Una sentenza di ieri della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha condannato l’Italia a risarcire un detenuto ristretto nel carcere di Bellizzi Irpino, per il ritardo con il quale gli sono state prestate le cure mediche. Per i giudici di Strasburgo, negare la salute dei detenuti equivale ad un trattamento inumano.
Il caso si riferisce ad un detenuto che, arrestato nel febbraio 2009, fu prima rinchiuso nel penitenziario di Poggioreale, posto successivamente agli arresti domiciliari, per essere poi riportato nuovamente in carcere (a Bellizzi Irpino) nell’ottobre dello stesso anno. All’arrivo nel carcere, lo stesso fece presente che, essendo stato sottoposto ad un intervento chirurgico che aveva provocato in lui dei gravi postumi, avrebbe dovuto essere collocato in una cella singola dotata di servizi igienici con possibilità di lavaggio quotidiano. Una situazione, questa, che non ha trovato riscontro immediato da parte dell’autorità penitenziaria, tanto da spingere il detenuto a diversi tentativi di suicidio, il primo dei quali nel novembre dello stesso 2009.
È proprio sul tempo trascorso da questo primo tentativo e l’inizio del ciclo di riabilitazione per risolvere i problemi di salute dello stesso che la Corte si è soffermata. Secondo i giudici, questi ritardi hanno infatti «creato nell’uomo costanti sentimenti di ansia ed inferiorità, sufficienti a costituire una umiliazione e il conseguente trattamento degradante previsto dall’articolo 3 della Convenzione». Per questo i giudici hanno accolto il ricorso condannando l’Italia a risarcire economicamente il detenuto con una somma pari a 25mila euro.