Reduci dalla pubblicazione del loro ultimo album, “L’amore e la violenza n.2”, il gruppo senese Baustelle(ad essere precisi di Montepulciano), si esibisce in una data unica in Italia con l’Orchestra Napoletana di Jazz diretta da Mario Raja nell’ambito del festival Pomigliano Jazz in Campania. La location, sicuramente molto particolare, è quella dell’Anfiteatro Romano di Avella. Se dalle prime foto pervenute in redazione l’atmosfera destava preoccupazione, diversa da quella dei grandi eventi che l’anfiteatro di Avella ha ospitato nel passato (da Massimo Ranieri a Lina Sastri), mostrando stavolta moltissimi posti vuoti sia in platea che tra gli spalti, in realtà la relativa tranquillità prima dell’inizio del concerto era da attribuirsi al difficoltoso smaltimento della fila all’ingresso.
Siamo di certo ben lontani dall’essere sold out, ma ciò che rallentava l’accesso era però una fila unica (per i possessori del biglietto, per chi doveva acquistarli ancora e per gli accreditati) che si muoveva a rilento, oltre alla confusione dovuta ai numerosi stand Slowfood nei pressi della biglietteria. I ticket sono stati venduti ad un costo che andava dai 20 ai 25€, cifre elevate imputabili alla suggestiva location (seppur diverso, non fa rimpiangere la meravigliosa Arena di Verona) e al fatto che questa esibizione dei Baustelle con l’ONJ (Orchestra Nazionale di Jazz) si tratti di una data molto particolare organizzata appositamente per Pomigliano Jazz, il quale negli ultimi anni ha preso una piega (rispetto a quando è nato, nel lontano 1996) che si discosta spesso dal jazz vero e proprio, proponendo maggiori contaminazioni e nomi che possono soddisfare gusti differenti. In questa operazione di jazz non ne rimane molto, ma quello dei Baustelle + ONJ è sicuramente un concerto di ottimo livello, la cui unica pecca è – dopo circa metà delle canzoni – che il freddo e l’umidità tipici dell’anfiteatro avellano iniziano a scendere, e niente possono neanche giacche e maglioncini che i previdenti spettatori avevano portato con loro.
Ad aprire il concerto c’è il duo salernitano composto da Alessandro Castiglione e Ileana Mottola che si esibiscono in alcune cover, tra cui anche una di Nina Simone. E’ in questa fase che conviene spostarsi per fare diverse foto all’anfiteatro, fra i prati. Mentre gli spettatori parlano di stelle cadenti – pare ne sia caduta qualcuna proprio poco prima dell’inizio del concerto – i pipistrelli volano alti in questo cielo di fine settembre. In lontananza, fra una canzone e l’altra, si sente ancora il tintinnio delle capre nei campi verdi vicino alla biglietteria. Marte è luminosissimo, fortissimo, e tra le mura dell’anfiteatro illuminate anch’esse di rosso scende piano una coltre di nebbia sottile che si confonde con gli effetti della scenografia del concerto, intingendo e bagnando il luogo di ricordi dei secoli passati, come un fantasma diffuso che prende spazio e si unisce agli spettatori.
Quando entrano in scena i Baustelle, c’è tempo per ascoltare molte canzoni nuove come Baby, Veronica N.2, ma l’apice viene raggiunto quando iniziano a suonare con l’ONJ e lo fanno proprio con uno dei loro pezzi di maggiore successo, “La guerra è finita”, del 2005, che li rese noti al grande pubblico parlando in modo scanzonato del delicato tema del suicidio adolescenziale.
“E nonostante le bombe vicine e la fame / malgrado le mine sul foglio lasciò / parole nere di vita / la guerra è finita, per sempre è finita / almeno per me”
Il concerto non segue una scaletta classica: dopo le prime tre canzoni dei Baustelle entra in scena l’ONJ da sola, tra i cui componenti figura – noto con piacere – anche Marco Zurzolo al sassofono. Dopo un pezzo suonato dall’ONJ da sola, i Baustelle ritornano sul palco e inizia una certa variabilità nelle canzoni.
Alcune sono suonate insieme, altre sono solo dei Baustelle o dell’ONJ. Tra quelle suonate insieme e con trasporto c’è “Etiopia“, scritta da Bianconi e che sul palco si dichiara di essere stata apprezzata particolarmente per il fatto di ricordare le atmosfere dei Napoli Centrale. Non mancano altre canzoni dei Baustelle che raccontano delle loro campagne senesi, come Le Rane, ma nel complesso il tempo per soddisfare i fan dei Baustelle è ridotto dalla presenza dell’ONJ, mentre chi cerca il jazz non ne trova molto.
Quindi un concerto che ha allo stesso tempo il pregio e il difetto di essere un ibrido, ma in fondo è nella sperimentazione – a volte procedendo a passi goffi e a tentoni – che si può trovare qualcosa di nuovo. E questo concerto in ogni caso lo è stato, per molti motivi, e che consacra i Baustelle a non essere più un gruppo “per soli giovanissimi”, come si evinceva anche dal tipo di pubblico raccolto.