“Ce lo chiede l’Europa, da ottobre i prelievi al bancomat per importi sotto i 100 euro saranno a pagamento”. Suona più o meno così la comunicazione arrivata a tutti i clienti Fineco lo scorso giugno. Nascosta tra le pieghe dell’estratto conto trimestrale è passata quasi inosservata fino a quando è scattata la gabella lo scorso 10 ottobre: addio quindi al prelievo gratis presso tutti i bancomat che ha reso Fineco una delle banche più amate d’Italia. Da qualche settimana si pagano 80 centesimi per ogni operazione sotto i cento euro. Certo, per quanto antipatici siano, restano spiccioli per il singolo individuo, ma per una banca che conta oltre 1,1 milioni di clienti sono soldi: centinaia di migliaia di euro l’anno.La banca spiega che le commissioni sui prelievi sono modificate “conseguentemente all’entrata in vigore delle nuove regole europee sulle commissioni interbancarie (art. 3, regol. 751/2015/UE)”, peccato che il regolamento in questione si preoccupi di regolamentare le commissioni interbancarie. In particolare fissa il tetto massimo che può essere richiesto agli esercenti da parte delle banche per ogni transazione con pagobancomat o carte di credito. L’obiettivo della norma europea è quello di incentivare l’utilizzo dei pagamenti digitali: per questo fissa un massimale alla cifra che gli istituti di credito possono chiedere agli esercenti convenzionati.Fineco, però, ha colto l’occasione per inserire una commissione a danno dei consumatori. “Forse la banca vuol favorire i pagamenti digitali e in questo modo potrebbe voler limitare la circolazione dei contanti” dice Anna Vizzari di Altroconsumo che poi aggiunge: “Di certo non c’è alcuna relazione diretta tra il regolamento europeo e la decisione di Fineco, manca assolutamente il giustificato motivo”. L’articolo 118 del Tub, il Testo unico bancario, è chiaro: “La facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo” altrimenti “sono inefficaci”.
Fineco però si giustifica spiegando che per ogni operazione di prelievo paga “una commissione alla banca proprietaria dello sportello. In passato questo costo era bilanciato dalle entrate provenienti dalle commissioni interbancarie che Fineco riceve per ogni operazione di pagamento effettuata con le proprie carte di debito”. Secondo la banca del gruppo Unicredit il regolamento Ue ha “ridotto di oltre il 50% l’entità di queste commissioni interbancarie, mettendo Fineco nelle condizioni di dover effettuare un intervento di ribilanciamento sul pricing per preservare l’equilibrio tra costi e ricavi del servizio”.
- Foto Agf
Di certo avevano ragione le associazioni dei consumatori quando nel 2015 profetizzavano che il taglio delle commissioni sui pagamenti digitali sarebbe stato interamente scaricato sui clienti finali. Adesso spetterà a Bankitalia valutare se c’è il giustificato motivo per aumentare i costi, ma i richiami di Palazzo Koch per il momento non hanno scomposto le banche italiane. La scorsa estate erano stati censurati i prelievi una tantum fatti da Banco Popolare (25 euro) e Deutsche Bank (12,50 euro) ai danni dei propri correntisti per coprire le spese del fondo Atlante; così come era stato giudicato non giustificato l’aumento dei canoni da parte di Intesa Sanpaolo in seguito ai tassi negativi sui depositi bancari presso la Bce.
- Mario Draghi, presidente della Bce, e Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia – foto di Pierpaolo Scavuzzo / AGF
Le banche avrebbero dovuto rimborsare direttamente i loro clienti, ma hanno preferito aspettare che fossero gli stessi correntisti a chiedere indietro i loro soldi. Confidando sul fatto che per una manciata di euro, solo in pochi avrebbero avviato una procedura lunga e complessa.