«La responsabilità del custode della res sussiste pure in relazione ai danni dipendenti dal dinamismo intrinseco della stessa per la sua conformazione o struttura, cui ben può ricondursi il rischio di uno svellimento di una tettoia precaria, sia pure per il concorso dell’azione di un vento di forza particolare, ma evidentemente non considerata o prevista in modo adeguato al momento del suo ancoraggio al suolo». È questo il principio evidenziato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 21539/17, pubblicata il 18 settembre. Nella fattispecie i giudici della sesta sezione hanno rigettato il ricorso di una società in liquidazione che si opponeva al risarcimento dei danni subiti da un’altra azienda, proprietaria di un immobile danneggiato da una tettoia divelta dal vento, peraltro rimossa con ulteriori danni dalla stessa ricorrente. Nel confermare la sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva riconosciuto il diritto al risarcimento del danneggiato, i giudici di legittimità hanno sottolineato che l’intero sistema argomentativo della ricorrente risulta viziato in punto di diritto per quanto riguarda «il contenuto della responsabilità del custode anche per i danni cagionati dal dinamismo intrinseco della cosa custodita, si infrange anche in punto di fatto contro le valutazioni di merito della Corte territoriale quanto alla sussistenza dei presupposti per la riconosciuta responsabilità, ai sensi degli articoli 2051 Cc (per i danni da tettoia divelta per il vento) e 2043 Cc (per i danni da rimozione della medesima, imputabili alla direzione di soggetto riconducibile all’odierna ricorrente), con l’esclusione del caso fortuito e l’accertamento del nesso di causalità tra cosa custodita e danno e tra condotta successiva e danno ulteriore». Insomma non sfugge dalla propria responsabilità il custode della tettoia che poteva ben prevedere che un vento di particolare intensità l’avrebbe potuta facilmente sradicare dal proprio sito e causare danni.