Alla Campania spetta il record della pressione delle imposte locali
Le addizionali per l’Irpef regionale e comunale conservano i livelli massimi.
Il prelievo fiscale per la famiglia-tipo è di 2144 euro, in Lombardia è di 1440 euro.
Gianni Amodeo
Il report è della Banca d’Italia e la rielaborazione si deve a “Il Sole–24 Ore”, che lo ha analizzato e distillato negli elementi costitutivi, con particolare riferimento alla situazione della fiscalità locale, regione per regione. Uno scenario, in cui spicca la Campania, detentrice del record nazionale rispetto alla pressione dei tributi locali, nel combinato ed oneroso disposto, in cui si incrociano le imposte che incamerano la Regione,le provincie e la Città metropolitana di Napoli, e i Comuni.
Un combinato oneroso – riferito al 2017– per il quale la famiglia-tipo campana, assunta quale modello d’esame, risulta essere stata sottoposta al prelievo–salasso pari a 2144 euro, mentre per la stessa famiglia-tipo, nelle regioni a Statuto speciale, come la Valle d’Aosta e il Friuli–Venezia Giulia si attesta, rispettivamente, su 1160 e 1268 euro. E la regione a Statuto ordinario dove il carico fiscale locale staziona sempre nelle quote più basse, resta la Lombardia, la locomotiva economica e produttiva italiana di reale caratura europea – alla pari del Veneto e del Piemonte– con il prelievo della fiscalità locale pari a 1400 euro. Da evidenziare che la famiglia-tipo prefigurata dalla rielaborazione del giornale di Confindustria è composta dai due genitori con lavoro dipendente e due figli a carico, con un reddito medio annuo pari 44 mila euro e la disponibilità di una casa di proprietà di 100 metri quadrati e un’ ”utilitaria” di proprietà.
In Campania, in particolare, le addizionali regionale e comunale per l’Irpef restano ai massimi livelli. E’ il duro pedaggio che si versa per attuare il piano di rientro dal debito per la sanità formatosi per decenni di cattiva gestione; piano, la cui attuazione è sottoposto a regime commissariale, mentre i servizi del sistema-sanità restano fermi su indici di scadente qualità e basso profilo, così come accade per i servizi di trattamento e ri-ciclo dei rifiuti differenziati. Ma è anche il duro pedaggio che si paga alla maggior parte dei Comuni della Campania, che , alla pari della generalità dei Comuni delle altre regioni del Sud, versa da anni in stato di sostanziale dissesto, anche se non dichiarato e “mascherato” con varie modalità e “tecniche” nell’incastro tra residui attivi e residui passivi nei bilanci. E’ un quadro, la cui “lettura” diventa ancora più netta e chiara, se si integra con il prospetto dei redditi fiscali stimato per 108 città italiane; reddito medio fiscale ch’è attestato sulla soglia di circa 25 mila euro, rapportata in larga misura alle città del Nord e del Centro,con Milano che guida la graduatoria con la quota di 34 mila euro, mentre alle città del Sud poste sotto esame spettano le posizioni di retroguardia, a notevole distanza dall’indice del reddito fiscale medio.
Sono dati complessivi che attestano come si arduo vivere il Sud e nel Sud; dati, la cui composizione rappresenta uno dei volti- al netto della presenza oppressiva delle mafie operanti a conformazione variabile sui territori- della tormentata sofferenza del Sud che ha il passo debole e stenta a rianimarsi. Un Sud che, in realtà, neanche sembra volersi rianimare, quasi rassegnato a convivere con la limacciosa gora delle criticità e dello stagnante immobilismo, in cui si ritrova, ripiegato su se stesso sotto il perdurante effetto–doping generato dalle perverse politiche clientelari e assistenzialiste praticate per decenni. E l’uscita di sicurezza dall’avvilente condizione del presente torpore sociale si può concepire e attuare soltanto se il Sud sarà in grado di prendere nelle proprie mani il destino con cui costruire il proprio futuro di evoluzione e sviluppo socio-produttivo e culturale. Un percorso difficile e tutto ancora da tracciare e avviare. Ma è l’unico praticabile, per sottrarsi al declino che da tempo fa avvertire i suoi tristi segnali, dallo spopolamento delle aree interne e della denatalità correlata alla crescente emigrazione delle giovani generazioni, con la perdita secca dei valori di energie umane e del patrimonio di formazione culturale e professionale di cui sono portatrici, segnando l’irreversibile impoverimento civile delle comunità.