di Gianni Amodeo
Le immagini parlano. E raccontano, qualora fosse necessario ricordarlo, che la natura, anche quando è vilmente colpita con durezza dall’umana violenza, si rianima e si rinnova con i suoi ciclici ritmi eterni, seguendo leggi immutabili e quel costante fluire di energia che è sorgente inesauribile di vita, in tutti suoi generi e nelle sue multiformi specie. Un’eloquente e significativa testimonianza si ritrova nella sequenza di fotogrammi realizzata da Stefano Lanziello in queste prime giornate di mite ottobre.
Sono fissati in plastica e variegata composizione i timidi albori del rigenerarsi di varie forme viventi, dalla lucertola che guizza guardinga e sinuosa alla farfalla che si libra gioiosa sul vibrare delle variopinte ali, fondendosi in tutt’uno con i germogli di arbusti e vegetazione promiscua affioranti sui suoli segnati dalle larghe ed estese ferite impresse dal fuoco. E’ lo scenario delle ferite che lentamente si cicatrizzano con le scorie e i residui di combustione che si sono venuti accumulando e stratificando tra luglio e agosto, i “mesi orribili” della devastazione innescata da incendi e roghi in tante aree boschive e montane della Campania – e non solo – con l’apice di distruttività toccata nel Parco nazionale del Vesuvio, con migliaia e migliaia di secolari alberi di alto fusto ischeletriti, svuotati di linfa vitale. Larve di se stessi.
Un disastro generale per un crimine senza pari, le cui cause e mani non sono certo riferibili agli abitanti di Marte, ma alle colpevoli e gravi carenze degli Enti pubblici preposti alla programmazione e gestione della prevenzione per quelli che dovrebbero i parametri normali del governo del territorio; carenze, alla cui permanenza, colpevole o dolosa che sia, si agganciano frastagliati e i sistemici interessi economici dell’ ”industria anti–emergenza”, con le collaterali, quando non sono predominanti, connivenze della criminalità organizzata. E che sia un “sistema” significa scoprire l’acqua resa calda da una fonte di fuoco. Altro che sprovveduti piromani pervasi da improvvisi balzi d’umore. Un “tema” noto che quanti rappresentano lo Stato sui territori non gradiscono “leggere” con la doverosa attenzione e gli obbligati interventi correttivi, con drastiche sanzioni.
Come che sia, va ripreso il filo della sequenza filmata da Stefano Lanziello. Sono fotogrammi che offrono alla vista il fondale di quello ch’era un bosco ceduo in sito di proprietà privata – formato da esemplari di castagno, frassino, e ontano- aggredito e distrutto dalle fiamme incendiarie nella nota località delle “Fontanelle”, nel territorio comunale di Avella. Un bosco “cancellato” che fa da simbolo di tanti altri boschi “cancellati” nelle aree montane che in particolare costellano Avella, Quadrelle, Sirignano, Mugnano del Cardinale, Baiano; aree bersagliate anche nei citati “mesi orribili”, essendo solitamente colpite novembre e gennaio\febbraio, stando all’andamento degli ultimi anni.
La lucertola che scivola sulle scorie della combustione del bosco delle Fontanelle annullato e la farfalla che vi volteggia svagata e festosa sono segni di vita ritrovata e rinnovata, così come lo sono i germogli che vi fanno capolino e aspirano a crescere, a trasformarsi in arbusti, in piante e alberi come natura detta e vuole, fino a ricomporre tra alcuni decenni il bosco distrutto. Un desiderio, quello dei germogli, che, però, potrebbe essere vanificato di netto, appena quei germogli, com’è naturale, si trasformeranno tra qualche mese in erba fresca e rigogliosa per un eccellente e comodo pascolo da far consumare a greggi e mandrie. E allora la speranza di crescere come alberi, per quei germogli sarà stata solo un anelito soffocato, anche se la legge vieta tassativamente il pascolo sui suoli montani e boschivi, su cui si sono abbattuti incendi e roghi. E’ la legge che configura il reato di pascolo abusivo, con pesanti sanzioni, con la precipua finalità di favorire la ri-naturalizzazione del suolo, facendo rinascere i boschi distrutti. Già, la legge, quale? E di chi?