapiedi di destra lungo corso Garibaldi, si possono provare e vivere nell’incontro con il complesso sacrale a cielo aperto, dedicato al culto della Madonna di Lourdes, all’altezza dell’incurvatura del piccolo largo su cui si affaccia il Palazzo Boccieri che tra la fine del ’43 e il ’44 ha ospitato gli uffici del comando delle truppe inglesi, con una significativa componente di soldati scozzesi, acquartierate con importante funzione strategica ad Avella, nell’accampamento del Fusaro, per risalire verso Cassino e Roma, mentre si veniva definendo l’epilogo della tragedia del secondo conflitto mondiale nella devastazione della Vecchia Europa.
‘A Maronnella e i segni dell’operosa Baiano di ieri
Il complesso di religiosità mariana, che appartiene al patrimonio comunale, è stato realizzato dai fedeli – con piccole donazioni economiche e con il loro lavoro- a cavallo dell’ Ottocento e del Novecento, in quel contesto temporale di vita istituzionale, sociale e religiosa, che, includendo l’intero arco degli anni ‘30, può considerarsi tra i più vivi, se non il più variegato e attrattivo, nella storia della piccola comunità cittadina; un’effervescenza e una vitalità che all’epoca si vennero dispiegando nell’ingegnoso fervore delle iniziative imprenditoriali, nella laboriosità dei contadini, boscaioli e braccianti, ma soprattutto nella qualità dell’artigianato, sia per la falegnameria che per la produzione delle ceste, nei mestieri peculiari delle tipiche comunità dell’autoconsumo, nelle eccellenze espresse nelle professioni, oltre che per la realizzazione di opere pubbliche, grazie alla perspicacia e alla capacità di visione sociale e del buon governo del territorio dei civici amministratori. Era anche il contesto, in cui operavano importanti presidi e funzioni territoriali dello Stato, tra cui la Pretura per l’amministrazione della giustizia, gli Uffici finanziari sia per le imposte dirette che di Catasto e di Registro.
‘A Maronella – ecco il toponimo che identifica lo storico quartiere r ’a Teglia, in ricordo dell’alto e bel tiglio che un tempo albergava nel sito, su cui campeggiava piazza Santo Spirito prima che sviluppasse l’urbanizzazione dell’area con la costruzione di “Case palazziate” e Palazzi comunemente intesi, con ampi giardini e orti di pertinenza retrostanti – corrisponde al plastico complesso di culto mariano che riproduce in scala minima lo scenario di Lourdes, il piccolo villaggio, ora importante città, in cui nella seconda parte dell’Ottocento all’umile Bernardette Soubirous, la Santa veggente, la Madonna si rivelò in più apparizioni dai chiari messaggi salvifici verso le umane sofferenze e per la dedizione al riscatto dei poveri, di cui Bernardette si fece portatrice e interprete con l’ardore della carità cristiana che viveva con le opere e i pensieri.
E’ una riproduzione che rispecchia fedelmente alcuni degli elementi caratterizzanti della città mariana per antonomasia in terra francese, dalla Grotta con la Statua della Madonna, rivestita di velo e bianca tunica con cintura azzurra, alla Vasca semicircolare con flusso d’acqua continuo, in virtù di un efficiente congegno elettro-meccanico, che evoca le fonti dell’acqua miracolosa di Lourdes; una riproduzione di bell’effetto visivo del verde dell’edera permanente e l’armoniosa incastonatura di grigiastre pietre vulcaniche sagomate ad arte e ben assemblate con malta, rese del tutto simili alle puntute rocce di Massabielle, il caratteristico e un tempo impervio fondale, da cui sgorga l’acqua, generatrice di vita. Sono elementi, che, a loro volta, si fondono con la centralità della colonna, sul cui apice troneggia la statua di Santo Stefano, il patrono della comunità cittadina, e con la spaziosa lapide marmorea, sovrastante la Vasca, su cui è incisa in forti caratteri di nero la preghiera dedicata alla Vergine Maria Immacolata e all’Invitto Stefano; la lapide fu ancorata a parete nel 1913, l’anno in cui Pio X introdusse la causa della beatificazione di Bernardette Soubirous, che da Pio XI sarà proclamata Santa nel 1933. Ed è la Santa che protegge i pastori e le loro greggi.
Atmosfere serene e luci suggestive
Una storia e soprattutto una presenza davvero singolari e speciali, quelle che si intersecano nella mini–mini– Lourdes affacciata su corso Garibaldi, che proprio in questi tempi di pandemia continua a svolgere, e forse anche in misura più considerevole del passato, la consueta capacità d’attrazione e richiamo meditativo per i passanti; sono giovani, uomini e donne che, in mascherina protettiva, si soffermano in preghiera davanti al cancello da cui la mini–mini–Lourdes nostrana è protetta custodita; e puoi vederli anche nel farsi il segno della Croce o lanciare i loro segnali di saluto a mano aperta o chinarsi per deporre sulla bianca pavimentazione un lumino di reverenza acceso.
E’ la straordinaria realtà, alla cui manutenzione e cura quotidiane hanno provveduto da sempre “don” Carmine De Falco – ch’è stato fattivo presidente dell’ Unione dei commercianti del territorio e titolare di un rinomato negozio di tessuti- e la sua famiglia. E con la scomparsa di “don” Carmine, qualche anno fa, il testimone è passato alle figlie, Orsola e Carmelina, in particolare, e Patrizia che vive a Milano. Un testimone ben affidato e di eccellente continuità. E la mini–mini– Lourdes vive la sua presenza discreta d’incontro e ascolto. Una presenza vigile che continua ad irradiare e a creare atmosfere suggestive, nelle ore serali e notturne, per il gioco delle luci, ora rese più intense e vivide con l’applicazione della tecnologia-led.
Atmosfere che con l’ armonia di luci soffuse generano serenità.