Tradire un operatore diventerà costoso. La pratica di passare da un marchio all’altro per godere di offerte più convenienti, che nel caso della telefonia mobile può rivelarsi particolarmente interessante, è tuttora tutelata dalla legge 40 del 2007, altrimenti detta legge Bersani, secondo cui “i contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso un altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore”. Adesso è il disegno di legge sulla Concorrenza approvato venerdì 20 febbraio dal Consiglio dei Ministri a (provare a) scompaginare le carte: “Nel caso di risoluzione anticipata […] l’eventuale penale deve essere equa e proporzionata al valore del contratto e alla durata residua della promozione offerta”. Torna quindi, nero su bianco, la penale che la Bersani aveva eliminato lasciando esclusivamente i costi tecnici dovuti alla eventuale disattivazione.Doppio passo indietro. Quanto dovuto, secondo il testo, dovrà essere coerente con il valore dell’accordo e i mesi restanti in base a quello che è stato pattuito nel momento della firma. “Così facendo”, spiega al Corriere della Sera il responsabile dei rapporti istituzionali per Altroconsumo Marco Pierani, “l’operatore può far pesare sulla fine anticipata del contratto, che non può essere superiore ai 24 mesi, l’investimento in marketing per promuovere l’offerta”. Se il decreto dovesse concludere inalterato tutto l’iter necessario per entrare in vigore, quindi si “rischierà di andare oltre al centinaio di euro. Un doppio passo indietro considerando che aspettavamo addirittura un limite concreto all’entità dei costi di disattivazione”, prosegue Pierani. Nonostante la Bersani, infatti, in questi anni il Garante delle comunicazione è dovuto intervenire con multe da centinaia di migliaia di euro per ribadire quanto previsto dalla legge 40. Si tratta nel caso specifico di linee fisse, segmento che secondo Pierani “rischia di dare i maggiori problemi”. Per quello che riguarda la telefonia mobile, da un lato la concorrenza e la maggiore agilità del settore hanno garantito condizioni più favorevoli, dall’altro proprio il “ritorno delle penali rischia di peggiorare la situazione” a fronte dei costi comunque applicati per la chiusura dei rapporti. Ai quali vanno eventualmente aggiunte le rate restanti dei telefonini compresi nell’accordo. Quando si parla di cessazione anzitempo dei contratti si prende in considerazione poco più del 20% del mercato delle Sim, con la percentuale restante che sceglie la ricaricabile. Secondo l’ultimo spaccato trimestrale Agcom, a fine settembre le linee trasferite hanno superato i 74 milioni.