In rilievo, l’ innovativa drammatizzazione scandita dai monologhi narrativi sui miracoli del Nazareno e su storie di fede calate nell’ attualità dei nostri giorni, vivendo i valori del Vangelo. Modelli esemplari, le esperienze di Madre Elvira, fondatrice delle Comunità Cenacolo e di don Franceschino Tulino.
Un’ambientazione venata di sano realismo e attraversata da spiccata animazione sociale, qual è quella che si vive e dispiega nei luoghi di pubblica frequentazione, fortemente espressiva per la generale ideazione, come accurata nei dettagli ben recepiti e fatti propri da oltre duecento figuranti di varia età, genere e distinzioni sociali in costumi d’epoca. Un contesto fatto ri-vivere, combinando il vissuto della comunità ebraica nella normale quotidianità dell’antica Gerusalemme, su cui sovrintendeva la discreta e vigile presenza di legionari e centurioni, sostanziale espressione del potere che Roma imperiale praticava, coniugandolo con la fiscalità che imponeva ai popoli con rigorosa inflessibilità, per conferirne l’ esercizio ai pubblicani, tristemente noti nell’eccedere per esosità e vessatoria durezza.
Si snodava su questa piattaforma una ricostruzione esaustiva, con punto di partenza l’area antistante la storica Chiesa dei Santi Apostoli, che s’affaccia sull’omonima strada, e sito d’arrivo, la verdeggiante collina di Gesù e Maria dalla caratteristica e morbida salita, su cui svetta l’ Eremo della Madonna del Soccorso, accogliente luogo di preghiera e meditazione, trasfigurata nelle ore del rossegiante tramonto della Domenica delle Palme nella simbologia del Golgota, il Monte del martirio di Gesù in Croce. Una ricostruzione proiettata nell’ articolazione di una scenografia eloquente per immediatezza ed essenzialità visiva, con ridondanza di effetti, specie negli spazi sia del mercato di frutta e ortaggi al naturale che del mercato di abbigliamento e stoffe, eccellenti vasi e artistici manufatti in terracotta, prodotti d’artigianato e così via, con tanti banchi di esposizione di merce.
Un allestimento, quale migliore non poteva essere immaginato, realizzato nei siti di piazza Francesco Napolitano, protetti dai lecci, ormai ad un secolo della messa in dimora, pregiati patriarchi sempre verdi, ma soprattutto elementi connaturati con l’identità della micro– agorà del centro storico, come lo sono il composito Monumento in travertino e marmo con le istoriate bronzee lastre laterali dedicato ai caduti in guerra, e il Palazzo municipale in avanzata fase di restyling. E, per completare, erano davvero chicche da ammirare, le lignee insegne a freccia che in lingua ebraica facevano da guida alle postazioni mercatali, con i relativi significati, per coloro che ne facevano richiesta, tradotti e illustrati da spigliati e solerti interpreti. Un’interessante operazione di ricerca e informazione … con il favore di Google, messa a segno da giovani amanti di lingue antiche, come l’aramaico e appunto l’ebraico, con l’avvertito scrupolo di garantire anche in un dettaglio del genere in pieno la storicità della rappresentazione.
Ma a costituire l’ innovativa e autentica chiave di volta dell’apparato, erano i monologhi narrativi di quattro dei miracoli canonici, in cui vive la storia di Gesù, Messia e Profeta, in parallelo con i due monologhi, calibrati su storie di fede, incarnate nell’attualità del nostro tempo, all’ insegna delle esperienze di Madre Elvira, fondatrice delle Comunità Cenacolo e di don Franceschino Tulino, approdato alla vita sacerdotale in età adulta, alla luce di una vocazione filtrata da una significativa vita di affetti familiari, in tutt’uno con lo status di operoso e ben stimato funzionario di pubblica amministrazione, scomparso qualche anno fa. Un racconto incentrato su testi elaborati da Franco Scotto, regista di buona scrittura e brillanti intuizioni, e affidati alla fine dizione e alla gestualità mimetica sviluppate con appassionata partecipazione emotiva e mentale da Lucia Napolitano, Miriam Barbarisi, Leandro Marino, Michele Ragosta, Francesco Candela e Matteo Mascolo. Un filo narrante, che nella rivisitazione dei miracoli, – da quello dell’ adultera a quello del paralitico, da quello della chiamata del pubblicano Matteo a quello del cieco in particolare-, richiamava motivi dell’ esegesi di Papa Bergoglio, come tiene ad evidenziare Scotto. E, va da sé che nel miracolo del cieco risalta a tutto tondo, la portata della metafora della cecità, intesa quale ottusa chiusura al Mondo nuovo, ch’è fondato sull’ osservanza e concreta attuazione dei principi del Vangelo, assertori del primato della pace, della concordia e della giustizia nella libertà tra gli uomini e i popoli senza alcuna disuguaglianza e discriminazione, ieri come oggi. E la cecità rimossa corrisponde alla speranza del Mondo nuovo, in cui riconoscersi, vivere e agire.
E’ la speranza che, di suo, Madre Elvira ha tradotto e vive compiutamente, a far data dal 1983, nelle Comunità Cenacolo, attive in tante realtà del mondo, per accogliere giovani logorati e aggrediti dal dramma della tossico- dipendenza, ma anche persone adulte e famiglie in difficoltà, per far ritrovare loro il senso della bellezza della vita e della fiducia verso il proprio destino. Una testimonianza di fede attiva e fervida, quella di Madre Elvira, appartenente all’ Ordine delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Come dire, quelle Suore della Carità, che, a loro volta e per oltre un secolo, sono state ben presenti sul territorio cittadino nella gestione delle Scuole d’ Asilo comunali, educando e formando decine di intere generazioni nell’imponente Palazzo Spagnuolo, ora in triste stato di fatiscenza.
Ed è, quella di Madre Elvira, la stessa speranza, che ha pervaso e vibrato intensamente nel pensiero e nell’anima in don Franceschino Tulino, prima nella scelta del diaconato e poi nei voti assunti per esercitare il ministero sacerdotale, ponendosi a servizio delle comunità locali. Una persona di calda umanità e profondo spirito altruistico, che chi scrive queste righe ha ben conosciuto fin dalla seconda metà degli anni ‘40 del secolo scorso in quello straordinario e vasto Laboratorio oratoriale d’ Azione cattolica locale, ch’è stato ospitato per circa trent’anni negli estesi ambienti della Casa canonica della Chiesa parrocchiale di Santo, con le annesse pertinenze dei campetti, incluso lo Stradone che conduce verso la Chiesa, teatro di … strampalate partite di … calcio. Un Laboratorio di molteplici attività e iniziative di culturali, sociali, religiose, teatrali e cineforum, mostre d’arte varia, sportive, escursionistiche, per finire nell’organizzazione dei campeggi estivi in montagna o al mare. E Franceschino in tutto questo bonario e divertente ambaradan, quale diventava nella quotidianità il Laboratorio… con tutte le sue multiformi propaggini esterne, era uno speciale fac totum, in grado di dare ritmo, anima e … ordine tra tanti di noi ancora … aspiranti, per non dire dei pre – juniores e juniores, secondo le categorie di appartenenza anagrafica nell’assetto organizzativo dell’allora Gioventù d’ Azione cattolica. Insuperabile, indimenticabile e super…tollerante Franceschino, diventato don.
I monologhi letti e interpretati con il loro coinvolgente carico comunicativo immettevano nell’atmosfera di piazza Santo Stefano, dov’era stato allestito il palcoscenico sbalzato, per officiare il Processo per antonomasia. Una dialettica contrapposizione tra le istanze politiche del governo romano, in applicazione del dìvide et impera, espresse da Pilato, interpretato da Alberto Tortora, e i capi d’accusa verso Gesù, espressi con vigore da Caifa, il sommo sacerdote e capo del Sinedrio, atteggiato nel profilo e nel linguaggio di Tommaso Lippiello, fiancheggiato nell’accanimento accusatorio da Anna \ Anano, altro importante sacerdote del Sinedrio, con le sembianze di Pellegrino Lippiello. E’ lo scenario, in cui emergeva in netta evidenza la sostanziale solitudine di Gesù, interpretato da Antonio Lippiello, che ribatte e rilancia in auto-difesa il convincente e coraggioso discorso della via, della verità e della vita, con cui riveste e impregna la sua Missione e l’universalità dei suoi valori. Un rappresentazione di Processo di palpitante forza evocativa e comunicativa, tanto più meritevole di rilievo, se si considera che a proporla sono stati giovani, neanche trentenni, con un eccellente background culturale e professionale.
Spirito cristiano aperto e inclusivo, cultura e arte, socialità, è il trittico valoriale con cui la Passione di Cristo, edizione 2024, va in archivio. Una bella crescita logistica e organizzativa, oltre negli indici di qualità spettacolare. E il merito va ripartito alla pari tra la Pro Loco, l’ Azione cattolica, il Forum dei Giovani.