di Gianni Amodeo
Cantiere aperto per il conferimento dei “Mai d’Argento” nell’ambito delle iniziative per la terza edizione del Premio, intitolato alla memoria del professore Galante Colucci, emerita figura di educatore e cultore di Storia locale, che amava compiere escursioni in alta quota e sportivo di qualità con la grande passione per il ciclismo amatoriale. Una passione, quella per “le due ruote”, coltivata per una vita intera da Galante, fin da ragazzo, sullo schermo di quei mitici anni di belle speranze fiorite nel secondo dopo guerra,quando Gino Bartali, Fausto Coppi, Fiorenzo Magni, Hugo Koblet, Rik Van Steenbergen, Ferdinand Kubler, Jean Robic “testa di vetro” e via pescando nella gerla di lontani ricordi, furoreggiavano al Giro d’Italia, al Tour de France, sui tornanti pirenaici della Vuelta di Spagna e nel Giro delle Fiandre, simboleggiando quella “meglio gioventù”, che, ingenua e laboriosa, ancora frastornata dalla tragedia e dalle sofferenze del conflitto, viveva l’universalità dello sport con entusiasmo, tenacia e slancio di rinascita civile. Erano i sentimenti e le emozioni che quella “meglio gioventù”, faceva ri-vivere, come per vigorosa empatia, a milioni di appassionati delle ”due ruote” che assiepavano i bordi delle strade, animando lo spettacolo delle multicolori magliette indossate dai corridori sfreccianti al passo e in pianura o che moltiplicavano il dispendio di energie nella dura pedalata per raggiungere vette e picchi alti. Sempre più alti.
L’apice della sublime e vibrante passionalità popolare che suscitava il ciclismo dell’epoca si dispiegava, tuttavia, con coinvolgente ed emozionante pienezza nelle lunghe tappe alpine- finestre di apprendimento geografico a presa diretta e immediata- con le memorabili scalate dei valichi e delle cime dello Stelvio, del Pordoi, del Galibier, della Maddalena, dell’ Izoard, del Vars , del Moncenisio e del Sestriere. Erano le vette che “consacravano” l’eccellenza dei campioni, e lo spirito di dedizione dei “gregari” a loro … servizio. Imprese da leggenda che si rinnovavano di anno in anno, celebrate con l’insuperata e ineguagliabile finezza narrativa -attingendo spesso il registro letterario- dall’immaginifica penna di Orio Vergani sulle pagine del “Corriere della Sera”, per non dire delle palpitanti e intense radiocronache di Mario Ferretti e Nando Martellini, sicuri interpreti e “lettori” delle valenze tecniche ed agonistiche espresse dai corridori in gara, oltre che autentiche eccellenze linguistiche per l’accurata dizione e il buon narrare. Erano cronache che tra fine maggio, giugno e luglio si ascoltavano nelle ore pomeridiane dalla piccola Radio Marelli che campeggiava su una mensola in capo allo stipite di porta nel Bar di “ Totonno ‘O Viscianese”, i cui locali si affacciavano ad angolo su corso Garibaldi e piazza Francesco Napolitano; cronache,che si incrociavano al meglio con il linguaggio e le immagini dei cinegiornali in bianco e nero della Settimana-Incom di Sandro Pallavicini sciorinati in pan-vision nel maestoso “Colosseo”,con platea, palcoscenico e galleria chic, o al “Sarno” nei mercoledì e nei giovedì “popolari” con due film proiettati “ a prezzi convenienti” , variabili dalle dieci alle venti lire di vecchio conio, pari ai cinque e dieci centesimi di euro correnti.
Giovanissimo, Galante Colucci, disponeva di una scattante “Bianchi” da corsa a multiplo cambio – era la “Casa” che aveva come alfiere, il “campionissimo” Fausto Coppi, il “Fostò” che dominò in due edizioni del dopo guerra la Grande boucle- mentre i coetanei Franceschino Colucci, Fausto Bucciero e Italo Picciocchi utilizzavano le solide Legnano pluricambio – era la “Casa” di cui era portacolori Gino Bartali, la “staffetta” fiorentina che salvò varie famiglie di ebrei dalla deportazione nei lager nazisti, anch’egli due volte dominatore nella Grande boucle, con il trionfo decretato nel Parco dei Principi, a Parigi.
Era un quartetto speciale,quello formato da Galante, Italo,Franceschino e Fausto, contraddistinto dal comune denominatore della passione per il ciclismo; ed erano in grado di scorrazzare in lungo e in largo sulle strade della Campania per centinaia di chilometri al giorno, prediligendo, tuttavia, le severe scalate sui tornanti a spirale di Montevergine e quelle del valico di Chiunzi, per infilarsi da soli o in gruppo su tutti i possibili itinerari della Costiera amalfitana e della penisola sorrentina e così pedalando per altre mete e traguardi, ch’erano sfide con se stessi. Ed Italo visse il ciclismo anche come impegno agonistico, trovando, purtroppo, la morte prematura, poco più che ventenne, in una rovinosa caduta in queldi Serino. Una tragedia che si consumò in un baleno sotto gli occhi del fratello, il professore Carmine, che alla guida di una moto-Guzzi seguiva la corsa.
Italo, gioviale e scherzoso con il sorriso sempre stampato sul volto, frequentava con buon profitto i corsi di studi universitari all’ ”Orientale” di Napoli,ed era ormai prossimo alla laurea. Alla sua memoria l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Raffaele Napolitano, negli anni ’90 ha intitolato il Palasport di via Olmo, inaugurato dal presidente pro tempore della Regione-Campania, Antonio Rastrelli. E la lapide memoriale fu dettata dall’amico e coetaneo, il professore Stefano Scotto; lapide che esalta e rende onore al connubio Studio e Sport, nei cui valori risiede la qualità della formazione dei giovani che interagiscono tra loro in lealtà e sanno rapportarsi nella società con la responsabile consapevolezza delle proprie attitudini e dei propri limiti.
I Mai d’Argento per il paesaggio e le colture tipiche locali
Su queste scie si innesta la terza edizione del Premio “Galante Colucci”. Concorso di idee, per l’attribuzione delle artistiche statuine, rappresentative del folclore che vive nei Mai, è promosso ed organizzato dal Circolo socio-culturale L’Incontro e dall’ Associazione Maio di Santo Stefano ed è riservato alle giovanissime generazioni che frequentano le Scuole del territorio, oltre che agli studenti di Licei ed Istituti statali d’istruzione superiore e ai cultori delle tradizioni e riti. arborei, simboli della Natura e del benessere dei cicli vitali con cui si connota e ripete nel fluire del Un impegno che per i partecipanti si traduce nella produzione ed elaborazione di testi narrativi, saggi brevi,articoli giornalistici e interviste, composizioni poetiche, grafico–pittoriche, fotografiche e con materiali vari, cortometraggi, docu–film, ispirati dal filo tematico scelto dalla Commissione promotrice; filo che connette l’importanza della tutela del paesaggio e del patrimonio arboreo quale “Scuola della Natura vivente” alle colture tipiche locali, basi dell’alimentazione e dell’enogastronomia delle comunità nel passato e nel presente. Eccolo.
I Mai testimonial del patrimonio paesaggistico da valorizzare e guide simboliche verso la conoscenza e la riscoperta delle tipicità colturali di ieri e di oggi rappresentative e identificative dell’enogastronomia del territorio dell’Unione intercomunale del Baianese e dell’Alto Clanis. E’una stimolante opportunità di analisi e approfondimento, mentre sono in dirittura d’arrivo le Feste dei Mai che si rinnoveranno, tra novembre e febbraio, a Sirignano, Baiano,Mugnano del Cardinale, Avella, Quadrelle e Sperone per il ciclo 2018\2019. Un’opportunità, il cui programma a metà novembre sarà presentata ufficialmente all’opinione pubblica e agli organi d’informazione nelle sedi istituzionali e associative.