prof. Gennaro Iasevoli – ricerche psicologiche/giuridiche
Il bullismo non è una malattia che si trasmette, né un problema difficile da interpretare, ma soltanto un comportamento di singoli ragazzi, anche se nati mentalmente sani, che nel loro ambiente extrascolastico “lentamente sono stati portati alla furbizia” consapevolmente od inconsapevolmente, talvolta, dai genitori, amici o parenti. Il bullismo pertanto nasce da un’intelligenza che ad un tratto si blocca (perché fattorialmente incompleta, in assenza di adeguate stimolazioni culturali e morali) e comincia ad esprimere solo furbizia, sfruttando le disgrazie degli altri in proprio vantaggio, oppure per divertirsi cinicamente. Molti psicologi e scienziati, (ed altrettanti docenti scolastici) sanno che, chi usa la furbizia al posto dell’intelligenza, purtroppo si gioca le migliori capacità umane (tra cui il senso dell’onestà, il senso della cooperazione, il senso della scoperta scientifica) e procede crescendo nelle azioni ciniche, disoneste e criminali, operando in danno degli altri uomini e di tutto l’equilibrio biologico della terra. Vi porto qualche esempio pratico: un ragazzo intelligente riesce a riparare la foratura della gomma di una bici, o di un ciclomotore, mentre un bullo con la sua abitudine alla furbizia prende la gomma di un altro ragazzo e scappa via col pezzo rubato, vantandosene con gli amici; in classe non ha l’intelligenza di seguire con concentrazione le lezioni e di trarne profitto per svolgere compiti e risolvere prove impegnative, ma si industria a minacciare i compagni al fine di farsi passare gli appunti e copiare i compiti; nella scuola talvolta introduce oggetti ed artifici allo scopo di portare scompiglio ed attirare l’attenzione dei compagni più fragili, cercando quasi sempre di attenuare l’impegno nello studio ed innescare la disattenzione verso il docente. Ed ecco una semplice tecnica di osservazione psicomotoria per riconoscere un bullo in una classe di alunni, sia alla scuola primaria che alla scuola secondaria: egli senza accorgersene manda in continuazione un particolare segnale psicomotorio, (che descrivo sinteticamente per agevolare il lavoro dei docenti), infatti durante le lezioni frontali gira continuamente il capo a destra ed a sinistra “ammiccando ai compagni”, cercando di attirare a sé l’attenzione (di quelli più fragili ed incerti) nel duplice intento di mantenerli “agganciati e dipendenti” e per arrecare scompiglio col conseguente “alleggerimento della serietà” nello studio. Così il bullo ottiene il risultato di scompaginare l’attenzione di un gruppo durante la lezione e si compiace moltissimo dell’obiettivo raggiunto, sorride, invita gli altri a sorridere e a muoversi e comincia a mettere in crisi lo stesso insegnante malcapitato; in tale situazione il docente spesso finisce per sentirsi affaticato e magari ha anche dei sensi di colpa per non essere stato in grado di gestire la classe durante il proprio orario. Inutile aggiungere che i bulli chiedono di uscire continuamente dalla classe per andare in bagno, ove spesso vandalizzano i servizi igienici e rinchiudono i compagni nei camerini. Durante le visite guidate ed i viaggi di istruzione vandalizzano i luoghi visitati, preparano trappole per i compagni ignari e spesso si rendono irreperibili, dopo aver saccheggiato gli zainetti incustoditi. Ma c’è da notare che dopo tanto allarme che ha smosso la Scuola e le altre Istituzioni il numero dei bulli non è in crescita e deve la propria forza soltanto al nutrimento ed all’appoggio che trae dal gregarismo rappresentato dal numero ben più consistente dei ragazzi fragili ed influenzabili. Da quanto detto in queste poche righe si evince quindi che:
1) i bulli sono psicologicamente diversi dagli altri, avendo un’intelligenza che non si sviluppa con un normale equilibrio dei suoi fattori (il fattore intellettivo predominante è la furbizia impiegata nello sfruttamento delle disgrazie degli altri in proprio vantaggio);
2) i bulli sono facilmente individuati dagli insegnanti che osservano il comportamento psicomotorio (ipercinesia da ammiccamento monolaterale o bilaterale) degli allievi durante le lezioni frontali;
3) i bulli sono più forti e criminalmente pericolosi quando riescono a coinvolgere gregari fragili e sottomessi.
Come procedere, per estirpare il bullismo, curando il loro “essere” e riportandoli su un cammino di vita normale di apprendimento e di cooperazione sociale?
1) individuarli attraverso l’osservazione dei docenti,
2) avvertire la Famiglia perché essa è obbligata a fornire al figlio minore adeguate stimolazioni per un equilibrato sviluppo intellettivo; in caso di mancata collaborazione o di incapacità incolpevole della famiglia avvertire della gravità del caso l’assistente sociale territoriale,
3) attivare le azioni scolastiche volte ad individuare le fondamentali stimolazioni fattoriali dell’intelligenza (lezioni ed esercitazioni volte a stimolare l’attenzione distribuita e concentrata, l’osservazione artistica, il calcolo matematico, le conoscenze linguistiche, le conoscenze storiche, le conoscenze geografiche, il senso dell’ordine e dell’igiene e naturalmente il senso morale delle regole, dell’altruismo, della cooperazione e del rispetto delle persone deboli e svantaggiate). Anche l’educazione fisica e lo sport rappresentano positivi fattori dell’intelligenza, ma comunque insufficienti in assenza di molte altre stimolazioni intellettive fondamentali per l’equilibrato sviluppo mentale.
Conclusioni: molte volte gli atti di bullismo ci sorprendono e ci lasciano un attimo interdetti, ma la scuola ed i servizi sociali devono essere pronti a controllare l’ambiente familiare e subito provvedere alla stimolazione multifattoriale dell’intelligenza bloccata dei minori in esame. In mancanza di una semplice ma indispensabile stimolazione multifattoriale dell’intelligenza, con gli strumenti scolastici oggi a disposizione, si spiana a questi ragazzi la strada della carriera criminale e quindi del carcere con tutta la sua inutilità emendativa.
Parlare con i bulli per sboccare la loro intelligenza non è alla portata di tutti gli insegnanti ed educatori, perché questi professionisti oltre ad avere le loro ottime capacità professionali devono possedere, all’occorrenza, una visione chiara e sintetica degli obiettivi generali della vita umana e delle attuali condizioni antropologiche dell’uomo nelle varie nazioni del mondo e quindi anche delle relazioni sociali necessarie per la nomale convivenza civile. Queste conoscenze sono quasi sempre parziali e lacunose perché la società odierna, uscita dopo centinaia di anni dalla pastorizia e dell’agricoltura a conduzione familiare, si è organizzata in categorie artigianali, professionali e scientifiche oltre che politiche, religiose e militari, procedendo in parallelo su centinaia e centinaia di binari diversi. Come si può allora spiegare il senso della vita umana ad un bullo che la vuole distruggere, quando questa appare frastagliata in mille forme, contenuti ed obiettivi?: questa è la sfida da affrontare, colloquiando con ogni tipo di allievo, facendo sentire sempre il senso della delicatezza del singolo di fronte alla grandezza dell’umanità vista nella sua complessità ed armonia!