Salgono paurosamente i contagi e il governo annuncia la proroga al 31 gennaio 2021 dello stato di
emergenza. I nuovi positivi del primo giorno di ottobre sono stati 2.548, contro i 1.851 del giorno Precedente. Dal primo settembre al primo ottobre, i nuovi casi sono quasi triplicati: questa accelerazione preoccupa non poco il Ministero della Salute. È possibile, molto probabile, che questa accelerazione di diffusione del virus sia dovuta anche alla riapertura delle scuole: dall’inizio delle lezioni, si è registrato almeno un contagio in oltre 900 scuole.
Il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri spiega oggi che se un alunno risulterà positivo, tutta la classe dovrà essere messa in quarantena ma vi è la possibilità di uscire dalla quarantena dopo qualche giorno facendo dei tamponi. Sileri si dice inoltre favorevole ai test rapidi a scuola: «In caso di esito positivo si farà poi il tampone». Intanto continuano, dopo la riapertura, i casi di istituti costretti a chiudere a causa della positività degli allievi. Ci si chiede per quale assurdo motivo bisogna attendere il riscontro del caso positivo per poi procedere alla chiusura del plesso scolastico, considerata l’alta probabilità di contagio. Tale assurdo principio, palesemente non garantista, viola il principio di precauzione di cui all’art. 174 paragrafo 2, del trattato istitutivo dell’Unione Europea.
Si auspica che vengono presi provvedimenti immediati, attivando le misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione. Tale principio permette di reagire rapidamente di fronte a un possibile pericolo per la salute umana, legittimando l’imposizione di misure di cautela anche in un momento anteriore a quello nel quale, in una logica di tipo preventivo, dovrebbero essere disposti gli interventi preordinati alla difesa del pericolo. Infatti, nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio, come appunto nel presente caso, il principio di precauzione può essere invocato per garantire un alto livello di protezione della salute umana grazie a delle prese di posizione preventive in caso di rischio.
Per costante dottrina e giurisprudenza il ricorso al principio si iscrive nel quadro generale dell’analisi del rischio (che comprende, oltre alla valutazione del rischio, anche la gestione e la comunicazione del rischio) e più in particolare nel quadro della gestione del rischio, che corrisponde alla fase di presa di decisione. Il ricorso al principio di precauzione è giustificato solo quando riunisce tre condizioni, ossia: l’identificazione dei potenziali rischi, una valutazione scientifica, realizzata in modo rigoroso e completo sulla base di tutti i dati esistenti e la mancanza di una certezza scientifica che permetta di escludere ragionevolmente la presenza dei rischi identificati.
Il c.d. « principio di precauzione », impone che quando sussistono incertezze o un ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi; l’attuazione del principio di precauzione comporta dunque che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche.
La chiusura delle attività di aula in scuole e università può fermare la corsa del Covid-19 e non bisogna perdere tempo, tenendo in considerazione che il principio di precauzione potrà essere adottato in concreto anche mediante il prosieguo delle lezioni con l’uso di strumenti di didattica a
distanza. Pur consapevoli che tali modalità comporteranno sacrifici, è opportuno, in tale momento storico, dare preminenza al principio della salute. Un solo caso di contagio in ambiente scolastico innesca un terribile effetto a catena dinanzi al quale le lacrime a posteriori versate serviranno a ben poco!