Le storie del lavoro con Angelantonio Candela, il decano dei boscaioli, e con il maestro-artigiano Luciano Perna , ultimo testimone di quattro generazioni di cestai il cui laboratorio è stato attivo per oltre un secolo e mezzo. Le appassionate “lezioni ambientali” di Stefano Napolitano, Vincenzo Lippiello e Massimo Scafuri
di Gianni Amodeo – FOTO-SERVIZIO DI STEFANO ALBERTINI
Un ‘ottobrata di magnifica solarità, quella che domenica ha arriso al primo appuntamento di conoscenza con la “Vita e la storia del Monte Arciano ” che per secoli è stata la primaria fonte della vita materiale della piccola comunità locale; fonte di risorse costituite dai boschi di castagni, ontani, querce, i cui materiali lignei, insieme con quelli dei sottoboschi, sono stati la linfa dei mestieri artigianali dei cestai, falegnami, “carcarari”, bottai, boscaioli e via seguendo nella filiera dei “trainieri” e degli addetti alla commercializzazione- in larga prevalenza sul territorio dell’attuale area metropolitana di Napoli- della produzione realizzata con il valore aggiunto di trasformazione per un’economia parca e sana, a supporto delle stesse “casse municipali” per le entrate certe e a rotazione annuale, garantite dalle aste pubbliche dei “tagli”boschivi .
Sono gli elementi che attestano come tra la boscosità di Arciano e Baiano, il cordone ombelicale della simbiosi è di lunga durata e tenace tempra. Un sistema di organizzazione sociale ed economica, che si è dissolto oltre mezzo secolo fa, a fronte dell’evolversi della società e delle nuove dinamiche produttive. Una realtà cristallizzata nella storia locale, di cui, tuttavia, il culto arboreo del Maio, che si onora il 25 dicembre, è una cospicua testimonianza, innervandosi nella rete folcloristica dei culti arborei dell’area mediterranea e dell’Italia centro-settentrionale, che nella generalità si saldano con le tradizioni ed usanze di religiosità popolare e di ascendenza cristiana dei territori. E quella del Maio del 25 dicembre si salda con l’omaggio devozionale a Santo Stefano, il venerato Patrono della comunità cittadina.
I CASTAGNI E LA DURA ”ACACIA”: CHE LOTTA
Sono state così programmate le “Domeniche” per la maggiore e migliore riscoperta possibile del culto e della simbologia del Maio e della storicità di Arciano. Un’iniziativa, promossa dall’Associazione “Maio di Santo Stefano”, presieduta da Stefano Guerriero, e che ha vissuto la prima fase proprio domenica con il bell’incontro, in cui si sono ritrovati i ragazzi e le ragazze della scuola media “Parini”, insieme con i genitori e … i nonni, e tanti altri. Un piacevole incontro lungo l’itinerario d’Arciano più soft praticabile e che corre dall’accogliente “Casone–Ostello” fino al “Pantaniello”. E le “lezioni” di Stefano Napolitano, Vincenzo Lippiello e Massimo Scafuri sono gradevoli e interessanti per la ricchezza dei dettagli e delle informazioni sulla vita che pulsa nei boschi d’ Arciano; vita, che è anche lotta di … sopravvivenza, come quella ingaggiata – a difesa del proprio ciclo biologico- dai castagni con l’invasiva, tentacolare ed aggressiva acacia, come è comunemente identificata.
MAST’ ‘ANGELOANTONIO E MAST’ LUCIANO IN CATTEDRA
A completare le “lezioni” del trio Napolitano–Lippiello–Scafuri, obiettivo puntato nello spazio aperto del “Casone–Ostello” sulla storia dei mestieri e dell’economia del Maio, con Angelantonio Candela, il decano dei boscaioli e alla vigilia dei giovanili novanta anni, e Luciano Perna, ultraottantenne ed artigiano specializzato nella lavorazione delle ceste nel laboratorio di via Libertà- ora dismesso- nel quale si sono susseguite per oltre un secolo e mezzo almeno quattro generazioni della sua famiglia. Due eccellenti “narratori” alla Cattedra, nel segno diretto e affidabile dell’esperienza di una lunga vita di lavoro o, per meglio dire, di “fatica” senza limiti di orario, giorno dopo giorno, con paghe modeste, senza il riconoscimento di alcun diritto sociale e civile e, meno che meno, di previdenza e assistenza, che saranno, invece, conquiste dei lavoratori nello Stato democratico e repubblicano. E il lavoro “a cottimo” costituiva la tipologia “contrattuale” più diffusa e praticata, specie nei “tagli” dei boschi, evidenziava Mast’’Angeloantonio, che ha vissuto un’intensa e prolungata storia di provetto boscaiolo migrante negli anni del secondo dopo guerra mondiale in Francia e Germania, ed è stato anche civico amministratore. Sul filo delle riflessioni di Mast’ ‘Angelantonio non solo emergeva la centralità del bosco Arciano per la comunità, ma anche l’essenzialità gioiosa e spontanea della Festa del Maio, coniugata con la leggerezza della tradizione; leggerezza, per la quale l’operazione dell’abbattimento del Maio si è sempre caricato del simbolico significato d’omaggio al lavoro nei boschi.
Di altro verso, sempre restando nel perimetro d’ Arciano, il lavoro dei cestai, nella trama dei ricordi di Mast’ Luciano Perna; un lavoro, spiegava, che garantiva a fine settimana la paga certa, fatta di alcune decine di lire. Era la garanzia, che rendeva, quello del cestaio, il migliore mestiere, a fronte della precarietà … retributiva, di cui soffrivano, invece, i mestieri di muratore, calzolaio, falegname, del contadino e via seguendo per l’”occasionalità”. Ed erano poco meno di cento i laboratori dei cestai- concordando con le stime statistiche già elaborate da Rocco e Giovanni Bellavista– dislocati in via Libertà e negli storici quartieri r’ ‘O Tuoro e r’ ‘Vesuni. La produzione ben rinomata delle tante tipologie di ceste aveva buon mercato- sottolineava- in tutta la Campania, soprattutto nei mercati ortofrutticoli di Napoli, Nola, Sarno, oltre che a Scafati, Giugliano, Maddaloni e Benevento ed era in pratica a ciclo annuale integrale; e quando nei mesi estivi si esaurivano le scorte e, per il blocco biologico, non c’era la possibilità di utilizzare i materiali lignei d’ Arciano, si procedeva all’acquisto in terra sannita e nella Media Irpinia. Singolare il ricordo dello straordinario impegno che il laboratorio-Perna insieme con altri laboratori dovette fronteggiare mezzo secolo fa, per soddisfare in pochi giorni la richiesta di dieci mila ceste, arrivata in piena estate.
Esemplari e proficue storie di lavoro, quelle di Mast’ ‘Angeloantonio e Mast’ Luciano; storie di quella che oggi si chiama anche auto-imprenditorialità. Certamente, storie di chi “vuole fare da sé e sa rimboccarsi le maniche” , senza attendere i soccorsi dei “padrinati” e senza concedersi … all’inettitudine che si nutre dei piagnistei vittimistici.