di Gianni Amodeo
E’ illuminante e pluriforme esperienza di vita, quella che si legge con interesse nel retaggio lasciato per i familiari e gli amici da Peppe Lanziello lungo la traiettoria di 91 anni percorsi con intensità di affetti e di entusiasmo, ma anche con ammirevole risolutezza nell’affrontare- e superare- avversità e difficoltà che sono sempre dietro l’angolo per ogni umana esistenza.
E’ la traiettoria, il cui timbro forte è impresso già sulla prima adolescenza, quando Peppe Lanziello, va “a bottega” e fa “ ’o guaglione r’o Masto ”, per apprendere i fondamentali e le tecniche del mestiere, con cui, bruciando i tempi, diviene qualificato e richiesto “Maestro bottaio”. Della puntuale metodicità del suo lavoro e della sua competenza si valgono, in particolare, gli opifici, in cui le ciliegie sono sottoposte al trattamento della solforazione per comporre prelibate macedonie e gradevoli canditi, ma anche e soprattutto, per alimentare il cospicuo e più che vantaggioso export, via-mare e scalo nel porto di Napoli, con destinazione i mercati d’ Oltre Manica e degli Stati Uniti d’America. Ed una volta giunte a destinazione, le ciliegie, con altri trattamenti, riprendono il colore e il gusto naturali, pronte per il consumo.
Erano i noti opifici di quello ch’è stato il fiorente polo agro-alimentare e conserviero di Mugnano del Cardinale, tra i quali campeggiavano gli storici “marchi” dei D’Apolito e degli Avitabile. Ma di simili opifici c’erano altri ancora, e con pari importanza produttiva, ad Avella, Baiano, Sperone, Comiziano e Tufino. E la conservazione di qualità del pregiato prodotto era strettamente correlata con la sicura tenuta delle doghe delle botti di buon legno di castagno e faggio dei boschi del territorio, o rovere. Una tutela ed una garanzia, che potevano essere assicurate soltanto dalla destrezza e dall’”occhio” dei “Maestri bottai”, tra i quali s’era fatto largo il giovane Peppe Lanziello.
Ma le prime esperienze lavorative in opificio si consumano, per Peppe Lanziello, nel breve giro di qualche anno, perché imperversa con furia il ciclone della seconda guerra mondiale, con il suo tragico carico di distruttività, di devastazione e morte. Arrivano le convulse e confuse giornate del ’43 con l’armistizio dell’8 settembre e Peppe Lanziello aderisce alla formazione dei primi drappelli di soldati volontari italiani che fiancheggiarono le azioni tattiche e strategiche delle truppe anglo-americane sbarcate il 9 settembre nel Golfo di Salerno, esteso nell’arco di costa che corre tra Agropoli e Maiori. Erano le truppe dell’operazione Avalanche anti–tedesca di attacco frontale per lo sfondamento della linea Gustav, che connetteva la foce del Garigliano alla foce del Sangro, nelle vicinanze di Pescara; e al Nord della Gustav erano attestate le truppe tedesche, mentre al Sud erano disposte quelle anglo-americane, costituendo Cassino il fulcro della linea di collegamento tra il Tirreno e l’Adriatico, con gli sbarramenti realizzati dalla Todt, la struttura tecnico-ingegneristica della logistica della Wehrmatch. Il drappello, di cui Peppe Lanziello faceva parte, fu impegnato duramente nella battaglia che si combatté in terra laziale, dopo lo sbarco ad Anzio delle truppe anglo-americane sul finire di gennaio del ’44. E furono anche i giorni dei bombardamenti a tappeto delle super-fortezze volanti anglo-americane, mirati a scardinare le postazioni tedesche sulla Gustav e che ridussero in macerie il Monastero benedettino svettante sulla sommità di Montecassino.
A guerra finita, per Peppe Lanziello ci fu il ritorno in famiglia e la ripresa del lavoro, prima, nell’opificio degli Avitabile, e, poi, a San Giovanni a Teduccio nel mega-complesso della Cirio, ch’ è stata l’eccellenza conserviera agro-alimentare di Napoli e del Sud. Ma gli spazi per l’attività dei “Maestri bottai” venivano riducendosi sempre più con il progressivo avvento della duttile plastica, utilizzata per realizzare i contenitori destinati alla conservazione delle ciliegie solforate. Le botti di legno cedevano il passo all’innovazione delle multiformi applicazioni della plastica per praticità e più che vantaggiosa nell’abbattimento costi di produzione della la filiera degli opifici; il mestiere dei “Bottai” veniva superato, se non “cancellato” del tutto. O quasi. L’unica alternativa praticabile, come già era avvenuto per tante altre centinaia di migliaia di uomini e donne del mondo agricolo del Sud, tra gli anni ’50 e gli anni ’60, veniva “offerta” soprattutto dall’emigrazione nella Germania federale, dove Peppe Lanziello trovò lavoro nel reparto di controllo e verifica qualitativa delle produzioni di uno stabilimento d’arte vetraria.
La permanenza in terra tedesca durerà quindici anni. Poi, il rientro in Italia, per lavorare a Napoli nello stabilimento, in cui si realizzavano le elettromotrici ferroviarie di alta tecnologia, griffate Ansaldo–Breda. E il buon Peppe fissò un ulteriore tassello per l’approdo al…pensionamento, a cui sono seguiti giorni, mesi ed anni trascorsi tra gli affetti familiari e le partite di calcio da seguire sugli schermi televisivi, ma esclusivamente in locali pubblici, per rivivere le calde atmosfere dei grandi stadi affollati da passionali, ma non degenerate, “tifoserie” e del “Bellofatto” del Baiano, tanto prediletto da lui e, in particolare, dal fratello l’avvocato Saverio Lanziello – eloquio sciolto e vivace dialettica- prematuramente scomparso e che per anni è stato il tutto-fare dei “granata”. Davvero una preziosa pagina della Baiano onesta, sana ed operosa, quella scritta con lineare sobrietà da Peppe.
Ai figli, l’avvocata Elena e Stefano, geologo, al genero, l’ingegnere Antonio Peluso, ai nipoti e congiunti giungano le espressioni di cordoglio della redazione.