di Antonio Vecchione
L’Antico gruppo Avancarica Baianese annuncia la seconda edizione del “Raduno regionale gruppi avancarica” che si terrà a Baiano domenica prossima 11 dicembre. Nel 2019 la prima edizione, una novità assoluta, che noi baianesi, appassionati di questa antica arte, vanto del folclore baianese, salutammo con soddisfazione. Il progetto fermentava da tempo e Antonio Acierno, nella sua qualità di Presidente, si impegnò per portarlo a concretezza, grazie anche alla perfetta organizzazione dell’Antico Gruppo Avancarica, che si distingue nel panorama baianese per correttezza, serietà e sincero attaccamento a Fede e tradizione. Quattro i gruppi presenti, provenienti da S. Giuliano del Sannio, Cava dei Tirreni ed Altavilla, oltre naturalmente al nostro, che offrirono al numeroso pubblico uno straordinario spettacolo. Allineati in due fila perfettamente ordinate, sfilarono per il corso con i loro costumi, le armi a tracolla, i vessilli, i tamburi, orgogliosi e consapevoli di rappresentare e tenere in vita una pagina di storia. Fu una scoperta per noi baianesi, che ci riportò indietro nel tempo, alla nostra storia, quando le “carabine” partecipavano alla processione del Maio, ordinati e silenziosi, in onore di S. Stefano, a cui li legava una profonda devozione. Vale la pena raccontarne la storia, soprattutto per i giovani.
All’interno della Festa del Maio, ricca di profondi significati che ne legittimano il valore, lo spettacolo degli spari ad avancarica è sempre stato un originale arricchimento folcloristico. Era una pratica schietta e ingenua per manifestare la gioia di esserci, intrisa di filiale devozione per il nostro Protettore. A metà mattinata di Natale, un folto gruppo di baianesi si ritrovava all’incrocio del corso con la Nazionale per aspettare l’arrivo del Maio dal bosco di Arciano. Lo scenario era perfetto per l’entrata in scena di coloriti personaggi, vestiti con pantaloni e “giubbini” di panno grezzo, quelli di tutti i giorni, con qualche civettuola esibizione di cappellacci con nastro rosso. Essi offrivano uno spettacolo folcloristico di grande fascino: lo sparo a salve dei vecchi fucili ad avancarica, chiamati impropriamente “carabine”. Erano armi antiche, ereditate dai loro padri o nonni, spesso col calcio di legno tarlato, la canna semicorrosa, il grilletto e percussore a rischio, ma custodite come bene prezioso. Ed eccoli i nomi di questi personaggi: Gennarino Napolitano ’e camillo; Salvatore Miele, ’o ruoio; Pasquale Acierno, ’o cappellano, suo figlio Luigi ed i nipoti Luigi, Peppe e Franchino Napolitano; Nufrio, Razziello e Mimì Napolitano, figli di Caterina ’e ccione; ’Ntonio Montuori, ’o mozzone; Alfonso Colucci, ‘o sorice, Pellegrino Colucci ’e Vitillo, ’o paccione; Nicola Conte ’e zì Paolino; Stefano e Giovanni Campanile, ’e sputazzella; Carminuccio Napolitano, ’o ciamarro, Peppe Napolitano, ’o fetentissimo e il figlio Sabatuccio; Pellegrino Napolitano, ’o prieno; Tittariello ’e pucchiacca, Ramiro Sorriento.
Una volta a centro della scena, canna di fucile verso l’alto, si preparavano all’esibizione con studiata lentezza. Ciascuno effettuava lo sparo con uno stile personale e inimitabile, fatto di destrezza, di abilità, di piroette, di avvitamenti, di torsioni. L’arma accompagnava docilmente queste fantasiose manovre, apparendo leggera (qualcuno la faceva addirittura volare), fino al botto finale, che era sempre sparato dall’alto verso il basso, in modo da rendere meno pericolosa la fiammata prodotta dallo sparo. Il pubblico manifestava il suo gradimento con applausi, stimolando orgoglio e vanità dei protagonisti, i quali, da consumati teatranti, si godevano la soddisfazione del successo attardandosi sulla scena. Una tradizione che si tramanda certamente dalla fine dell’ottocento, come i nostri avi ci hanno sempre raccontato, ma che ha rischiato di estinguersi almeno due volte e, per fortuna, sempre salvata grazie a felici intuizioni. Nel 1981, quando le antiche “carabine” erano quasi scomparse, consumate dal tempo e dagli spari. Noi dirigenti della Pro Loco, appena fondata, organizzammo una manifestazione per incoraggiare e premiare gli ultimi interpeti di questa antica arte. Poi trovammo la soluzione per dare continuità alla tradizione comprando nuovi fucili ad avancarica. Nel 1987 le autorità di pubblica sicurezza provinciali, allarmati dall’utilizzo illegale e pericoloso di fucili, decisero di vietare la pratica dello sparo in pubblico. Anche in questo caso riuscimmo a convincere il questore che lo spessore culturale e identitario della funzione del Maio, di cui gli spari ad avancarica erano parte integrante, meritava di essere conservato e tramandato alle future generazioni mantenendo la sua tradizionale identità. Fu l’inizio di una nuova era: nel 1987 per la prima volta la Festa si tenne alla luce del sole, con autorizzazione ufficiale e con l’assistenza puntuale, diligente e preziosa dei Carabinieri, che, da allora, conferisce ufficialità e pregio al rito. Una data storica. Oggi, purtroppo, sono scomparse queste gioiose e spettacolari scene, schiettamente folcloristiche, interpretate da semplici e ingenui personaggi, motivati da una profonda Fede e da una naturalistica sottomissione al Santo Protettore, che si materializzava nel donativo esemplare del Maio, nella reboante festosità e nell’ansia di luminosità, come dire: il “maio”, gli osanna e gli spari, il “fucarone”. Erano tutti entusiasmanti elementi, sedimentati nei secoli, di un rito laico che, con identica sacralità, completava quello religioso. E’ certamente positivo che dagli inizi degli anni novanta i tanti appassionati si siano organizzati in gruppi, ciascuno con costumi, vessilli, gonfaloni: un lodevole miglioramento. Ma è stato smarrito il fascino folcloristico; le “carabine” sono diventate bocche da fuoco che scaricano bordate assordanti e pericolose, senza interruzione, dall’inizio alla fine della processione del Maio, peraltro senza rispettare le regole dello sparo in pubblico che sono chiaramente indicate nelle autorizzazioni concesse dal Sindaco. Le migliaia di esplosioni snaturano il senso della Festa e rovinano la bellezza e la sacralità della Processione del Maio. Inquinano quello che è un momento sublime, quel ritrovarsi tra abbracci e saluti affettuosi, nel quale il popolo di Baiano rinasce nello stare insieme fraternamente, e riconquista la consapevolezza della propria storia e identità. E non posso che concludere auspicando che i gruppi di “carabine” accolgano responsabilmente l’invito a moderare numero e potenza degli spari, per restituire alla Festa, per quanto possibile, l’antico fascino e al popolo baianese il piacere di una piena, gioiosa e serena partecipazione.
FOTO SPARI SUL SAGRATO DELLA CHIESA
FOTO SPARI IN PIAZZA
FOTO SPARI ALL’INGRESSO DI BAIANO